lunedì 21 dicembre 2009

la briscola in cinque

Questo gioco è una variante della briscola tradizionale, soltanto che si gioca, come afferma la stessa definizione, in cinque persone.
Il bello del gioco è che fino almeno agli ultimi due giri tutti giocano contro tutti perché non si sa chi è il compagno del giocatore al quale viene la carta più favorevole nella smazzata d'avvio.
Questi chiama il compagno con la formula “il mio compagno è”…chi possiede…una determinata carta che fa il paio con quella posseduta.
Il compagno ovviamente non esce subito fuori per non svelare gli assetti.
Da qui un gioco di allusioni, strategie apparentemente rivelatore ma a volte depistanti fino alla svolta finale che avviene gli ultimi giri, quando il gioco va a stringere.
Tutti nemici fino all’ultimo dove si evidenzia la coppia che gioca contro tutti.
A volte si vince anche con il due di coppe se coesi ed in possesso di buone carte.
Questa metafora riportata al nostro contesto di vita è un invito al rispetto delle idee e degli altrui successi, come degli eventuali insuccessi.
Melito è una immensa briscola in cinque, dove tutti giocano contro tutti, ma la variante negativa purtroppo sta nel continuare a mistificare anche nei giri finali, dove le alleanze, quelle vere, dovrebbero venire fuori non per amore ma per regola.
Così non è sempre.
Quando invece le cose vanno come la regola impone allora tutti a tentare di distruggere ciò che evidentemente provoca quantomeno invidia, nella migliore delle ipotesi.
Pazienza.
La verità è ovviamente figlia del tempo.

lunedì 14 dicembre 2009

Nessuno tocchi Silvio

Mi approccio da uomo di sinistra, non rappresentato dall’attuale opposizione, a commentare con dolore quanto accaduto domenica 13 dicembre a Piazza Duomo, Milano.
Non v’ è motivazione alcuna che possa giustificare l’assalto a Silvio Berlusconi, se non la psicolabilità dell’aggressore.
Senz’altro l’immagine cruenta del Premier insanguinato e tumefatto, che lo stesso non nasconde, ad estrema riprova della sua esasperata mediatica rappresentazione di sé, evoca sdegno contro ogni forma di violenza, fisica e verbale.
Di quest’ultima ne abbiano fatto abbondantemente indigestione negli ultimi tempi.
Da tutte le sponde.
A sgretolarsi è l’immagine delle Istituzioni, indebolite dall’interno, attraverso esternazioni inopportune e prive di senso dello Stato.
Non appare sufficiente il mastice che tenta di utilizzare il Capo dello Stato per tenere saldo il Paese dal punto di vista Politico – Istituzionale.
Come è ovvio la sede del dibattito è il Parlamento.
Questa è la sede dello scontro dialettico, politico ed ideologico ( si può ancora citare questo termine?)
L’uomo è degno di rispetto ancor prima dell’idea che esprime, dei modi che utilizza, della governance che esprime.
Per questo manifesto solidarietà al Premier, dal quale mi distanzio per la politica che esprime e che non condivido, e rifuggo ogni forma di violenza verso esseri viventi e non..
La violenza porta alla morte delle Idee, vero soffio vitale del genere umano.
Averlo chiaro tutti, a tutti i livelli, è cosa utile.

sabato 12 dicembre 2009

Il Capodoglio della Sanità

Prendo spunto dall’interessante dibattito tra persone oneste ed innamorate della propria terra e dei propri contesti lavorativi e politici, trasmesso su Melito TV qualche giorno fa, per intraprendere una breve riflessione.
Basata principalmente su tre punti.
In questo momento la nostra Sanità, come i capodogli di Foggia, si sta spiaggiando in situazioni dalle quali difficilmente potrà venir fuori.
Primo punto.
A pagare la contrazione della spesa, leggi ottimizzazione, sono decisamente le fasce deboli del settore.
Intendo gli operatori poco protetti, scoperti dalle corporazioni forti, come i medici sostituti di Guardia o in contrattisti ospedalieri ( infermieri, medici..)
Nessun Manager, che in altri Paesi Europei commisura i lauti guadagni con i risultati prodotti, e nel nostro caso sono gli stessi che ci hanno portato a questa progressiva distruzione, si trova a dover convivere con il precariato e la disoccupazione.
Non possono affermare lo stesso i trecentocinquanta medici che da oltre un decennio sostituivano i titolari presso le postazioni di Guardia Medica in zone non messe illegalmente a bando dalla Regione Calabria e né segnalate dalle Aziende Sanitarie. Alla faccia della programmazione.
Arrivederci e grazie.
Paga la fascia debole della popolazione.
Quella che ha necessità riabilitative ( la regione non paga da oltre un anno le prestazioni riabilitative effettuate presso i Centri convenzionati.)i disabili mentali, gli anziani che non trovano adeguati servizi di prevenzione territoriale utili a contrarre i ricoveri impropri, magari chiesti per ingiustificata paura di un sintomo o peggio ancora per solitudine.
Quanto costa una settimana di ricovero rispetto ad una postazione di Guardia Medica non sto certo ad evidenziarlo. È risaputo.
Secondo punto…. la qualità percepita del Servizio Pubblico, particolarmente in termini organizzativi.
Questa carenza, che esprimo attraverso l’esempio dei Centri unici di Prenotazione assolutamente inefficienti, spinge l’utenza verso il Privato.
Se lo scrivente, utente per un giorno, magari in cinta o con problematica deambulazione, trovandomi a fare un’odissea tra CUP allocati in una Sede e Strutture che devono poi eseguire le prestazioni, allocate dall’altra parte della città, dove rischio di arrivare, com’è accaduto a Reggio Calabria, quando lo stesso servizio ha chiuso i battenti, a quel punto cambio operatore.
Mi rivolgo alla Sanità Privata.
Il livello malevolmente percepito dalla popolazione nella nostra Sanità è assolutamente quello organizzativo.
Mettiamo quindi da parte sterili difese corporative ed interveniamo sui passaggi organizzativi dove l’utente non è assolutamente percepito come un cliente da fidelizzare, ma quasi come un optional.
Cambiando questa mentalità,evidentemente carente sul versante del marketing organizzativo, allora potrebbero venire giustamente apprezzate le potenzialità professionali che esistono nella Sanità Pubblica.
Terzo punto , la partecipazione del cittadino.
Non mi sento benevolo neanche verso l’utente, la Politica locale o le Organizzazioni di tutela.
Perché le inefficienza diventano voci di corridoio, ingigantite, personalizzate e rese becere dai modi e dalle mistificazioni?
Perché se il CUP non riesce a smaltire le richieste prima di tre ore non intervengono le Associazioni di Tutela, attraverso pubblica denuncia a chi Governa l’ASP, affinché rafforzi quel servizio che se funzionante permetterebbe una maggior erogazione di prestazioni pubbliche?
Questi sono ragionamenti senz’altro di basso profilo rispetto a politiche più elevate, le quali però ci hanno fino ad ora distrutto a sufficienza.
Ma è dal Servizio che dobbiamo partire se vogliamo far prendere il mare aperto al nostro agonizzante capodoglio chiamato Sanità Calabrese.

venerdì 4 dicembre 2009

Carcere a morte...

All’Ucciardone, carcere di Palermo, si muore.
Roberto era sieropositivo. Tossicodipendente.
Aveva rubato qualche telo da spiaggia ed una borsa di creme. Otto mesi.
No ai domiciliari. Morte in carcere per infarto.
Ad Antonino è successo la scorsa settimana.
Per Roberto sfugge il senso della rieducazione, o sostegno alle sue devianza. Gli arresti domiciliari, la cui richiesta è stata respinta, sarebbero stati più coerenti con le sue condizioni di salute e soprattutto con l’esiguità del reato.
Carcere a morte.
Troppo spesso sta accadendo. Troppo, decisamente troppo.
Bobby, ritardato mentale, aveva commesso uno dei crimini più efferati che possano esistere, dall’altra parte dell’Oceano.
Aveva usato violenza ed ucciso una bambina di undici anni.
Che ragionava esattamente come lui.
Si trovava al suo livello di sviluppo mentale ed intellettivo.
Bobby ha salutato prima di subire l’iniezione letale.
Come partisse per un lungo viaggio. Il più incerto e misterioso.
Nessuna bambina morirà più.
Nessuno tocchi Caino.
Due casi diversi ma uguali
Il concetto di giustizia giusta, equanime, preliminare alla rieducazione e non sinonimo di vendetta sociale, viene intorbidito, sporcato.
È Nemesi. Indebolisce il senso delle cose.
Per dovuta ed opportuna conoscenza.

giovedì 26 novembre 2009

Lo Stato, la Mafia e i figli scomodi.

Apprendiamo l’ennesima sconfitta dello Stato.
Un detenuto, Antonino Iamonte, muore in carcere a Palermo.
Accusava dolori sospetti. Non era mal di stomaco, come pensato, forse superficialmente.
Il suo cuore si sarebbe fermato il giorno dopo.
Adesso è partita la macchina della Giustizia.
Perizie e valutazioni.
Anni ed anni di carte e dolori. Vediamo dove arriverà, questa macchina macchinosa.
E soprattutto quando.
È vergognoso che il livello di protezione sanitaria nelle carceri sia così basso.
Pone dei dubbi e delle domande forse irriverenti ma spontanee.
Perché accade tutto questo?
Il sovraffollamento delle carceri è senz’altro un elemento di difficoltà che dovrebbe essere affrontato non certamente costruendo carceri nuove, ma pensando misure alternative alla pena.
L’affido ai Servizi Sociali per far conoscere contesti ambientali diversi da quelli che spesso portano a delinquere potrebbe essere una valida alternativa.
La Mafia è una piovra.
Attenzione a non farsi stritolare dal messaggio di bestialità che da essa proviene.
Ci abbrutisce tutti se perdiamo di vista la guida forte, che è la Giustizia, espressa attraverso il rispetto dei diritti e delle regole.
Per tutti i figli, anche quelli scomodi.
Quelli che - sarebbe meglio se non ci fossero mai stati – danno solo problemi.
Emerge una problematica educativa, di modelli, di accoglienza e di alternative che spesso, per chi è cresciuto in certi contesti, non vengono neanche proposte.
Non è garantismo ma la realtà delle cose.
Da ciò si deve ripartire.

domenica 15 novembre 2009

Cucchi...vergogna di Stato!

Non voglio dilungarmi su quanto accaduto al povero Stefano Cucchi, c’è un’indagine in corso che pare abbastanza avanzata.
La parte buona dello Stato che prende le redini. Almeno nella fase istruttoria. Poi vedremo al termine delle indagini cosa accadrà.
Speriamo si faccia la cosa giusta.
I fatti sono cosa nota.
Il pestaggio, l’incuria, intesa come mancanza di cure, presso la struttura sanitaria, la morte in croce.
Si..queste sono le reali morti in croce che oggi, Domenica, vorrei sentire dai pulpiti delle Chiese.
Ma vorrei riagganciarmi a quanto ragionato venerdì 13 ottobre 2009, durante la puntata di Tandem ( www.melitotv,.it) dal tema “Pedagogia e Legalità”.
Quando ad essere incongruente è lo stesso Stato che “chiama a sé” la legalità.
E qui si aprono finestre inquietanti ma necessarie affinché si prenda la giusta coscienza di quanto è opportuno essere coerenti se si vuol trasmettere un messaggio.
Come può un operatore di polizia commettere lo stesso reato per cui, ad esempio, a Giulianova, è morta una persona uccisa da tre rom?
Forse perché le carceri sono uno Stato nello Stato dove vigono leggi speciali non scritte alle quali tutti si adeguano?
Se così fosse, e probabilmente così è, la cosa è seria. Ma a tutti la cosa va bene.
Vendetta non giustizia!
Sanità. Esistono malati di serie A e malati di serie B?
Anche questa è cosa nota e sfido chiunque ad affermare il contrario.
Prova ne è l’accesso ai servizi complicato per i più, agevole per altri.
Ma Cucchi era un malato di serie Z.
E le prove ci sono e saranno utilizzate dagli Inquirenti non certamente da me che trasmetto questo pensiero sulla scorta di quanto letto nei quotidiani, delle mie opinabili convinzioni e del ribrezzo che provo.
Da questa storiaccia esce sconfitto lo Stato, qualsiasi auspicabile azione legale venga intrapresa.
E prima di parlare di legalità, e ricordiamoci che non basta una conferenza per trasmettere ai giovani questo concetto, ma essere d’esempio con i fatti, prendiamo coscienza di ciò che accade.
Per cambiare bisogna conoscere e sviluppare una adeguata coscienza critica.
Questa è la formazione non l’indottrinamento passivo in base a cliché precotti.
Dopo si può far tutto.

giovedì 12 novembre 2009

le tre ragioni dell'incuria...

Penso che il video che Enzo ( www.melitotv.it) ha utilizzato per centrare l’attenzione sulla “roba nostra”, abbandonata e devastata dagli stessi proprietari, che sono i cittadini, meriti una particolare riflessione.
Quali sono gli aspetti dell’incuria, che io chiamo ragioni, anche se l’incuria ragione non ha…che portano a tutto ciò?
Chiediamocelo.
Che ci sia una problematica legata alla gestione della cosa pubblica non v’è dubbio.
Non è possibile, né utile a nessuno, rianimare la vecchia villetta di via XIX agosto per poi farla morire d’incuria.
Peraltro questi sono i nostri luoghi della memoria ed assistere al loro abbandono è come abbandonare per sempre la storia che possiede ogni persona.
A questa scelleratezza va unito il livello di protezione che in questo momento posseggono i cittadini di Melito.
Aspetto strettamente correlato al controllo del territorio.
La Polizia Locale, competente nello specifico, consiste in poche unità ed allocate sovente centralmente, dove per centro si intende il Palazzo Comunale.
Attendiamo il Concorso sovente annunciato.
Forse con qualche unità in più che possa adeguatamente preservare i beni pubblici da atti indegni come quelli che ha documentato Melito TV sarebbe un’altra cosa.
L’ultimo aspetto, sono in ordine di esposizione e non d’importanza, è legato a quanto il cittadino sente propri i beni pubblici.
Da ciò che si vede…poco.
Ma è anche vero che è stata registrata l’indignazione di molti.
Quindi non generalizziamo ma pensiamo ad azioni educative rivolte alla fascia,spesso giovanile, che possiede un labile concetto di bene pubblico e partecipazione alla res pubblica.
Quindi dal bisogno educativo devono partire azioni pedagogiche mirate.
Fin da piccoli.
Al termine vernacolesco “ pari ch’è un toi” va sostituito con forza “no! E u meu”..
Il difficile cammino è lungo ma inizia sempre da un primo passo.

sabato 24 ottobre 2009

filo spezzato

Enzo Vinci per l’ennesima volta ha prodotto un documento denuncia di altro profilo. Il Servizio di Veterinaria al buio, senza rete telefonica e quindi internet, con conseguenza sull’archiviazione e sul reperimento dei dati, è cosa vergognosa.
Ben più delle pruderie dei nostri governanti.
Ma come la storia insegna, notizie ad effetto distanziano dai veri problemi.
Torniamo a noi.
Nella situazione descritta, sulla quale non mi dilungo invitando chi legge a consultare Melito Tv, concorrono diversi argomenti, aprendo squarci spaventosi nella gestione della Cosa Pubblica.
Primo quesito.
Che senso ha affidare un bene confiscato alla mafia quando il beneficiario non può utilizzarlo appieno.
Ovvero, basta assegnarlo ed il percorso è compiuto?
La ndrangheta, quella stessa che la Commissione dell’ASP è venuta a combattere, sarà soddisfatta sapendo che la registrazione ed il monitoraggio della vita animale, specie se commestibile, viene compromessa da un allaccio di energia elettrica?
Sembra una legge del contrappasso. Ci sono stati e ci sono ancora processi in corso su tali ambiti.
Da ramo spezzato a filo spezzato?
Altro quesito.
Ma se vero è che il dirigente della Struttura ha prodotto già da mesi richieste d’intervento alla Commissione Straordinaria che non ha attivato i giusti processi di risoluzione, a che serve una Commissione Straordinaria se non gestisce l’ordinario?
A chiudere Servizi? A lasciarli al buio? A non farli funzionare?
Ottimizzare significa non far funzionare?
Risparmiare significa eliminare?
Per ultimo mi chiedo quanto costa alla collettività una mancata produttività di un Servizio a causa di problematiche logistiche?
Parecchio ovviamente.
Come è noto i costi peggiori, che generano più frustrazione, sono quelli che derivano dalla mancata produzione di un servizio.
E qui ci siamo.
Allora che fare? Ovviamente denunciare ed informare.
Ad ogni libera opinione per l’inetto corrisponde una minaccia.
Termino con un aforisma….
I buoni ragionamenti sono più forti di due mani robuste. (Sofocle)
Alla prossima

sabato 17 ottobre 2009

Tutto cambia perchè nulla cambi....

Negli ultimi giorni un tourbillon di dichiarazioni ci invade il web e la cara stampata.
Il concordato Calabria – Venditti è stato firmato.
Pace fatta.
Antonello non voleva dire quello che è stato detto ( e che voleva dire?) anzi voleva spronare la Calabria a non arrendersi ed uscire dalla situazione dalla quale versa.
Ha fatto una cazzata ed un’altra più grande facciamo noi ad amplificare una gaffe o un pensiero non eccessivamente di spessore.
Comunque ne esce sconfitto.
Adesso scendono anche in campo i “Senatori”, quelli calcistici della Nazionale di calcio, non i nostri politici, ad affermare che bisogna fermare il massacro mediatico della Calabria.
Noi ci mettiamo il cuore.
Poi si mette anche il Prefetto Cetola, prorogato commissario della tanto mafioseggiante ASP n. 5 di Reggio Calabria, che nel manifestare solidarietà alla ovviamente deprecabile e criminale devastazione subita da due suoi funzionari, non ha esitato un attimo a calcare la mano sulla nostra mafiosità, illegalità e necessità di riportate tutto a livelli di ordine adeguati.
Speriamo che nel prosieguo del suo mandato faccia sì che i nostri vecchini non muoiano in fila ai Centri Unici di Prenotazione, a Melito come a Reggio Calabria.
Questa è anche legalità. Questa è soprattutto Sanità.
Tutto cambia perché nulla cambi.
Quindi, come leggete, tutti pontificano, me compreso.
Quello che mi manca è il pensiero più importante e risolutorio.
Il pensiero del nostro Popolo, se non in commenti striminziti, pieni di allusioni e sotto nick.
Ad esempio, tutti i disagi subiti per prenotare un esame ospedaliero, il sentirsi additare come disponesti e mafiosi tout court, l’assenza di postazioni di Continuità Assistenziale in posti come Bagaladi, piuttosto popolati o San Pantaleone, comune di San Lorenzo.
O gli abitanti di Caredia, sul quale viso soffia il vento delle eternit del Tuccio
Cosa accade al nostro popolo?
Stanchezza, sfiducia, rassegnazione, fatalismo…
Una persona che non c’è più, più stimata in morte che in vita, diceva “sveglia popolo” .
Da ciò senz’altro dipende il cambiamento.

mercoledì 14 ottobre 2009

Nonsolofiaccole.

L’oggetto della mia modesta riflessione è la manifestazione di mercoledì 14 ottobre, che ha visto una buona mobilitazione popolare per una Calabria più pulita e rispettata.
A seguire, un Consiglio Comunale presso l’anfiteatro di via Marina al termine del quale sono stati stimolati gli interventi del pubblico.
La manifestazione ha visto sfilare cittadini, Istituzioni e i giovani delle scuole. Buona la partecipazione della nostra gioventù.
Ma non riesco a portarmi a casa una sensazione di tranquillità. Per vari motivi.
Intanto perché da tempo siamo il Paese delle fiaccole.
Che vuol dire?
Che le fiaccolate, intendendo ovviamente manifestazioni, spesso offuscano i processi risolutori di un problema, dando a tutti la sensazione che questo è stato affrontato ed anche risolto.
Nella peggiore dell’ipotesi sostituiscono per l’opinione pubblica addirittura la soluzione.
Ricordo le fiaccolate per L’Ospedale, ma al CUP, per esempio, ci si ammala, nel senso che la gente non fa prevenzione perché non ce la fa a fare ore di fila.
Fiaccolata per il CUP? Spero di no.
Fiaccolata per l’atto intimidatorio subito dal Parroco.
Bene.
Doveva susseguirsi un intervento per affrontare la problematica del modello prevaricatore e violento presente anche nella nostra Società.
Così non è stato.
È bastata la fiaccolata!
O no?
Questo sistema non mi lascia tranquillo.
Se ciò che mercoledì 14 abbiamo fatto sostituisce lo stimolo fermo affinché le Istituzioni inizino dal basso, ovvero dalla rimozione dell’eternit dal Tuccio, siamo messi male.
Quindi mi aspetto da qui a breve, e che il termine breve sia declinato secondo i tempi dettati dal problema, e non tempi “politici”, un’azione risolutoria.
Che le Scuole, oggi presenti, da domani mettano in programma progetti sull’Ambiente tarati sulla necessità di educare al rispetto ed alla conservazione.
E che i risultati di ciò siano sotto gli occhi di tutti.
Quindi propongo una gita d’istruzione al Tuccio.
Mi aspetto che il problema della salute pubblica sia affrontato monitorando adeguatamente il nostro Territorio, e non territori più vasti. Per tipizzare la problematica tumorale e le leucemie.
Che costi lo smaltimento delle eternit si sa. Meno di una malattia.
Mi aspetto che ci si rechi a Roma per incontrare il Governo centrale. Oggi e non dopodomani.
Mi aspetto quindi che i “fiaccolanti”, me compreso, da domani chiedano conto sui tempi delle azioni promesse e deliberate.
Alla prossima.

sabato 10 ottobre 2009

Ottobre rosso

Sabato 10 ottobre 2009. La seconda puntata di Tandem è impietosa. Propone immagini crude e vere sullo stato delle nostre fumare, delle nostre falde acquifere, delle lungaggini burocratiche, delle omissioni Amministrative…
La location è il corso Garibaldi, centro pieno di Melito, proprio di fronte alla televisione libera.
Ma le rosse sedie reperite per l’occasione sono riempite, come vuole il colore, esclusivamente dal popolo.
Quello che salta di più agli occhi, dopo le denuncia filmate e gli interventi dei soliti noti, è l’assenza totale delle istituzioni invitate, ovvero le Amministrazioni dell’Area.
Hanno perso l’occasione per stare in mezzo a noi, per strada.
Poco male se la risposta loro sarebbe stata “formale”, come quella mozionata di recente, ovvero l’istituzione di una commissione ad acta, insediabile entro 5 giorni, votata in Consiglio Comunale a Melito, e mai attivata.
Hic sunt leones!
Quello che mi preoccupa di più è l’impegno a compartimenti stagni, ovvero la blindatura non tanto nel mandato, quanto in ciò che da anni facciamo.
Tale concezione diventa di fatto un confine al nostro intervento.
La problematica trattata, di interesse sociale, formativo e politico, appartiene a tutti.
Basta Messe, epitaffi lacrimosi e frasi effimere sui definitivi saluti agli amici.
È il momento della partecipazione attiva.
Dobbiamo pretendere che le nostre fiumare siano liberate dall’amianto, bonificate, messe in sicurezza.
Per farlo dobbiamo conoscere e partecipare. È la vita contro la morte.
Basta politici di salotto, li vogliamo per strada, con la gente e per la gente. Non vogliamo slogan ma fatti concreti.
Mercoledì 14 ottobre è stato convocato un Consiglio Comunale all’aperto. Presso la Villa Comunale di Melito.
Sarà preceduto da una marcia di cittadini ed Istituzioni. Speriamo siano più numerosi di ieri.
Dovremmo darci dei tempi. Di recente un Amministratore mi disse – sà come sono i tempi nei Comuni……..
Penso che questi tempi non sono fisiologici ma patologici, quindi altro non sono che una lassista distorsione dei nomali processi di risoluzione.
Proviamo a renderli più celeri. Qui si muore soffocati dal cancro e dal disimpegno .
A mercoledì 14….

sabato 3 ottobre 2009

la poltrona

La poltrona è forse l’elemento d’arredo più gettonato nel nostro contesto.
A tutti i livelli appoggiare il sedere lì, magari dietro una distanziante scrivania che fa la differenza, è il massimo.
Se poi questa poltrona appoggia su scorie radioattive, lastroni di eternit, gente disoccupata, servizi inesistenti, traffico soffocante….poco conta.
La poltrona dà l’immunità dalle malattie e dal disagio.
Se guardiamo fissa una poltrona, quella ci parla.
Ci racconta delle lotte tra sederi avvenute prima della sua occupazione.
Lotta impari tra sederi e cervelli.
Molti sederi e qualche cervello.
Spesso vincono i primi e se ci guardiamo attorno quello che vediamo ne è l’indubbio effetto.
La poltrona ci cambia.
Se prima usavamo i jeans, dopo, per far aderire bene il nostro deretano, e non farlo scivolare verso il popolo, sarà d’obbligo la cravatta firmata.
Ci si siede meglio griffati, su alcune poltrone.
Se prima ci distingueva l’umiltà e l’impegno, spesso dopo svolazziamo tra le bollicine del potere e ci inebriamo della loro effervescenza.
Su alcune poltrone dovrebbero sedersi i migliori ma non accade così.
Per loro soltanto sedie di plastica.
Ma nella scomodità si dorme male, ed è bene che ciò si sappia, per un impegnato risveglio.

Nota dell’ autore:
in questa sciocca quisquilia del fine settimana i riferimenti a persone, fatti od accadimenti non è casuale, ma assolutamente voluto.
Chi pensa di ritrovarsi ed offendersi, faccia pure.
Chi sente il duro della plastica sotto il proprio sedere, e vuole svegliarsi, altrettanto proceda.
Mi troverà accanto.

domenica 27 settembre 2009

ETERNIT A PERDERE

È sconcertante nella sua crudezza il servizio che Melito Tv, con coraggio e con la collaborazione di Giancarlo Liberati, ha messo in onda oggi.
La fiumara Tuccio è stata stuprata da ignoti e l’immondo frutto consiste in montagne di rifiuti e soprattutto di eternit, che tutti conosciamo come sostanza cancerosa.
Rifiuti, televisori dismessi, soprattutto eternit, in tutte le salse, frantumato, intero, stoccato, accatastato, impilato, abbandonato, che ci guarda con occhio mortifero.
Con l’eternit si muore ed il suo smaltimento ha dei processi ben definiti e delle procedure di sicurezza codificate.
Tutto scorre ed anche questo schifo andrà verso il mare, a proseguire la violenza iniziata.
Non possiamo lasciare solo Enzo Vinci nelle sue denuncie.
Né lui né nessuna persona coraggiosa.
Lo facciamo per noi e per i nostri figli.
E per quelli che devono nascere …e per farlo devono aver un buon motivo.
Per questo scrivo.
Scrivo lo schifo al quale ho assistito, e che non conoscevo, ma nello stesso tempo esprimo profonda meraviglia per la totale assenza dello Stato in questa storia.
Le denuncie sono cadute nel vuoto.
I cittadini sanno ma non si ribellano, la gente muore e noi preghiamo per la loro salvezza. Nient’altro?
Assurdo.
Grazie Enzo.
Grazie Giancarlo.
Non lasciamo cadere nel vuoto questo coraggio e mettiamoci accanto a loro.
Stavolta la sveglia è suonata, prima che suoni la campana.
Da domani, anzi da oggi, perché non c’è tempo, il fronte è aperto.

questa nostra strana politica...

Anche se ho la sensazione di, come dice l’amico Vincenzo, “farla fuori dal vaso”, desidero lo stesso esprimermi su una situazione che, forse a causa della mia profonda incompetenza, non mi affatto chiara.
Siamo nel campo della politica locale e la domanda espressa da un ingenuo come me è questa: .
A cosa servono i gruppi consiliari?
Lo stimolo viene dall’amico Pasquale, persona seria e stimabile, come gli altri componenti del gruppo, che con le sue dichiarazioni mi ha aperto delle riflessioni.
In Consiglio Comunale ci sono o ci sono stati altri gruppi, almeno due, come i Giovani Amministratori Melitesi o la Margherita.
Almeno ci stanno tre gruppi.
Che significa attivare un gruppo consiliare, nel nostro caso secondo parametri diversi?
Uno basato sull’età, pare, e l’altro su uno schieramento ricalcante il livello nazionale.
Ad esempio, tornando alle dichiarazioni dell’amico Pasquale, le motivazioni di “progresso per Melito” sembrano un programma elettorale, un po’ in ritardo.
Ed alcune mi inquietano.
“Un progetto che abbia al centro l’interesse della collettività “, come dichiarato, mi pone la domanda ovvia…
Prima di questo gruppo cosa ci stava al centro del vostro impegno?
Analogo discorso vale per il “riaffermare i principi di moralità, uguaglianza e legalità”.
E prima?
Ma sostenere l’azione amministrativa non compete principalmente alla maggioranza?
Ovviamente, e sono d'accordo, non sempre si può essere contro e contrapposti.
Questi dubbi penso rimarranno senza risposta.
E poi, rivolgere l’attenzione ai problemi del paese non è mandato del Consiglio e di ogni espressione del popolo come i consiglieri eletti?
Perché rimarcare questo aspetto come elemento costitutivo di un gruppo consiliare?
Non posso che essere d’accordo sul recupero della centralità del cittadino nelle scelte che lo riguardano, quindi i Comitati di Quartiere,spettri mai evocati nel nostro paese, ma sempre invocati, e soprattutto nel fare di Melito un centro dove la cultura diventa strumento per la crescita e lo sviluppo.
Per far questo bisogna cambiare mentalità, ma come? Ovviamente dando l’esempio, tutti quanti, e non soltanto proponendo rimedi o gruppi.
La storia del possibile affondamento di una nave con contenuto ignoto, quindi preoccupante, indipendentemente dai prematuri dotti approfondimenti sull’ingegneria nucleare sentiti in questi giorni, ne è occasione.
La carenza di Vigili Urbani che si riflette pesantemente sul traffico e sulla legalità è un’altra occasione per dimostrare il proprio contributo alla crescita del paese.
I trasporti interni inesistenti, l’inaccessibilità per un disabile alla Sala Consiliare e spero momentaneamente alla Sala Convegni di via del Fortino, è altro terreno d’impegno.
Ma questi aspetti si vedono solo dall’esterno mentre essere dentro un meccanismo significa poi vedere altro ed in altro modo?
A voi gruppi e sottogruppi, la risposta.

mercoledì 23 settembre 2009

Se avessi una bacchetta magica….

Vecchi gioco utilizzato nei gruppi formativi.
Cosa cambierei. Beh…inizierei della politica, che amo e che i politici hanno distrutto per la loro incapacità di mettersi al servizio del popolo e non di sé stessi e dei propri accoliti.
Cambierei i politici e di conseguenza cambierebbe anche la modalità nefasta con la quale la gente percepisce la politica.
Con un colpo solo di bacchetta!
Ho ancora qualche colpo e quindi cambierei quelli come me, di mezza età, che blaterano contro “la gioventù moderna” che non è come noi!!
Cambierei questa mentalità giudicante in una bella assunzione di responsabilità.
Nessuno si può tirare fuori, e di colpo i cinquantenni diventerebbero educatori e non critici distruttivi.
Allora cambierebbero anche i giovani, ovviamente in meglio.
Anche questo con un colpo solo di bacchetta…perché bisogna risparmiare.
A proposito di risparmiare, cambierei la capoccia ai chi governa la Scuola e la Sanità.
Non si può risparmiare sulla pelle dell’utenza, sia discenti che pazienti.
Se funzionanti, i servizi, senza classi da 30 alunni stipati in stanzacce o ammalati questuanti alla ricerca di un luogo dove pagare il ticket, attendere il posto al Cup, ritirare la Tac… cambierebbe, in meglio, anche l’utenza.
Con un colpo solo.
L’ultimo colpo di bacchetta lo userei per cambiare me stesso.
Adesso basta con i sogni, con gli impegni, con il voler cambiare le cose…hai cinquant’anni…quasi… e devi “riggettarti”.
Sei stanco. Non cambi mai!
Allora mi accorgerei che il potere magico della bacchetta, visto gli sforzi immensi a cambiare le teste dei politici, dei generali, dei ministri e dei moralisti, si è esaurito.
Allora me la scamperei, senza cambiare, almeno per qualche anno ancora, radioattività permettendo, le mie convinzioni e..tutto sommato… mantenendo i miei sogni!

domenica 20 settembre 2009

Breve comunicato per un giornalista coraggioso

L’ho già fatto in forma privata ma desidero pubblicamente complimentarmi con te e la tua trasmissione, Tandem, nella quale in verità mi sento dentro avendo diverse volte partecipato attivamente.
La trasmissione sulle navi sommerse, che ci riguarda da vicino, è stata partecipata, coraggiosa e condotta con tocco arguto.
Questo è il sistema per denunciare le cose senza cadere di stile o creare acredini inutili che non giovano alla crescita del nostro contesto.
I cittadini ci hanno dimostrato come ancora ci sono verità sommerse che nessuno vuole andare a scovare.
È stato anche il loro spazio.
L’invito è, caro Enzo, di continuare con il coraggio e lo stile dimostrato, tenendo in debito conto che altro è toccare argomenti leggeri, per quanto importanti, altro è la salute, l’inquinamento, le connivenze, la mafia e lo Stato assente, se non peggio.
Ciò comporta attacchi, invidie, delegittimazioni e rischi che la storia ci indica come fisiologiche reazioni anticorpali alla verità.
Sappi che avrai il mio sostegno.

sabato 19 settembre 2009

la voce del mare di settembre

Solo a settembre , magari inoltrato, si possono sentire le onde sciabordare.
In spiaggia non c’è nessuno, né salti né urla.
Allora si sente il mare.
Oggi, nuotando nel mare di Melito, mi sono sentito tra Scilla e Cariddi.
Quegli immensi polifemi che sovrastano la nostra collina per mandare nell’etere segnali che facilitano, anzi, ridondano, la nostra comunicazione.
Al largo il mostro senza volto, ma vivente per bocca di un pentito.
Cosa avrà nella sua pancia il mostro? Scorie di alta tossicità media, bassa, poco conta prima che si apra la sua pancia…. speriamo presto.
Le onde sciabordano e portano voci lontane, che sussurrano cose più grandi di noi.
Mafia, politica, servizi segreti.
Stupratori seriali del nostro mare e delle nostre vite.
Ma è vero o non è vero che ogni cammino inizia con un primo passo?
O è solo una frase da cioccolatini?
Domano tornerò a trovare il nostro liquido primordiale che ancora, complice il bel tempo, ancora ci abbraccia e gli chiederò scusa per non averlo difeso come merita.
E confidando nel suo perdono.

venerdì 18 settembre 2009

le tre domande

Oggi a Melito un pubblico consesso permetterà ai cittadini di ascoltare quello che le Istituzioni ritengono utile fare per identificare, monitorare e bonificare la nave sommersa con il suo oscuro carico, nei fondali del nostro mare.
Apparati statali colpevoli, le cosche esecutrici, le istituzioni silenti.
Ciò detto è già storia.
Da adesso in poi ci interessa la vicenda, perché le domande sono tante, e tutte inquietanti.
La prima è la madre di tutte le domande.
Cosa giace nel nostro mare? Cosa e quanta spazzatura ammorba le acque dove ci immergiamo da maggio ad ottobre?
Ovviamente bisogna effettuare una ricognizione per sapere ciò, magari facendoci raccontare dai protagonisti di questa vicenda che, se provata la correlazione con l’incidenza tumorale, potrebbe essere una strage.
Ma questo è allarmismo e casomai se ne parla dopo.
La seconda è cosa le Istituzioni pensano di fare.
Oggi pomeriggio sentiremo da loro i processi che intendono attivare, anche perché adesso è inutile sommergere anche l’iceberg emerso oltre le punta!
Se danni ci possono essere per il turismo e l’immagine forse ci sono già.
Anzi triplicherebbero se non si affronta bene e visibilmente la situazione.
La terza domanda è quando pensano di intervenire.
E tutti speriamo …subito!
Bene ha fatto Enzo Vinci a prendere di petto la situazione senza omissioni o timori di disturbare nessuno.
Qualche remora personalmente la mantengo sulla location dell’ Evento.
Se ancora permane l’impossibilità per le persone disabili ad accedere alla Sala a causa, come si è detto, dell’ascensore non attivo, ciò non va bene.
A pomeriggio…

mercoledì 9 settembre 2009

il pupazzo di stracci

Se per un istante Dio dimenticasse che io sono un pupazzo di stracci
e mi regalasse un poco di vita, forse non direi tutto quello che penso
ma in definitiva penserei tutto quello che dico.
Darei valore alle cose, non per ciò che valgono,ma per quello che significano.
Dormirei poco, sognerei di più,sapendo che per ogni minuto che chiudiamo gli occhi perdiamo sessanta secondi di luce.
Andrei quando gli altri si fermano,starei sveglio quando gli altri dormono.
Ascolterei quando gli altri parlano,e come gusterei un buon gelato di cioccolata!
Se Dio mi concedesse un poco di vita,vestirei leggero, mi appiattirei al sole,
lasciando scoperto non solo il mio corpo ma anche la mia anima.
Dio mio, se avessi un cuore, scriverei il mio odio sul ghiaccio
e aspetterei il sorgere del sole.
Dipingerei sulle stelle una poesia di Benedetti con un sogno di Van Gogh,
e una canzone di Serrat sarebbe la serenata che dedicherei alla luna.
Annaffierei con le mie lacrime le rose, per sentire il dolore delle spine
e il bacio incarnato dei petali.
Dio mio, se avessi un poco di vita.
non lascerei passare un solo giorno senza dire alla gente che amo, che la amo.
Convincerei ogni donna o uomo che sono i miei preferiti e vivrei innamorato dell’amore.
Agli uomini dimostrerei quanto si sbagliano a pensare che si smette di innamorarsi quando si invecchia, senza sapere che si invecchia quando si smette di innamorarsi.
A un bambino darei ali, ma lascerei che imparasse a volare da solo.
Ai vecchi insegnerei che la morte non arriva con la vecchiaia ma con il dimenticare.
Tante cose ho appreso da voi uomini.
Ho appreso che ognuno vuole vivere in cima alla montagna, senza sapere che
la vera felicità sta nel modo di salire la scarpata.
Ho appreso che quando un neonato stringe con il suo piccolo pugno,
per la prima volta, il dito di suo padre, lo tiene intrappolato per sempre.
Ho appreso che un uomo ha il diritto di guardare un altro dall’alto in basso
soltanto quando deve aiutarlo ad alzarsi.
Sono tante le cose che ho potuto imparare da voi, ma alla fine
non potranno servirmi molto perché quando mi riporrete dentro la valigia,
purtroppo io starò morendo.
( G.G.Marquez)

il confine

Prendo spunto da un fatto di cronaca riportato oggi dai media, Ovvero la morte di un detenuto di origine tunisina presso il carcere di Pavia.
Questa persona si è lasciata morire, dentro i suoi 21 chili terminali, spontaneamente, nell’indifferenza dello Stato che avrebbe, nel contesto rieducativo quale dovrebbe essere l’istituto di Pena, essere protetto e garantito a livello di salute fisica e psichica.
e' dato certo che le nostre carceri assumono sempre di più le caratteristiche di veri e propri manicomi, in quanto generano disagio e servono alla Società per non vedere i “mostri” ( questo concetto lo affermava Franco Basaglia , padre della psichiatria democratica).
Molto meno servono alla rieducazione dei detenuti.
Dov’è la Carta Costituzionale in questi postacci?
Per caso è rimasta fuori ad uso e consumo del perbenismo imperante che genera lo stesso malessere spesso affrontato con l’isolamento e la segregazione?
Quello che morto ieri è un uomo, forse con i sui errori, se li ha commessi, ma senz’altro con i suoi diritti che sono stati apertamente violati .
A questo punto apro una riflessione.
Dove finisce la “rieducazione” e dove inizia la vendetta.
Le condizioni dei detenuti si fanno sempre più drammatiche.
Affollamento, prevaricazione, carente tutela della salute, inesistente sicurezza, scarse speranze di inserimento successivo nei processi vitali societari.
Come può un essere umano, per quanto colpevole di qualsiasi delitto, riflettere sulla propria vita e non abbrutirsi per sopravvivere in quei contesti?
Dove stanno le forze sociali alle quali la società demanda il perseguimento del welfare?
Un primo passo va fatto.
E potrebbe essere il non cancellare dalla mente l’esistenza di questi esseri umani ai quali viene spesso negato il “diritto” di scontare una pena e non di subire una vendetta.
Anche quello il nostro luogo.

domenica 6 settembre 2009

Il linguaggio comune parla ancora una lingua diversa

Non voglio assolutamente ridurre l’importanza del convegno del 5 settembre, a Bagaladi. Abbiamo operativamente tracciato una pista da seguire da oggi in poi. Personalmente ho scoperto una realtà viva, quella di Bagaladi, dove fervono giovani idee e notevoli iniziative, non ultima quella di ragionare sui Servizi alla persona.
Quello che mi è mancato, ieri, è stata l’Area.
L’assenza di alcuni Enti Locali è pesata.
Da domani Bagaladi e Melito parleranno il linguaggio comune nei servizi alla persona, ovvero attiveranno progettazione, mappatura del terzo settore, attivazione delle risorse umane ed economiche, censimento dei bisogni e sportello unico d’acceso e programmazione.
E gli altri?
Continueranno a ragionare sotto il campanile o dovremmo attivare un sistema di comunicazione e rete, anche grazie ai convenuti di pregio, come Melito che è capofila e sede di distretto, e la Comunità Montana.
Magari perdendo un pò di tempo non preventivato.
Ecco la scommessa.
Convincere anche gli assenti della necessità che parlare una koinè in questo settore vuo dire civiltà.
Se da domani attivassimo i servizi alla persona in modo capillare, come richiede il territorio, oltre sulla diffusione del benessere potremmo intervenire anche sul versante occupazionale, che poi è buona politica.
L’Azienda Sanitaria Locale non è stata presente e va coinvolta.
Contro una logica pregressa di compartimenti stagni che ha creato queste differenza sostanziali tra territori sia in termini di opportunità di servizio che occupazionali.
L’odissea della famiglia che gira per l’area, cambiando residenza in cerca di un servizio che possa rispondere adeguatamente ai bisogni del proprio figlio con disabilità, ci urla addosso e parla il linguaggio della sofferenza.
E ci chiede di chinare il capo per rialzalo soltanto al momento dell’impegno.

mercoledì 2 settembre 2009

5 settembre 2009, pomeriggio, a Bagaladi, si ragiona come programmare i servizi alla persona nell’Area Grecanica.

Spesso quando si promuove un evento convegnistico la prima reazione è negativa, ovvero monta su una percezione di fumo e chiacchiera ( chiacchiere e tabaccheri di lignu…) che avvolge l’evento di un’aura negativa e disfattista.
Forse eventi fumosi ce ne stanno, ma è sempre bene agire la conoscenza in luogo del pregiudizio. L’evento di sabato 5 settembre prossimo è, francamente, diverso. Perché?
Perché si incastona in un momento proattivo per i servizi sociali calabresi, in quanto il Piano Sociale regionale è all’approvazione in Consiglio. Ma ce ne dobbiamo ancora rendere conto.
Il convegno di sabato permette agli attori sociali di confrontarsi operativamente con gli attori istituzionali, che poi è l’essenza normativa.
Tutto questo per fare buoni servizi che rispondano ai bisogni sociali del cittadino.
È buono il momento di sabato perché dal lunedì successivo si può programmare.
Perché i cittadini devono conoscere i propri diritti e comprendere che il lavoro sociale è cambiato, nel senso che da una logica buonista volontaristica si è passati, per fortuna, ad un sistema organizzato e professionale.
Che dà lavoro perché senza lavoro si genera lo stesso disagio che vogliamo combattere.
Vi fareste mai operare da un medico la cui qualità conclamata è soltanto quella di essere un buon ragazzo e magari un pio uomo?
Lo stesso sistema di garanzia va richiesto nell’affidare il nonnino all’assistente domiciliare o il parente disabile all’accompagnatore.
Lo stesso devono fare gli Enti locali quando affidano i Servizi.
È buono il convegno di Bagaladi perché farà rete tra i Comuni , i cittadini e le Associazioni, dando il giusto protagonismo ad un Ente locale periferico ma carico di storia e di iniziative.
Oltre che di brava gente e buoni amministratori, compresi gli assenti che hanno tracciato la scia..
A volte partendo dall’esterno si arriva al cuore del problema.
Ed è esattamente quello che mi aspetto, sabato 5 settembre, alle ore 16.00, a Bagaladi, Provincia di Reggio Calabria.

lunedì 24 agosto 2009

La buona politica

Cos’è la politica se non un servizio alla collettività.
Questa frase sembra stantia e retorica se non supportata dai fatti, che analizziamo .
Ma non vorrei cadere nella diatriba dimissioni si o no, maggioranza o minoranza, botte o scivolate
Melito in questo momento ha bisogno di altro.
Ha bisogno di rendersi conto che è un paese di 11.700 anime residenti, per il momento ancora vive nonostante gli insulti quotidiani delle metastasi cancerose, un numero sconosciuto di migranti e diversi domiciliati.
Afferiscono al paese, gira e volta, ventimila abitanti invernali.
L’estate lasciamola stare. È forse il momento che evidenzia ancor di più alcune croniche assenze, come quelle della Polizia Urbana.
Difatti il lungomare, teatro di migliaia di persone serali passeggianti, ogni sera all’apice dell’afflusso, è completamente incustodito.
La politica pensa alla sicurezza dei cittadini ed assume nuove unità, così dà anche lavoro.
Il lavoro permette di possedere reddito, spendere e facilitare il mercato asfittico e lamentoso di Melito.
La politica se non ha soldi li procura.
Le politiche comunitarie con tutte le facilitazione rivolte agli Enti Locali, ne sono un esempio.
Va fatta rete con gli altri Comuni, figli di una stessa mamma,e insieme programmare lo sviluppo di una Terra che ogni giorno, tutti, tradiamo con il nostro disamore.
Toto Seduto disse che il guerriero non uccide, ma pensa ai vecchi e soprattutto ai giovani, perché sono il futuro. Il welfare era lontano, ma il ragionamento intelligente.
Quindi la buona politica assiste gli anziani e sostiene i giovani.
In che cosa sostiene i giovani ?
Nella ricerca di un lavoro, di una casa se vogliono rendersi indipendenti, ne facilita le aggregazioni perché fanno cultura e producono cambiamento.
Ah..dimenticavo, la buona politica inizia da una buona e soprattutto responsabile scelta, ovvero chi decide di mettersi al servizio della collettività deve sapere che da quel momento diventa del popolo, deve adeguare il proprio contegno al ruolo, rappresentare tutti e lasciar perdere familismi, personalismi, veline, botte e vacanze.
Questo è il prezzo che si deve pagare per far buona politica.
Raccontatavi questa favoletta, alla quale però credo fermamente…tutti a nanna!

domenica 23 agosto 2009

Benvenuti italiani d’Africa

Un paio di anni fa feci una piccola vacanza, giusto qualche giorno, in Sicilia.
Nel mio tour mi recai a Porto palo, in particolare all’Isola delle Correnti, suggestiva lingua di sabbia tra il cielo ed il mare. Si passeggiava in acqua, bassa e calda, con l’orizzonte esteso.
È il punto più a Sud della Sicilia e per ovvi motivi rotta di speranza e fuga da parte di chi cerca, disperatamente per sé e per la propria famiglia, quel benessere e quella sicurezza che non possiede in terra propria.
Nessuno vorrebbe lasciare i propri luoghi.
Questo è certo.
Se non fosse costretto dalle circostanze.
Dalla mia vacanza alla loro sofferenza il passo è breve.
Da quella rotta sono passati migliaia di migranti. Morti insepolti derivano in quelle acque che sembrano raccontare le loro storie ogni sciabordio d'onda.
Che sono le nostre storie quando sui ponti delle navi stracolme andammo in America, sui treni post bellici andammo in Germania e Francia, o più familiarmente in Lombardia e Piemonte.
Noi come voi.
Non dimentichiamolo e mettiamo da parte quella intolleranza becera e conservatrice di uno status spesso creato grazie a quei migranti nostrani del primo novecento.
La nostra isola delle correnti era l’Oceano e l’Europa.
Benvenuti italiani d’Africa.
E scusate la nostra corta memoria.
Accade quando passa tanto tempo ma quando soprattutto si sta discretamente o peggio ancora si fa quasi intendere che i problemi derivano da qualche bocca in più da sfamare, o qualche tessera sanitaria da emettere gratis per “il marocchino”.
E’ l’effetto del tempo e della cattiva politica.
Ma questa è storia aperta.

giovedì 20 agosto 2009

il primo passo

Ogni cammino inizia con un primo passo.
Quindi non scoraggiamoci se di fronte “vediamo distante la meta”. Sembra ma a volte è già una meta partire.
Non voglio riflettere su quanto si sta già riflettendo. Mi riferisco ai recenti accaduti che ci vedono sotto i riflettori… e non in positivo.
Ma vorrei invece riflettere sul nostro paese, oltremodo strano.
La cosa che mi colpisce in particolare è la tolleranza, ovvero quell’atteggiamento comune e costante che consiste in minimizzare accaduti anche gravi, annoverandoli nel calderone della normalità.
Ed insisto, non mi riferisco alle vicende eclatanti, sulle quali è anche facile oltre che legittimo esprimere una valutazione. Bensì faccio riferimento a vicende altrettanto gravi, sulle quali nessuno si sofferma.
Provo ad indicarne una, ed unica rimarrà per oggi in questa mi riflessione.
Vi siete mai chiesti se una persona con disabilità fisica, o ridotta mobilità, vorrebbe assistere ad un Consiglio Comunale?
Risparmiamo la battuta scontata, ovvero - ma chi gliela fa fare - e supponiamo ( ma è così) , che voglia scegliere se farlo o no.
Ebbene, non può avere accesso al piano secondo, dove si trova l’aula consiliare in quanto l’ascensore non funziona, non esiste, non si sa e soprattutto non gliene frega a nessuno.
La nuova sala convegni di Via del Fortino presenta l’ascensore non disponibile e quindi lo stesso problema.
Tutto in deroga forzata alle norme di riferimento. Ma non è neanche questo che mi preoccupa. Mi preoccupa il fatto che nessuno affronti la cosa forse considerandolo un problema di nicchia.
Ma tutti, domani, potremmo trovarci in quell’anfratto.
Non l’affrontano gli Amministratori, cui abbiamo delegato l’ottimale governo del paese, ma non l’affrontano i cittadini, i preti, le associazioni, la mafia, i buoni,i cattivi, la polizia, gli sportivi.
Niente e nessuno.
Tutto normale.
Peggio per te che se un uomo a rotelle! Non vorrai mica partecipare alla vita politica, o diventare consigliere?
Oggi ho assistito ad un incontro tra giovani che stanno fondando una associazione culturale di partecipazione attiva ed inclusione sociale.
Ce li troveremo spesso tra i piedi.
Li ho sentiti liberi, autonomi, indipendenti, arrabbiati e decisi sui diritti altrui e sul senso della vera solidarietà, fattiva e non “pelosa”.
Oggi sono tornato a casa ottimista anche se veramente mi basta poco. Oggi sento che è stato fatto “il primo passo” per un cambiamento.

giovedì 6 agosto 2009

Le voci dalla collina

Solo qualche settimana fa ,rientrando da un’altra Regione, mi accolgono impietosi i necrologi di un amico, un compagno di scuola.
Un compagno di sogni, old Melito anni ottanta, vecchio Liceo dalla stretta scalinata, dove tutto sembrava a portata di mano,anche i desideri.
Proprio sotto la collina di Melito, la nostra Spoon River, mi hanno accolto file di saluti che tutti ti hanno rivolto, caro compagno, si può ancora dire…di paure, ansie e desideri.
Caro compagno che non ti ho visto né malato né spento.
Triste privilegio.
Quante voci dalla collina…adesso anche la tua.
Se passi di sotto, in questi giorni roventi li puoi sentire. Loro, i morti nella norma, sussurrano ed il vento porta le loro voci.
Troppe e tante, giovani, uomini e donne, bambini e ragazzi. Loro,i morti nella norma.
Figli di una cellula impazzita che si moltiplica all’infinito devastando ciò che trova, dentro di noi.
Ma noi non siamo solo cellule, ma pensieri, progetti, figli..
Tutto questo una sola cellula devasta senza pietà.
Anche lei una cellula nella norma.
Che uccide nella norma.
Adesso chiedo, preoccupato, chi sarà il prossimo ad essere colpito dalla devastante pallottola del male.
Male del secolo o male di Melito? Niente allarmismo prego! Meglio ammalarsi tranquilli.
Bussa alla porta la Centrale a Carbone, che bypassa i Comuni tramite un decreto Regionale che di fatto suona come esercizio di poteri sostitutivi.
Progresso prego….. ed occupazione!
Le nostre morti per tumore sono nella media, ma se contassimo solo quelle della nostra Area ( intendo da Bova Marina a Montebello Ionico)?
Queste le scelte che i “melitesi svegliati” ( pochi) e quelli ancora da svegliare ( troppi) sono chiamati ad affrontare bandendo la passività.
Anche questo si sente urlare dalla collina…..

I grandi assenti

Incontrando dei giovani, nei giorni scorsi, sono stato indotto ad una riflessione.
Quante assenze contiamo nella vita.
Quante persone ci lasciano ma nello stesso tempo “piantano” una traccia d’impegno nella quale ci accodiamo come nella scia di un tir, in autostrada, per continuare a sorpassare tranquilli.
Ecco, bisogna continuare a sorpassare tranquilli, nel mondo del sociale, dell’aggregazione, dei servizi alla persona.
La scia c’è…e si vede.
Che ci fai qua, chiesi in sogno ad una persona che aveva lasciato questa terra solo qualche ora prima.
Si sedette accento a me, paziente come sapeva fare, credente nei confronti di un ateo, per quanto illuminato, e mi disse – sono qui per continuare ad organizzare con te i servizi per la persone in difficoltà, a convincere i politici che devono sostenere adeguatamente i nostri progetti, insomma , a tracciare la scia.
Un altro assente, soltanto qualche mese prima, mi disse – non ho mai lavorarono con voi, ma mi piacerebbe farlo –
Aveva appena finito di urlare al mondo che i lavoratori del sociale vanno adeguatamente retribuititi e i servizi vanno preservati.
Lui non ha avuto tempo…per lavorare con me, ma ha tracciato una scia tanto visibile che si accodano in tanti, un paese intero.
Sono comete ma non meteore, perché non passano e vanno oltre la morte, nell’universo dei giusti che diventano immortali per le loro opere.
Ecco quello che ho deciso di fare…mentre seguo la scia ne traccio un’altra…tanto da far sì che qualcuno, poi, la segua.
Ciao Angelo ed Albina, il mio impegno è il vostro luogo.

martedì 14 luglio 2009

Servizio civile “cooperativo” nell’Area Grecanica

Il progetto “Il Capo Sud della 180”si realizzerà nella provincia di Reggio Calabria ed in
particolare nel Distretto 4 della ASP di Reggio Calabria.
Il contesto territoriale di riferimento comprende i comuni di Melito P.S., Montebello,
Roghudi, Bova Marina, Condofuri, Roccaforte, San Lorenzo, Bagaladi e Bova. Il
territorio si estende per 411,29 kmq. complessivi e conta una popolazione di 33.374
residenti.
Nel predetto territorio agisce il Consorzio Mare Sol, Ente che ha stipulato un accordo di
partenariato con la cooperativa sociale Aurora Onlus (ente accreditato di 1^ classe) per
la presentazione di progetti di servizio civile nazionale.
Il Consorzio, a sua volta è presente in quel territorio attraverso la propria cooperativa
Rinascita Onlus nel settore della disabilità mentale, attraverso diverse strutture a carattere
residenziale.
Per l’effettuazione del servizio Civile Volontario verranno selezionati 8 giovani di ambo i sessi di età compresa tra 18 e 28 anni non compiuti.
È possibile presentare domanda di partecipazione alla selezione presso la sede Amministrativa della cooperativa Rinascita, di via Turati 105, Melito P.S. (RC) o mezzo posta tramite le modalità disposte dal Bando.
La scadenza è fissata per ore 14.00 del 27 luglio 2009.
Il modello di domanda è anche scaricabile on – line dal sito internet www.rinascitaonlus.it, dove è presente anche l’Avviso Pubblico.
.

venerdì 3 luglio 2009

lacrime e lotta

Anni fa, in piena ondata di attentati suicidi a Bagdad lessi un pezzo, non ricordo l'autore, ricordo dove, il quotidiano, ma non lo dico, sull'impatto che tali eventi avevano sull'opinione pubblica occidentale.
l'analisi del giornalista portò alla luce quasi un senso di abitudine alle stragi quotidiane, assuefazione, fatalismo ed anche indifferenza, anche grazie alla distanza ed all'effetto video - game delle esposizioni televisive.
ancora da noi, a Melito, non accade, ma francamente temo questa assuefazione alla morte come spesso subentra l'assuefazione alla vita.
Un giovane ci ha lasciati. Tutta la comunità melitese, anche su facebook, lo piange.
queste lacrime presto devono trasformarsi in azioni concrete, altrimenti sarà facile che continuino ad essere versate.
La partecipazione dei ragazzi a questo dramma, in termini di propositività ed impegno, è un'arma eccezionale.
Noi "medi" dobbiamo però assumere il compito di guide disposte ad imparare, ad approcciarci con umiltà consapevoli che dietro questo apparente disimpegno ci sta il nostro disimpegno a volte mascherato da lotta.
I tempi purtroppo sono ristretti e tristi, ma dalle ceneri, con il giusto impegno, non si può che rinascere.

lunedì 29 giugno 2009

parliamo dello stesso mondo, della stessa terra, di Reggio e provincia ?

Aziende sanitarie e guardie mediche in esubero
Lunedì 29 Giugno 2009 09:22. fonte Strill.

di Enzo Vitale* - Oggi il lavoro non lo regala più nessuno: occorre che i giovani laureati se lo inventino o che sgomitino per addentarlo con la determinazione che solo pochi di loro hanno o, ancora,

che si accontentino di una precaria e mortificante sottoutilizzazione delle proprie competenze e professionalità. Colpa della crisi, certamente, ma anche di scelte universitarie sbagliate, di miraggi professionali, di miopi illusioni, di antiche frustrazioni familiari. Nel settore sanitario e nel Sud dell’Italia questa è una storia che dura da almeno sei lustri: a fronte di una cronica carenza di personale infermieristico qualificato (non certo di barellieri passati di qualifica o, peggio, di addetti alle pulizie promossi in corsia), le università hanno sfornato coorti di giovani medici solo parzialmente formati e comunque inevitabilmente destinati alla disoccupazione. È il mercato che detta le regole e che punisce i responsabili di scelte sbagliate o di aver intrapreso un percorso vocazionale non sufficientemente supportato. Ma quando il mercato lo fa la politica, allora tutto è possibile: si falsano le regole e, se il lavoro non c’è, lo si inventa. Ma questa non è un’invenzione produttiva, come quella di chi si industria per sbarcare il lunario in tempi di crisi e disoccupazione: è un’invenzione di lavoro parassitaria che spreme risorse pubbliche distogliendole da usi migliori, che ingigantisce o addirittura crea dal nulla bisogni inesistenti da soddisfare con assunzioni mirate. Una delle cause del dissesto della sanità calabrese, significativa di un certo modo fallimentare di operare al di fuori delle logiche di mercato, è stata la sistemazione clientelare di personale medico non qualificato in posizioni lavorative di malinconica sottoutilizzazione. Mi riferisco non solo alla creazione di reparti ospedalieri destinati a una desolante penuria di utilizzatori o agli inutili sdoppiamenti di divisioni, ma anche alla proliferazione incontrollata di quelle postazioni di guardia medica che oggi si tenta di sopprimere. I 17 funzionari e manager dell’Asl di Locri (chiamati dalla magistratura a risarcire il danno erariale prodotto nell’agevolare con trasferimenti mirati ancorché funzionalmente inutili 80 medici, già peraltro beneficiati di assunzione in postazioni di guardia medica numericamente potenziate ad hoc) sono solo la punta di un iceberg che rischia di far fare alla sanità calabrese la fine del Titanic. La disoccupazione medica non può pesare sulle tasche dei contribuenti con il mantenimento di posti di lavoro che non hanno una giustificazione di mercato: in tempi di crisi occorre tirar la cinghia e, come pagano sulle loro pelle altre categorie di lavoratori (magari meno griffate ma con la stessa dignità: il lavoro, qualunque esso sia, deve avere pari chance di essere difeso) così anche il lavoro medico deve ridimensionarsi su standard numerici più aderenti alle esigenze del mercato e adeguarsi alle reali possibilità di bilancio.
*Presidente Fondazione Mediterranea

è obbligo che a ciò si risponda.

Da operatore sociale, dilettante dell’informazione ed opinione,cittadino attivo, mi sconcerta quanto letto in serata dalle vostra pagine, ovvero la comunicazione del sig. Vitale, Presidente delle Fondazione Mediterranea.
Vorrei conoscere come si può inventare il lavoro, per un medico, a Reggio Calabria e provincia.
Occorrono le convenzioni per fare il medico di famiglia ed il pediatra, i concorsi per lavorare in ospedale, i cromosomi per potersi specializzare.
Chi non possiede tutto questo può soltanto indossar il camice e sfilare di fronte allo specchio!
Sono indeciso se ritenere le sua comunicazione fortemente e dolosamente offensiva nei confronti di chi dopo anni di precariato, come i sostituti di Guardia Medica destinati, dal primo luglio prossimo alla disoccupazione, a causa della mancata pubblicazione di zone carenti da parte dell’ASP da oltre dieci anni, oppure frutto di astrazione metafisica dal mondo reale che non determina una completa visione di un disagio causato da una classe dirigente pusillanime e rea di non aver programmato adeguatamente una risposta esaustiva ai bisogni dei cittadini.
Ricordo, al sig. Vitale, che le postazioni di Continuità Assistenziale alla loro chiusura otterranno soltanto l’aver annullato i livelli essenziali d’assistenza per alcune popolazioni, ridotto alla disoccupazione un numero considerevole di professionisti di mezza età, e delegittimato il ruolo dei Sindaci, ufficiali di governo in materia di Sanità.
E dello stresso Governatore.
Sulle tasche dei contribuenti pesa l’improduttività dei servizi, le miopi e profumate gestioni e gli imboscamenti dietro scrivanie di potere.
Non pesa il medico umile e disponibile che veglia quando tutti dormono.
La giustificazione di mercato è data da un rapporto infausto tra medico in servizio e pazienti, spesso oltre quanto stabilito dall’Accordo Collettivo.
Mi chiedo e le chiedo se la mortificazione dei servizi di prossimità, come la continuità assistenziale, già ridotti oltre i limiti dettati dal rispetto dell’art. 23 della costituzione, possa risanare la Sanità calabrese.
Ricordo che la cinghia la tireranno i disoccupati ed i pazienti ed insieme a loro i mercati, che lei cita. Sarà forse questa la strada per lo sviluppo della nostra area?

giovedì 25 giugno 2009

Medici, Pazienti, Generali e Colonnelli

Ciò che sta accedendo in questi giorni ha semplicemente dell’assurdo. Mi riferisco ai risvolti politico istituzionali che avvolgono come spire il sistema democratico della nostra regione.

La chiusura delle postazione di Guardia Medica non la vuole nessuno.

Pur disdegnando l’opinione “di parte “ dei perdente posto, portatori di interesse personale, dell’intervento dell’ordine dei Medici preoccupato della caduta dei livelli di assistenza e della dignità professionale dei propri iscritti, dei cittadini rei di pensare alla propria salute, dei sindaci che sanno di essere i garanti della salute dei propri cittadini, quello che adesso mi preoccupa è il disprezzo da parte della Commissione Straordinaria dell’Asp delle Istituzioni politiche locali.

Picche è stato risposto ai Sindaci coraggio, compatti come non mai, che scioglieranno la conferenza alla chiusura delle Guardie.

Altrettanto al Governatore Loiero, che in un estremo tentativo di ricomposizione ha ricevuto soltanto promesse di fermale l’accetta, già partita e senza retromarcia.

Ricordiamo che la chiusura avviene per una interpretazione dolosamente errata del rapporto che prevede un medico incaricato ogni 3500 abitanti.

Rapportando a 4 medici in forze alla postazione i conti tornano.

Ma i medici sono in turno uno per volta, e quandi il rapporto, ad esempio, per quanto riguarda la postazione di Melito, è di uno a circa 18.000 abitanti tra residenti, domiciliati e migranti. ( Melito, Roghudi e San Lorenzo Marina).

Ma voglio centrare l’attenzione su quanto in premessa, ovvero l’esercizio esagerato dei poteri da parte del Commissario Straordinario.

Se formalmente è vero che la Commissione dipende dal Governo, il non aver tenuto conto di quanto richiesto dagli Enti locali e Regionali è di una gravità inaudita, di portata Istituzionale estremamente seria in una democrazia occidentale.

Mi voglio augurare che nelle prossime ore il Governo Centrale guardi giù, in fondo in fondo allo stivale, e finalmente si renda conto che la provincia di Reggio Calabria sta assomigliando sempre più al Cile degli anni 70 intervenendo per riprendere la palese violazione della Carta Costituzionale, in particolar eil diritto alla salute ( art.32) che sta avvenendo da queste parti.

domenica 21 giugno 2009

associazione culturale NOICONVOIPERTUTTI

Cari amici
vi annuncio che sta per nascere l'Associazione “Noiconvoipertutti”.
L'Associazione nascente si prefigge di promuovere la cultura dell'inclusione sociale, delle pari opportunità e della partecipazione attiva, anche attraverso l'innesto lavorativo e la formazione.

Generale, quanti problemi ...dietro la collina....

ricevo e pubblico , fonte Strill

Esimio Generale Cetola,
Le scrivo questa lettera aperta, nell’impossibilità di interloquire con Lei, sul tema più scottante da quando ricopre l’incarico di Commissario Straordinario presso la nostra Azienda Sanitaria ovvero le Guardie Mediche e la loro paventata-osteggiata, deliberata- controdeliberata chiusura.
Chi Le scrive è un medico di guardia precario, ovvero con incarichi trimestrali, mensili, semestrali che da luglio non avrà più neanche quelli e che non è diventato titolare perché la sua ASP, contravvenendo alle normative, da ben cinque anni non pubblica zone carenti (che dovrebbe invece pubblicare ogni sei mesi).
Così dopo 17 anni di laurea e dieci di precariato, si ritrova con assolutamente nulla nelle mani.
Le vorrei chiedere, de visu se fosse possibile, a chi giova la chiusura delle Postazioni di Guardia Medica. Mentre attendo una Sua risposta, provo a rispondere da sola.
Certamente non ai nostri territori, che i Sindaci stanno difendendo in una paradossale lotta dello Stato contro lo Stato, strenuamente e degnamente.
Alcuni paesi, e questo i Suoi numerosi consulenti e dirigenti dovrebbero saperlo, rimarranno senza un riferimento sanitario notturno e festivo, con grave rischio per la Salute Pubblica e compromissione dei livelli di Assistenza. Eppure un servitore dello Stato dovrebbe ben ricordare l’art. 32 della Carta Costituzionale….
Forse giova agli stessi medici precari come me, che alla fine di decenni di precariato centrato sulla fiducia nelle Istituzioni e sulla speranza di una stabilizzazione, si renderanno conto, da disoccupati, che devono trovar pane altrove, in terre che non hanno bisogno di Commissari Straordinari e leggi speciali per vedere rispettate le leggi dello Stato!
Non credo giovi manco a Lei, esimio Generale, perché sarà ricordato esclusivamente per aver tentato di sanare le finanze violentate della Sanità Calabrese chiudendo l’unico servizio di prossimità che percepisce il cittadino, creando disoccupazione ed abbassando i già minimi livelli di assistenza sanitaria.
Allora Le ripeto la domanda che attende da parte Sua, forse inutilmente, una risposta : …a chi giova tutto ciò?
Cordialmente
Dott.ssa V. Federico

venerdì 12 giugno 2009

dalla 106 alla vita di tutti i giorni...partecipare per cambiare

Non v'è dubbio alcuno che qualsiasi messa in sicurezza relativa alla statale 106, come ad altra arteria, è nulla di fronte all'irresposabilità dei conducenti.
Sarebbe utile valutare l'impatto di tutti gli interventi di educazione stradale effettuali da qualche anno a questa parte nelle nostre Scuole. Alrimenti intervenire senza riscontro è poca cosa.
Ma è anche legittimo definire la 106 strada della morte per numerosi fattori oggettivi e strutturali. Sicuramente i numerosi svincoli abusivi ( o almeno presunti tali) presenti.
Provate a contarli su una ampiezza di 5 kilometri.
Altro discorso gli svincoli non abusivi, a sinistra, che dovrebbero essere sostituiti dagli svincoli a raso o sottopassi.
Abbiamo quello di Annà e Pilati che da soli meritano l'appellativo mortifero che viene rivolto alla 106.
Il controllo scarso da parte delle forze dell'ordine. Anche questo è un dato di fatto. Il rettilineo che "sorvola" Condofuri permetterebbe ad un autoveicolo di media cilindrata di raggiungere 150 orai in un batter di ciglia.
Forse un autovelox segnalato aiuterebbe a cambiare cultura automobilistica.
Sulle postazioni di Emergenza Territoriale (118) forse, e su questo invito la Redazione ad accendere i riflettori, il discorso va allargato.
Fin quando dominerà la logica del risparmiare sui deboli ( cittadini, medici precari, territorio) da aprte dell'attuale governance dell'ASP 5 e della regione calabria senza effondare nei veri sprechi della Sanità, penso sia utopistico pensare ad un incremento.
Questi leggeri ragionamenti la Politica, che dovrebbe avere a cuore per mandato la vita dei cittadini, le consce e forse le ignora.
I cittadini non lo so e sulla loro conoscenza e partecipazione vanno fondati i processi di cambiamento.

mercoledì 6 maggio 2009

il luogo di Angelo

Alla morte del grande Giacinto Facchetti, terzino dell’Inter anni 70 ed 80, anche lui uomo perbene, il figlio ha citato un passo tratto da "Fahrenheit 451" di Ray Bradbury.
"Ognuno deve lasciarsi qualcosa dietro quando muore, diceva sempre mio nonno, un bimbo o un libro o un quadro o una casa o un muro eretto con le proprie mani o un paio di scarpe cucite da noi. O un giardino piantato col nostro sudore. Qualche cosa insomma che la nostra mano abbia toccato in modo che la nostra anima abbia dove andare quando moriamo, e quando la gente guarderà l’albero o il fiore che abbiamo piantato noi saremo là".
Rileggendo questa frase mi chiedo dove posso trovare, domani, il posto di Angelo.
Ai nostri Convegni, sul sociale, sui servizi rivolti ai più deboli, dove non è mai mancato e con forza ha difeso il nostro impegno?
O in tutta l’Area, dove spinse per realizzare la rete, ovvero la connessione di forze tendenti per un comune benessere che non si vive sotto il proprio campanile ma sotto il portico di tutti quelli che discendono dai greci e dalla spuma del mare che generò Afrodite Dea dell’amore?
Nella gioventù di Bagaladi che foriera di impegno ed innovazione cresce e si moltiplica come forse in nessun altro paese ai piedi della Montagna?
Molti affermano che l’unica certezza della vita è proprio la morte.
Guai se fosse così. O almeno soltanto così. La certezza vera sta nelle opere che si compiono e generano il bene, il lavoro, i servizi, la concordia e le umane relazioni.
Su questo Angelo è stato una persona dalle molte certezze infusa agli altri.
Si lascia dietro un’opera maestosa che tutti sentiamo ma non vediamo, avvertiamo ma non tocchiamo…
Ci lascia davanti una via da percorrere, quella dell’impegno, dell’unità senza divisioni, senza invidie e contrapposizioni, per il supremo comune benessere del nostro territorio.
Questo è il luogo, da oggi in poi, dove troveremo Angelo.

lunedì 30 marzo 2009

bisogna tornare a parlarsi

È mio carattere distanziarmi da ogni esagerazione, perché la reputo improduttiva.
A volte questa blocca ogni forma di comunicazione, esaspera le cose, le porta ad un punto irreversibile.
Devo anche dire che quando il piano è quello relazionale, ovvero un dialogo sereno, composto e ragionato, dove le parti si sforzano a comprendere e comprendersi, le cose prendono un'altra piega.

Sono contento stasera di aver sentito una persona con la quale le relazioni si erano incrostate a causa di detti e non detti, caratteri diversi e visioni soggettive.

L’occasione mi ha permesso di avvicinare i piani e le forma diverse di comunicazione.

Mi preme,per non scadere eccessivamente nel personalismo, ricordare a tutti le 12 barriere alla comunicazione, che in dettaglio sono queste:

1. DARE ORDINI, COMANDARE DIRIGERE
2. MINACCIARE, AMMONIRE, METTERE IN GUARDIA
3. MORALIZZARE, FAR PREDICHE
4. OFFRIRE SOLUZIONI, CONSIGLI, AVVERTIMENTI
5. ARGOMENTARE, PERSUADERE CON LA LOGICA
6. GIUDICARE, CRITICARE, BIASIMARE
7. FARE APPREZZAMENTI, MANIFESTARE COMPIACIMENTO
8. RIDICOLIZZARE, ETICHETTARE, USARE FRASI FATTE
9. INTERPRETARE, ANALIZZARE, DIAGNOSTICARE
10. RASSICURARE, CONSOLARE
11. INDAGARE, INVESTIGARE

12. CAMBIARE ARGOMENTO, IRONIZZARE
Ovviamente a tutti accade di attivarne qualcuna, l’importante è che si diventi consapevole delle conseguenze.
Detto questo….tutto è meglio del silenzio.

Quando la vita pesa

Troppo spesso, vuoi per richiedere attenzione vuoi per schiacciante disperazione si sceglie di concludere la propria vista, magari attraverso gesti eclatanti. Magari per mancanza di un lavoro stabile.
Forse ciò è accaduto anche dalle nostre parti.
Gli Enti e Le Associazioni si confrontano tutti i giorni con situazioni al limite, dove la sordità di molte Istituzioni ma anche l'imprevedibilità degli esiti fanno da cornice al potenziale dramma.
Sulla disoccupazione gli Enti tutti non possono invece pensare che "basta poco".
No..non basta poco, ci vuole il lavoro e la produzione dello stesso come principale obiettivo di tutti.
Anche il volontariato, se surroga la produzione del lavoro prestando opera gratuita e quindi impedendo l'emersione delle problematiche, di fatto alimenta la disoccupazione, pur partendo da altri principi.
I servizi ci devono essere e devono essere finanziati.
Il volontariato deve aggiungere valore a ciò.
Quando accade un suicidio per disperazione dovuta alla disoccupazione si riempiono pagine e pagine, pensando a quello che si poteva fare e non è stato fatto.
Spenti i riflettori tutto scorre come prima.
Spenti i riflettori rimane la disperazione.

martedì 10 marzo 2009

e le Stelle stanno a guardare!

Per l’ennesima volta abbiamo assistito alla distruzione della cosa comune, presso gli Istituti Scolastici del mio paese, Melito di Porto Salvo. 11.000 abitanti, tanti giovani, molto sociale, parrocchie e naturalmente parecchie scuole.
Da qui il rimbalzo mediatico, per la verità un pò retorico, ovvero la crisi della famiglia, i giovani senza valori, la scuola impreparata.
Nessuna voce si è levata per proporre un intervento reale che vada nella direzione del problema, ovvero chi educa questi giovani, come,che valori si trasmettono, che modelli e stili di vita...che coerenza... e soprattutto che fare per sistemare le cose.
La video sorveglianza è un problema di controllo, giusto ma conservativo del bene. Il giovane alla deriva come lo si aiuta?
Che la debolezza della famiglia sia fatto conclamato,è cosa nota.
Evidenziarne le cause e peggio ancora giudicare aspramente l’operato, è cosa inutile.
Anzi, inasprisce ancor di più la già viziata relazione con la Scuola.
Il rimpallo delle responsabilità non serve a niente, se non alla coscienza di chi non è disposto a mettersi in discussione.
La soluzione è ad altri livelli. O meglio, a livello operativo.
A Melito non esiste un servizio di sostegno rivolto a famiglie non patologiche, intendendo per ciò la presenza di una problematica conclamata in casa.
I problemi educativi vengo continuamente rimpallati, e tutti, dico tutti, dalle forze sociali alle Istituzioni, all'accadere del problema, convocano consulte, esprimono pareri.
Ancora stiamo aspettando il Forum dei giovani, dopo l'episodio di Antonino, ferito casualmente da mano stupida in occasione di una recita di fine anno.
Ancora aspettiamo che le Associazioni, dopo le coreografica fiaccolata a seguito di un danno all'auto di un bravo parroco, spingano per portare il problema all'interno delle istituzioni, in quel caso la Consulta alle Politiche Sociali.
Operativamente non serve il PON di francese o l'incontro con il Capitano dei Carabinieri quando non si è disposti ad intercettare i figli marginali, quelli che delinquono o che sono predisposti a ciò.
Operativamente il sociale deve proporre, l'istituzione deve accogliere ed anche finanziare buone proposte, perchè il volontariato è un valore aggiunto non un servizio gratuito, la famiglia deve essere messa nelle condizioni di poter esprimere i propri drammi, senza essere giudicata( cui prodest).
Questo è un blog. Il mio possibile intervento è un'altra cosa. E per questo problema sono già al lavoro.

domenica 8 marzo 2009

Facebook che fare?

Non sarà mica un luogo di perdizione, questa piattaforma sociale che comunque diverte. E sa lo fosse, comunque fa parte di una scelta.
Quanti dibattiti su facebook.
Il bene ed il male, come se esistessero così netti e demarcati!
Questo sistema di “comunicazione” di fatto diventa un linguaggio dove i giovani ed anche i meno giovani si incontrano sperimentando un nuovo codice.
È vero che questo sistema diventa alienante quando sostituisce la mimica, lacunosa, stentorea ma vera e reale comunicazione tra emittente e ricevente con modalità frontale.
Ma se vogliamo capire e capirci, dobbiamo sperimentare linguaggi nuovi.
Quindi va bene facebook e senza paura approcciamoci al nuovo.
Il medioevo è passato da un pezzo!

Perché non il nove marzo, ed il dieci e via tutto l’anno?

Sta per finire la domenica delle donne! Domani è un altro giorno. Appunto lunedì…e tutto torna degli uomini.
Allora riflettiamo quanto conta il rito nella nostra vita, oppure il ritorno delle decisioni e dei fatti. Ancora oggi donne rinunciano al lavoro per la famiglia, come se fosse un biblico sacrificio da perpetrare.
Tutt’ora non esiste nel nostro circondario, piuttosto vasto per la verità, un sindaco donna.
Cosa ci dice tutto ciò?
Forse che i passi per la perequazione sono ancora lunghi, per quanto avviati.
Forse maggiore sostegno andrebbe rivolto alle donne “madri di famiglia” per la loro realizzazione lavorativa e formativa?
Allora usciamo dal rito dell’8 marzo, dedicato comunque ad una tragedia causata da una giusta rivalsa, e facciamo di tutti giorni un 8 marzo, dedicando alle nostre donne non solo un giorno da leoni ma tanti giorni d’impegno per una società più giusta.

giovedì 19 febbraio 2009

allego avviso assegnazione Beni Confiscati del 21 febbraio 2009

la presente per invitarLA a prendere parte alla cerimonia di Assegnazione dei beni confiscati alla criminalità organizzata.
La Cerimonia avrà inizio alle ore 11.00 di Sabato 21.2.2009, presso Placanica( Pentedattilo)
La Cooperativa Rinascita offre un servizio navetta, con partenza da Via Annà (accanto caserma dei Vigili del Fuoco) dalle ore 10.30 in poi.
I benefiiciari dei beni, Associazione Piccola Opera, Consorzio Terre del Sole ed Associazione Pro Pentedattilo sono realtà da anni impegnate nel riscatto della nostra terra attraverso l'intervento sociale e la promozione del lavoro.

martedì 17 febbraio 2009

come aiutiamo "la Voce di Fiore" ?

ecc come aiutare la Voce di Fiore a non sparire:


Ricarica di postepayCarta numero: 4023 6004 45917273

Intestata a Biagio Simonetta

Bonifico bancario sul conto corrente:

Intestazione: MORRONE EMILIANO

ABI 05256CAB 80960

Numero Conto: 00000861333

IBAN: IT13B0525680960000000861333

Entra nel sito di LA VOCE DI FIORE

troppe morti...e troppo strane!

sabato prossimo,21 febbraio 2009, si terrà una pubblica assemblea che una neonata Associazione ha organizzato per stimolare le Istituzioni in relazione ai numerosi casi di neoplasie che si registrano nel comprensorio melitese.
A naso è proprio vero che a Melito si muore moltissimo per questa causa.
Molti amici e conoscenti non ci sono più.
Molti lottano l'inferno quotidiano nell'angoscia delle analisi periodiche e delle invasive ed aggressive terapie.
Si ipotizza che intorno a noi sono stoccate scorie nucleari, rifiuti tossici, amianto, onde elettromagnetiche.
Ovviamente tutto da provare, ma fortemente verosimile.
L'aggregazione spontanea che coagulerà nell'assemblea di sabato è positiva.
Appare strano solo il silenzio delle Istituzioni.
Vedremo se anche loro, dopo un po di quantomai opportuno "traffico", si interrogheranno su quella che ormai è diventata una mattanza quotidiana.

la Voce di Fiore non deve chiudere!

rimando quanto scritto, e da me condiviso, dai giovani del laboratorio antimafia "La voce di Fiore".

Avevamo scritto da principio le ragioni del nostro appello: disavanzo di 10.000 euro e necessità di recupero per continuare. Lo avevamo chiarito.

Avevamo reso pubblico il nostro bilancio e aggiornato puntualmente lavocedifiore.org e ndrangheta.it, rispetto alle donazioni ricevute.

Avevamo chiesto contributi liberi, anche di soli 5 euro, anzitutto per un fatto ideologico e politico, in senso nobile.

Primo, contano le piccole azioni; quando convinte, compiute per adesione a un progetto collettivo.

Secondo, avevamo inteso "misurare" la nostra credibilità e rettitudine, la nostra capacità di dare concrete speranze a una società repressa, in cerca di giustizia, colpita, offesa, affannata; vacillante ma possibilista. Consapevoli che dall’altra parte, in Calabria, c’è chi controlla, chi fa la conta delle adesioni e le liste di proscrizione: l’elenco dei sostenitori di "la Voce di Fiore".

Avevamo voluto capire quanto incidono cultura, informazione e parola, in Calabria. Dove la politica è, insieme alla ’ndrangheta, l’azienda leader, che provvede imponendo il proprio arbitrio: una legge al di là della Legge, spesso impotente, cancellata e perfino derisa.

Avevamo stabilito un limite, per raggiungere la cifra considerata, conti disponibili a chiunque, quale "obiettivo minimo di sopravvivenza". E questo limite lo avevamo prorogato, indicandone i motivi, persuasi d’arrivare al pareggio (siamo, purtroppo a -3.530 euro) e pronti a rimettere le nostre misere risorse per iniziative sul territorio, in Calabria. In merito alle quali avevamo coinvolto lettori e sostenitori in un aperto dibattito in rete.

Siamo andati via dalla Calabria, ma solo fisicamente. Avremmo potuto guardare ai fatti nostri, inseguire soltanto il sogno, legittimo, d’una realizzazione professionale, sociale, personale. In tempi di precarietà esistenziale e lavorativa, di orizzonti oscurati dalla crisi globale: morale, politica e finanziaria. In tempi di enormi limitazioni al progetto individuale e collettivo. Eppure, malgrado la battaglia di sopravvivenza quotidiana, propria d’ogni italiano onesto - l’eroe Giovanni delle Bicocche del rapper Caparezza -, abbiamo coerentemente anteposto le necessità della nostra terra, la Calabria, alle aspirazioni personali. Senza per questo sentirci unti, latori d’una qualche sapienza messianica.

Avevamo messo sul sito il pdf del nostro libro, "La società sparente" (Neftasia, Pesaro, 2007), scaricabile gratis. Il quale, oltre a spiegare la subordinazione della società calabrese, contiene l’elenco dei consiglieri regionali inquisiti e dei rispettivi reati ipotizzati (nel capitolo Lumen gentium: la lista dei presunti, degli assunti e dei consunti); racconta le vicende dell’inchiesta Why not e i rapporti di potere in gioco, assieme alla battaglia civile per la giustizia, condotta, da Catanzaro in poi, da movimenti e cittadini liberi. Ad oggi, 31 gennaio 2009, registriamo 3461 download da "la Voce di Fiore". Ma il testo è disponibile in formato elettronico anche su diversi blog. Si possono ipotizzare, dunque, che ne siano state diffuse almeno 5.000 copie elettroniche.

Avevamo rappresentato la necessità delle vie legali per recuperare i diritti d’autore di "La società sparente", che sarebbe morto, se non fosse stato diffuso su Internet.

Non avevamo chiesto compensi né offerte per il volume, obbligati a pubblicarlo su Internet per via della sua manifesta irreperibilità, di cui s’era occupato il giornalista Roberto Galullo in una puntata (21 gennaio 2009) della trasmissione "Un abuso al giorno, toglie il codice d’intorno", in onda su "Radio 24".

Come raccontato dal lettore Giancarlo Contu, di Genova, l’ordine del libro non viene evaso, e l’acconto è restituito dalla libreria. All’ultimo terminale di vendita, anche secondo altri lettori, il libro non risulterebbe esserci. L’editore Neftasia non è più rintracciabile e ci aveva mandato una mail, comunicando la chiusura degli uffici fino al temine di febbraio (2009).

Avevamo riferito del nostro isolamento e delle minacce e azioni legali subite dall’uscita del libro. Avevamo cercato in ogni modo, scrivendo a tutte le redazioni giornalistiche e a Beppe Grillo, di rendere pubblica la nostra storia. Storia di utopia e persecuzioni; piccola storia di voci che non vogliono tacere, ma che il sistema culturale italiano, forse prima che la ’ndrangheta, ha saputo confinare e abbandonare alla psicologia dei perdenti. Non ci interessavano celebrazioni per televisione o colonne di quotidiani, di settimanali o periodici di élite intellettuali. Ci importava solo che passasse l’immagine della Calabria nel racconto di suoi figli addolorati e costretti alla fuga. Perché questa terra si interpreta unicamente tramite i servizi di cronaca di morte, di cronaca giudiziaria; spesso realizzati da chi arriva, fotografa e torna a casina, al Nord. Ci importava che passasse l’appello alla denuncia civile in ogni angolo della provincia italiana, ormai neppure luogo di ricerca letteraria.

Abbiamo dato questa immagine - d’una "Calabria che brucia", come nel titolo d’un bellissimo saggio dell’antropologo Mauro Minervino - ed esortato alla scrittura di libri sulle emergenze democratiche locali, nei nostri 20 minuti alla manifestazione "Difendiamo la democrazia e la legalità costituzionale" (Roma, Piazza Farnese, 28 gennaio 2009).

Ed è proprio con questo spirito, utopistico sino all’estremo, che abbiamo contribuito alla causa dell’antimafia; che dovrà proseguire nella ricerca della verità e dovrà rappresentare l’alternativa culturale, prima che politica, al vuoto cosmico prodotto e diffuso dalla finzione televisiva. Costruita per sovvertire princìpi e valori, impoverire il pensiero e il linguaggio, abituare alla contemplazione del proprio successo mediatico, distruggere i contenuti, uniformare le coscienze, i desideri, gli universi individuali.

In queste ore, stiamo ricevendo messaggi di incredulità, rispetto all’imminente chiusura di "la Voce di Fiore". Parole di incoraggiamento, finanche di mortificazione, come quelle di un breve commento su Facebook del testimone di giustizia Pino Masciari. Già gravato, nonostante il suo senso dello Stato, da pesanti problemi di sicurezza personale. Molte persone ci sono state e ci sono vicine, ma questo non è bastato.

Salvatore Borsellino venne in tribunale, a Cosenza, all’udienza d’appello riguardante la richiesta di sequestro di "La società sparente". I giudici non lo fecero parlare, ritenendo inutile una sua testimonianza, ma senza ascoltarlo. Da ultimo, fummo condannati a una forma di autosequestro, con l’obbligo di acquistare le copie rimanenti nelle edicole e librerie dell’area di provenienza dell’attore, poi soccombente in ambito penale.

Per ogni cosa servono soldi. Anche per le iniziative dal basso, che sono quelle per cui ci siamo impegnati, senza alcuna brama di clamore.

Le mobilitazioni, l’aggregazione, l’informazione e l’ingegneria sociale costano. Tempo, energie, denaro.

Con una piccola somma, avevamo sovvenzionato dei giovani per uno spettacolo di impegno civile, andato in scena a Castrovillari il 14 dicembre scorso. Muta la stampa, nonostante due straordinari interventi di Gianni Vattimo e Salvatore Borsellino.

Lo avevamo fatto perché l’emancipazione dalla ’ndrangheta passa anche - e forse soprattutto - per i progetti culturali nei comuni. Perché gli interventi dal basso sono efficaci nel lungo periodo; anche in considerazione dell’urgente bisogno di modelli costruttivi, largamente avvertito. Le mafie, e la politica della "Casta", non possono continuare a rappresentare riferimenti assoluti né apparire in una dimensione quasi epica, in quanto comunque vincenti.

Avevamo organizzato il Festival Internazionale della Filosofia in Sila, per due anni. Investendo modeste competenze e risorse personali, prima che ci silurassero, ritenendoci i mandanti, per gli interventi di Marco Travaglio e Aldo Pecora su Nicola Adamo, allora vicepresidente della giunta regionale calabrese, "fresco" d’avviso di garanzia. All’edizione del 2008, liberatisi della nostra ingombrante presenza, lor signori hanno invitato a parlare un pensatore gran maestro onorario del Goi.

mancano 1189,00 euro perchè si salvi una voca libera da condizionamenti e santità occulte, da strumentalizzazioni e clamori della folla.
soltanto così si può continuare a rappresentare la voce della società civile che lavora e rischia di suo, tutti i giorni, per una Calabria veramente migliore, ma per tutti e non per i soliti pochi eletti!

per informazioni e sostegno www.lavocedifiore.org.

mercoledì 11 febbraio 2009

il diritto di scegliere

la morte di Albina,le cui condizioni erano da tempo oggettivamente serie, mi ha portato a riflettere su un troncone del mio pensiero che il dolore per la perdita di una cara amica aveva in qualche modo anestetizzato.
Albina ha scelto di portare a termine la sua vita fermandosi soltanto quando le condizioni di salute l'hanno resa inabile.
Ricordo che la scorsa estate, già provata dal male assassino, abbiamo organizzato una "Consulta aperta" a Pentedattilo, incontrando i giovani dell'Arci Toscana.
Dopo un paio di mesi ci ha lasciato con il suo ricordo ed il suo impareggiabile esempio.
Anche Eluana, lo stesso giorno di Albina, ci ha lasciato.
Ci ha lasciato male,tra mille polemiche, agonia burocratica e svolazzar di tuniche moraliste ed ingerenti.
Anche lei ha scelto,per bocca di un tenero padre.
Ha scelto di definire vita quello che si sente e si prova, la gioia ed il dolore, gli odori ed i sapori.
Eluana non li sentiva più da 17 anni. Albina li ha sentiti fino alla fine.
Entrambe hanno scelto la cosa migliore per sè, dimostrando, da posizioni diametralmente diverse, cosa vuol dire essere padroni della propria esistenza.

lunedì 9 febbraio 2009

ricevo e pubblico

Oggi è mancata all'affetto dei suoi cari e a quanti hanno avuto il piacere e l'onore di conoscerla Albina Artuso Mallamaci, Presidente della Consulta delle Politiche sociali di Melito Porto Salvo.
Non trovo le parole per esprimere cosa sia stata Albina per tutti noi.
Appare più facile dire quello che dovrà rappresentare il suo esempio per il mondo delle associazioni e del no profit.

E’ stata e sarà quel faro, quella luce che indica a tutti noi il percorso da intraprendere per tentare di cambiare il volto di una comunità spesso disattenta verso le esigenze dei suoi cittadini, in particolare di quelli che si trovano in difficoltà.

Non lacrime dunque ma azioni forti per il rilancio del'Area, partendo dalla trasmissione di buone prassi che siano di stimolo ed esempio per tutti quelli che a vario titolo operano nel settore sociale.
E' questo il testimone che Albina istituzionalmente mi trasferisce e con esso in parte quella carica che la caratterizzava.
In virtù di ciò voglio augurare a tutti noi che da questo terribile lutto che a vario titolo ci ha colpiti nasca una coscienza nuova.

Credo che sia questo ciò che Albina vorrebbe.

Il vice presidente della Consulta
delle Politiche sociali di Melito Porto Salvo
dott.ssa Francesca
Laganà

è morta Albina

stamattina è morta Albina Artuso.
Albina è stata Presidente della Consulta alle Politiche Sociali del Comune di Melito Porto Salvo, ed è morta in carica.
Ha resistito al suo male quasi dieci anni, terminando tante cose per il benessere dei cittadini in difficoltà.
Ho lavorato spesso con lei, pur nella diversità ideologica e religiosa. Penso che sia stata amica mia, come io amico suo.
Ci ha accumunati la convinzione che le cose vanno fatte bene e con le giuste procedure, e che la politica altro non è che servizio al popolo.
Mi ha insegnato che le differenze non sono un vincolo se si guarda oltre, verso l'obiettivo e soprattutto se ci si rispetta come persone.
Ma questo è pensiero da signori, ed oggi purtroppo una signora ci ha lasciati per sempre.

mercoledì 4 febbraio 2009

si riprende...mamma mia che confusione!

dopo quasi un mese riprendo ad affidare a questo spazio i miei pensieri, spesso stimolati da fatti e vicende della "vita reale".
Ma realmente...dove siamo?
Siamo in un paese, la nostra cara Italia, dove non si può neanche morire in pace, in nome di una vita per gli altri, ma non per chi la vive incosciente in un letto senza sapori, odori e dolori.
Viviamo in un paese dove quello che sembra deve necessariamente essere quello che è! Da qui la corsa all'apparenza delle cose...meno alla sostanza.
Processiamo i giudici che processano...ma non chi andrebbe processato!Lottiamo la mafia per poi alimentarla con il lavoro nero...magari mascherato da volontariato, effettuato da poveri cristi in attesa che qualcuno gli lanci l'osso!!!
Fiaccoliamo ma non ci schieriamo.Aduliamo, ma non appoggiamo.
Quanto comoda è la vita sul piano dell'apparenza.
E poi la nostra vita politica...non ne parliamo nemmeno!
I rossi moralizzano....i neri appoggiano....i bianchi forse sono gli unici che ancora rompono le scatole!
Mamma mia che confusione!!!!

venerdì 16 gennaio 2009

tutto come prima

cosa ebbi a scrivere, nel 1999, intorno alla partecipazione del cittadino, in questo caso "genitore", All'Istituzione scolastica.

"Quale potrebbe essere il ruolo della famiglia nei confronti della Scuola , senza alcuna pretesa di esprimere dei dogmi piuttosto un soggettivo pensiero .
Rispetto al ruolo della famiglia nel mondo della scuola , una cosa è certa : essa non deve essere passiva .
Il ruolo di fruitore passivo di un servizio ritengo non si adatti ai contenuti che la famiglia , attualmente , dovrebbe in sé riporre , e meno che mai ai segnali di disagio che ci rimanda la nostra società .
La Scuola non è un servizio il cui mandato istituzionale debba esaurirsi con l’istruzione nozionistica del bambini , piuttosto formatrice di quel complesso di regole e valori , oltre che di cultura , tessuto connettivo del cittadino futuro .
La famiglia naturalmente non si deve chiamare fuori da questo gioco , ma ricopre , alla fine , specie nei primi anni scolari del bambino , e mi riferisco agli anni di Scuola Elementare , quasi lo stresso ruolo .
Sia a scuola che in famiglia , sia con la madre che con la maestra ,il bambino è terreno d’incontro tra il proprio io ed il mondo delle regole e dei valori .
Cari lettori , spero non mi abbiate confuso , e se l’avete fatto , almeno nelle prima parte della mia comunicazione avete avuto le vostre buone ragioni , con la moltitudine di opinionisti che dalla pagine di qualsiasi quotidiano , o settimanale , o periodico , lanciano analisi al cielo senza pensare che è opportuno , se l’obiettivo è affrontare i problemi e non autocelebrarsi , formulare delle proposte . Come animatore di un gruppo di genitori , che si interrogano continuamente sul proprio ruolo , e su quello delle istituzioni , prime tra tutte la Scuola , mi sento di proporre alle famiglie anzitutto un dovere , che successivamente va tradotto in azione : la partecipazione .Alla Scuola mi sento di proporne un altro : il coinvolgimento .Vedete come si delinea , se ciò viene attuato , un terreno d’incontro e non di scontro , di sinergia e non di “ compartimento stagno “ , di vicinanza e non di distanza .La società attuale , e su questo ci sarebbe da discutere , anche se purtroppo la mia affermazione è vicina , troppo vicina alla realtà , vive una notevole assenza di valori . Il consumismo , i falsi miti , il qualunquismo , ci affliggono quotidianamente .E la responsabilità non è certamente da attribuire ai giovani, come qualche moralista facilone spesso fa da qualche pagina di quotidiano altrettanto moralista e facilone.
Appare chiaro come da una sinergia delle forza in campo , come scuola e famiglia , nella fattispecie , ma potremo aggiungerne altre , potrebbe scaturire un valido argine per i problemi della società .
Noi non vogliamo che i nostri figli “ sappiano far di conto “ , almeno non soltanto , ma pretendiamo dalle istituzioni e da noi stessi come famiglia che essi diventino cittadini del futuro , con un occhio a sé i e l’altro, più aperto e vigile , alla collettività , fondamento della società civile . Quindi alla famiglia si chiede di non delegare , di partecipare con proposte , critiche costruttive e mai distruttive ed interventi sinergici con le altre istanze educative . Alla Scuola si chiede di far partecipare le famiglie anche oltre i termini stabiliti dalle normative , perché modernità è anche stare un passo avanti all’attuale .
Come vedete il “ come “ è un foglio bianco , e qui sta il bello .
Tocca a tutti noi , insieme , riempirlo di gesti concreti."
Sento che nulla è cambiato, ma forse peggiorato.
La cosa buona è che, dopo dieci anni, ancora non mi sono arreso!

Insana sanità

Costituzione italiana: articolo 32. La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività.
In buona sostanza significa che la Repubblica, attraverso interventi operativi, politici, economici, garantisce ai cittadini il diritto alle cure. La Costituzione fa sessant’anni e ciò non accade, i terminali della Repubblica, ovvero chi governa in modo decentrato, ma mettiamoci pure chi deve eseguire il mandato, spesso dimentica questo sublime articolo.
L’insania è data dalla assoluta mancanza di tutela del cittadino di fronte alla malattia, evento spiacevole quanto ineluttabile.
File interminabili, Centri di prenotazione che propongono contatti diretti con i sanitari, se conosciuti, per “fare prima”, Medicina Generale poco disponibile alle visite domiciliari, Psichiatria matta, uffici ingolfati di medici a timbrare chissà cosa come fossero alle Poste Italiane, dove forse non timbrano più, prevenzione così complicata che il paziente preferisce rischiare la malattia che ammalarsi dietro a file, prenotazioni, arroganze perpetrate dai regnanti dello sportello, varie inefficienze… e chi più ne ha ne metta!
Ed allora senti cosa fo?
Tagliamo tutto!
meno le teste dei responsabili di questo sfascio, ben salde anche se poco funzionanti. Meno dei loro Primariati e Dirigenze, solide e trasferibili da qualsiasi parte. Meno dei loro solidi e robusti stipendi coccolati dalle Banche, perché buoni investitori.
Allora si chiudano pure gli Ospedali piccoli, le Guardie Mediche, forse unico presidio di prossimità per il cittadino, si taglino i fondi per la ricerca, si avvolgano gli operatori nel precariato, si buttino in mezza ad una strada i lavoratori in convenzione, si contraggano le Università…..tanto i Baroni restano,
Così non esistendo l’intervento non esisterà più la malattia, e l’unico ammalato, grave e incurabile, sarà la nostra Sanità!

mercoledì 7 gennaio 2009

è giunta l'ora?

Vi sfiora l’idea che le Associazioni servono all’immobilismo che ci affligge per dare un contorno di stimolo e partecipazione che di fatto non è significativa?
Altrimenti perché nella nostra Area non decollano tutte le azioni che possano facilitare lo sviluppo e l’occupazione?
Sarà la ndrangheta? Anche, ma esiste in noi una forma subdola di mafia che divora le iniziative come niente, che seda gli animi più propositivi e stabilizza le cose, quando invece ci vuole un terremoto.
Benvenuta Centrale a Carbone, se svegli un po’ le Associazioni che si gongolano sornione sui fasti di una innovazione più sublimata che reale.
In questa eterna comoda funzione di stimolo, agita da anni, sarà che è giunta l’ora di salire in sella, e non stare alla finestra a moralizzare su errori, orrori ed omissioni colpevoli e dolose?
Alla prossima Centrale….

giovedì 1 gennaio 2009

Buon Anno

Buon Anno, ma non retorico.
Non di pace, quando pace significa status quo. Non d'amore, quando l'amore è quello che sembra ma non quello che è.
Auguro a tutti i miei compaesani un anno di consapevolezza, magari anche scomodo. Un 2009 dove alle fiaccole venga sostituito il fuoco del cambiamento, attraverso processi reali e concreti.
Rendere consapevoli il contesto non serve se non si agisce concretamente.
Mi auguro e vi auguro di trovare la forza per costruire anche quando far ciò costa rinunciare ad un rancore.
Questo messaggio non è stato pubblicato altrove.
Mi dispiace, è stata gettata via una occasione di quella pace tanto abusata negli sms ma poco ambita nella realtà.
Buon Anno alla politica, che è la cosa più pulita del mondo purchè non la sporchino gli uomini. Anche alla nostra, quella locale, che ancora attende emergano giovani leve.
Buon Anno alla Chiesa, quella locale. Meno sagrati e più vicoli. E' questo il mio augurio.
A tutti quanti "gli impegnati" auguro loro di trasformare l'impegno "orale" in fatti. E' di questo che c'è bisogno e non di comode e soft battaglie culturali.
Buon Anno a me, che più tempo passa e più m'incazzo.
Mi auguro di non averne più bisogno.
Buon anno a tutti!