Aziende sanitarie e guardie mediche in esubero
Lunedì 29 Giugno 2009 09:22. fonte Strill.
di Enzo Vitale* - Oggi il lavoro non lo regala più nessuno: occorre che i giovani laureati se lo inventino o che sgomitino per addentarlo con la determinazione che solo pochi di loro hanno o, ancora,
che si accontentino di una precaria e mortificante sottoutilizzazione delle proprie competenze e professionalità. Colpa della crisi, certamente, ma anche di scelte universitarie sbagliate, di miraggi professionali, di miopi illusioni, di antiche frustrazioni familiari. Nel settore sanitario e nel Sud dell’Italia questa è una storia che dura da almeno sei lustri: a fronte di una cronica carenza di personale infermieristico qualificato (non certo di barellieri passati di qualifica o, peggio, di addetti alle pulizie promossi in corsia), le università hanno sfornato coorti di giovani medici solo parzialmente formati e comunque inevitabilmente destinati alla disoccupazione. È il mercato che detta le regole e che punisce i responsabili di scelte sbagliate o di aver intrapreso un percorso vocazionale non sufficientemente supportato. Ma quando il mercato lo fa la politica, allora tutto è possibile: si falsano le regole e, se il lavoro non c’è, lo si inventa. Ma questa non è un’invenzione produttiva, come quella di chi si industria per sbarcare il lunario in tempi di crisi e disoccupazione: è un’invenzione di lavoro parassitaria che spreme risorse pubbliche distogliendole da usi migliori, che ingigantisce o addirittura crea dal nulla bisogni inesistenti da soddisfare con assunzioni mirate. Una delle cause del dissesto della sanità calabrese, significativa di un certo modo fallimentare di operare al di fuori delle logiche di mercato, è stata la sistemazione clientelare di personale medico non qualificato in posizioni lavorative di malinconica sottoutilizzazione. Mi riferisco non solo alla creazione di reparti ospedalieri destinati a una desolante penuria di utilizzatori o agli inutili sdoppiamenti di divisioni, ma anche alla proliferazione incontrollata di quelle postazioni di guardia medica che oggi si tenta di sopprimere. I 17 funzionari e manager dell’Asl di Locri (chiamati dalla magistratura a risarcire il danno erariale prodotto nell’agevolare con trasferimenti mirati ancorché funzionalmente inutili 80 medici, già peraltro beneficiati di assunzione in postazioni di guardia medica numericamente potenziate ad hoc) sono solo la punta di un iceberg che rischia di far fare alla sanità calabrese la fine del Titanic. La disoccupazione medica non può pesare sulle tasche dei contribuenti con il mantenimento di posti di lavoro che non hanno una giustificazione di mercato: in tempi di crisi occorre tirar la cinghia e, come pagano sulle loro pelle altre categorie di lavoratori (magari meno griffate ma con la stessa dignità: il lavoro, qualunque esso sia, deve avere pari chance di essere difeso) così anche il lavoro medico deve ridimensionarsi su standard numerici più aderenti alle esigenze del mercato e adeguarsi alle reali possibilità di bilancio.
*Presidente Fondazione Mediterranea
è obbligo che a ciò si risponda.
Da operatore sociale, dilettante dell’informazione ed opinione,cittadino attivo, mi sconcerta quanto letto in serata dalle vostra pagine, ovvero la comunicazione del sig. Vitale, Presidente delle Fondazione Mediterranea.
Vorrei conoscere come si può inventare il lavoro, per un medico, a Reggio Calabria e provincia.
Occorrono le convenzioni per fare il medico di famiglia ed il pediatra, i concorsi per lavorare in ospedale, i cromosomi per potersi specializzare.
Chi non possiede tutto questo può soltanto indossar il camice e sfilare di fronte allo specchio!
Sono indeciso se ritenere le sua comunicazione fortemente e dolosamente offensiva nei confronti di chi dopo anni di precariato, come i sostituti di Guardia Medica destinati, dal primo luglio prossimo alla disoccupazione, a causa della mancata pubblicazione di zone carenti da parte dell’ASP da oltre dieci anni, oppure frutto di astrazione metafisica dal mondo reale che non determina una completa visione di un disagio causato da una classe dirigente pusillanime e rea di non aver programmato adeguatamente una risposta esaustiva ai bisogni dei cittadini.
Ricordo, al sig. Vitale, che le postazioni di Continuità Assistenziale alla loro chiusura otterranno soltanto l’aver annullato i livelli essenziali d’assistenza per alcune popolazioni, ridotto alla disoccupazione un numero considerevole di professionisti di mezza età, e delegittimato il ruolo dei Sindaci, ufficiali di governo in materia di Sanità.
E dello stresso Governatore.
Sulle tasche dei contribuenti pesa l’improduttività dei servizi, le miopi e profumate gestioni e gli imboscamenti dietro scrivanie di potere.
Non pesa il medico umile e disponibile che veglia quando tutti dormono.
La giustificazione di mercato è data da un rapporto infausto tra medico in servizio e pazienti, spesso oltre quanto stabilito dall’Accordo Collettivo.
Mi chiedo e le chiedo se la mortificazione dei servizi di prossimità, come la continuità assistenziale, già ridotti oltre i limiti dettati dal rispetto dell’art. 23 della costituzione, possa risanare la Sanità calabrese.
Ricordo che la cinghia la tireranno i disoccupati ed i pazienti ed insieme a loro i mercati, che lei cita. Sarà forse questa la strada per lo sviluppo della nostra area?
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lunedì 29 giugno 2009
parliamo dello stesso mondo, della stessa terra, di Reggio e provincia ?
ALBERTI, RINASCITA,SALUTE MENTALE
; mario alberti,
ASP 5,
Reggio Calabria
domenica 9 novembre 2008
c'è chi urla e chi no....
articolo 1: l'Italia è una Rupubblica fondata sul precariato.
Da tutte le parti arrivano urla di dolore. Urlano gli insegnanti precari che il decreto Gelmini rischia di escludere. Urlano i medici precari che dopo vent'anni di laurea vengono stritolati dai "piani di rientro".
Urliamo noi operai del sociale che da quattro mesi non vediamo una lira perchè figli di un Dio minore.
Mi dispiace, ma non sento urlare nelle Chiese, dove vige il silenzio rotto soltanto dai riti.
Non ho sentito le urla della nostra Chiesa, quella reggina, levarsi al cielo per l'imminente morte civile di centinaia di "pecorelle".
Il potere spirituale si distanzia da quello temporale? Speriamo, ma intanto è solo l'ennesima occasione persa!
Da tutte le parti arrivano urla di dolore. Urlano gli insegnanti precari che il decreto Gelmini rischia di escludere. Urlano i medici precari che dopo vent'anni di laurea vengono stritolati dai "piani di rientro".
Urliamo noi operai del sociale che da quattro mesi non vediamo una lira perchè figli di un Dio minore.
Mi dispiace, ma non sento urlare nelle Chiese, dove vige il silenzio rotto soltanto dai riti.
Non ho sentito le urla della nostra Chiesa, quella reggina, levarsi al cielo per l'imminente morte civile di centinaia di "pecorelle".
Il potere spirituale si distanzia da quello temporale? Speriamo, ma intanto è solo l'ennesima occasione persa!
ALBERTI, RINASCITA,SALUTE MENTALE
Chiesa,
Mario Alberti,
Reggio Calabria,
Religione
giovedì 30 ottobre 2008
LA FORBICE
Non vi nascondo di aver pensato di pubblicare il mio estratto conto on – line, per mettere in evidenza la situazione economica che in me, ed immagino in tantissimi colleghi dipendenti della cooperazione sociale, si è venuta a creare.
Il problema è sempre il solito, ovvero i ritardi nei pagamenti che l’ASP ha accumulato e che adesso si avvicinano ai quattro mesi.
Forse l’ultimo barlume di pudore o riservatezza, o forse speranza che da profondo rosso, in breve tempo si passi al rosso meno intenso,mi ha frenato.
Ma di fatto niente fa sperare che il colore diventi blu attivo!
Ecco i "nuovi poveri"!
Quando si parla di difficoltà economica, l’attualità ci impone di visualizzare la forbice più ampia che dal povero costituzionalmente riconosciuto, con reddito assente, va al ricco sempre più ricco.
Nel mezzo ci siamo noi, portatori di buon reddito virtuale, che in tempi meno pericolosi, non più di due anni fa, abbiamo contratto mutui, rate per l’auto nuova che ci permetta di prevedere un incidente avvolti dagli air – bag, palestre e lezioni di piano ed altre agiatezze.
Agiatezze, non lussi.
Agiatezze derivate da duro lavoro, intriso di responsabilità ed impegno, che adesso un portatore di reddito virtuale, se questo non diviene reale, come le rate ed i fidi bancari, non potrà più avere.
Adesso oscilliamo pericolosamente all’interno di questa forbice dal sapore di mannaia.
Ai lettori, qualora ce ne fossero, per dovuta conoscenza.
Il problema è sempre il solito, ovvero i ritardi nei pagamenti che l’ASP ha accumulato e che adesso si avvicinano ai quattro mesi.
Forse l’ultimo barlume di pudore o riservatezza, o forse speranza che da profondo rosso, in breve tempo si passi al rosso meno intenso,mi ha frenato.
Ma di fatto niente fa sperare che il colore diventi blu attivo!
Ecco i "nuovi poveri"!
Quando si parla di difficoltà economica, l’attualità ci impone di visualizzare la forbice più ampia che dal povero costituzionalmente riconosciuto, con reddito assente, va al ricco sempre più ricco.
Nel mezzo ci siamo noi, portatori di buon reddito virtuale, che in tempi meno pericolosi, non più di due anni fa, abbiamo contratto mutui, rate per l’auto nuova che ci permetta di prevedere un incidente avvolti dagli air – bag, palestre e lezioni di piano ed altre agiatezze.
Agiatezze, non lussi.
Agiatezze derivate da duro lavoro, intriso di responsabilità ed impegno, che adesso un portatore di reddito virtuale, se questo non diviene reale, come le rate ed i fidi bancari, non potrà più avere.
Adesso oscilliamo pericolosamente all’interno di questa forbice dal sapore di mannaia.
Ai lettori, qualora ce ne fossero, per dovuta conoscenza.
ALBERTI, RINASCITA,SALUTE MENTALE
Cooperative Sociali,
Mario Alberti,
Reggio Calabria
domenica 12 ottobre 2008
E se domani….
Tutte le cooperative sociali, l’Ospedalità privata, la diagnostica accreditata, i servizi sociali resi in convenzione, insomma tutte queste tipologie di servizi…..impossibilitate a pagare i dipendenti pur vantando crediti sufficienti per viver dignitosamente e continuare il servizio reso, chiudessero battenti, cosa accadrebbe nel nostro martoriato reggino?
Non ci vuole la palla di vetro per intravedere una serie infinita di posti di lavoro, penso almeno 1000, nutrire di nuova linfa la belva del disagio sociale.
Intorno a questi sfortunati cittadini esiste un mercato che si vedrebbe quantomeno contrarre i ricavi, dovuti all’assenza del potere d’acquisto. E se queste aziende chiudessero i battenti anche loro?
O nella “migliore” dell’ipotesi riducessero il personale? ( dietro ogni “riduzione” c’è sempre il dramma di un essere umano e della sua famiglia)
E l’utenza, vogliamo provare ad intravederla nella nostra famosa palla di vetro? Anzi, lasciamo stare la palla di vetro e guardiamoci attorno settore per settore.
File interminabili, intasamento dei servizi pubblici già congestionati di suo a causa dall’assenza del sillogismo produco - guadagno che invece alberga nei servizi privati, che per esistere devono necessariamente fornire standard elevati all’utenza.
I tre mesi canonici da CUP diventerebbero tre anni!
Ed il settore psichiatrico e della riabilitazione? Pensiamo alla chiusura dei servizi, con dimissione e relativa diaspora dei pazienti verso altri luoghi, generalmente fuori sede.
Vige in Calabria la gestione combinata dei servizi psichiatrici, che prevede l’aspetto riabilitativo affidato al terzo settore.
Se questo scomparisse, che servizio sarà reso ad una utenza “speciale” che non vive di solo pane e cure, ma anche di attività finalizzate alla socializzazione, alle abilità personali ed alla qualità della vita che per centinaia di anni gli è stata inibita?
E la riabilitazione, specie quella intensiva, magari rivolta a bambini in età pediatrica? A quali attese verrebbe sottoposta? Quanta disabilità non troverebbe risposta se non fuori sede, con ulteriori spese per la nostra Regione?
Qui si brucia il presente di tanti lavoratori, ed futuro di molti giovani costretti, guardandosi attorno, a scappare o a colludere.
Così combattiamo la mafia ed il malaffare? Così risaniamo lo sfascio? Producendone altro di portata cosmica. Una seria programmazione deve partire dalle eccellenza che si possiedono e non penalizzare le “voci deboli” del settore che per contro effettuano forse i servizi più qualificati ed efficaci.
e se domani fosse già oggi?
Non ci vuole la palla di vetro per intravedere una serie infinita di posti di lavoro, penso almeno 1000, nutrire di nuova linfa la belva del disagio sociale.
Intorno a questi sfortunati cittadini esiste un mercato che si vedrebbe quantomeno contrarre i ricavi, dovuti all’assenza del potere d’acquisto. E se queste aziende chiudessero i battenti anche loro?
O nella “migliore” dell’ipotesi riducessero il personale? ( dietro ogni “riduzione” c’è sempre il dramma di un essere umano e della sua famiglia)
E l’utenza, vogliamo provare ad intravederla nella nostra famosa palla di vetro? Anzi, lasciamo stare la palla di vetro e guardiamoci attorno settore per settore.
File interminabili, intasamento dei servizi pubblici già congestionati di suo a causa dall’assenza del sillogismo produco - guadagno che invece alberga nei servizi privati, che per esistere devono necessariamente fornire standard elevati all’utenza.
I tre mesi canonici da CUP diventerebbero tre anni!
Ed il settore psichiatrico e della riabilitazione? Pensiamo alla chiusura dei servizi, con dimissione e relativa diaspora dei pazienti verso altri luoghi, generalmente fuori sede.
Vige in Calabria la gestione combinata dei servizi psichiatrici, che prevede l’aspetto riabilitativo affidato al terzo settore.
Se questo scomparisse, che servizio sarà reso ad una utenza “speciale” che non vive di solo pane e cure, ma anche di attività finalizzate alla socializzazione, alle abilità personali ed alla qualità della vita che per centinaia di anni gli è stata inibita?
E la riabilitazione, specie quella intensiva, magari rivolta a bambini in età pediatrica? A quali attese verrebbe sottoposta? Quanta disabilità non troverebbe risposta se non fuori sede, con ulteriori spese per la nostra Regione?
Qui si brucia il presente di tanti lavoratori, ed futuro di molti giovani costretti, guardandosi attorno, a scappare o a colludere.
Così combattiamo la mafia ed il malaffare? Così risaniamo lo sfascio? Producendone altro di portata cosmica. Una seria programmazione deve partire dalle eccellenza che si possiedono e non penalizzare le “voci deboli” del settore che per contro effettuano forse i servizi più qualificati ed efficaci.
e se domani fosse già oggi?
ALBERTI, RINASCITA,SALUTE MENTALE
ASP 5,
Mario Alberti,
Reggio Calabria,
Terzo Settore
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