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mercoledì 21 maggio 2014

Giovanni e la legge sull'amore.....



Dodici anni fa partecipai ad alcuni incontri in un liceo della Locride con gli studenti, sul tema della disabilità. Fu una bellissima esperienza. Lo chiameremo Giovanni. Giovanni era affetto da una gravissima patologia invalidante, ma tutta la classe lo aiutava, sia spingendo la carrozzina, che dando voce o scrivendo ciò che egli sussurrava loro. Allora una ragazza si avvicinò e mi porse il fogliettino dettato da Giovanni. Ci stava scritto così “lei ci parla delle leggi che tutelano l'eguaglianza, i diritti delle persone disabili, l'inserimento scolastico, ma esiste una legge che ci possa permettere di essere amati ed accettati?”
Ovviamente no, caro Giovanni, non esiste una legge. La legge non interviene sulle emozioni, sui sentimenti, ma sui diritti, sul funzionamento. Risposi in sincerità, ed aprii una discussione, alla quale con maturità e coerenza parteciparono anche gli altri ragazzi, rassicurando Giovanni.
“Ma ti vogliamo già bene noi, che la vuoi una legge? “E via dicendo.
Una bellissima pagina di solidarietà, amore ed accoglienza fu scritta dei ragazzi del liceo della Locride (ovviamente non svelo oltre.)
Ne uscii fortemente gratificato.
Quel che non pensavo, adesso, dopo dodici anni, è che avrei ingannato Giovanni parlando del mio “latinorum”. Leggi, regolamenti, delibere.
Per pezzi dello Stato, adesso, sono solo carta straccia non utilizzabile né per farsi amare, menochemai, né per ottenere un diritto.
Niente, nulla, zero.
Non scrivo oltre. Il resto lo affido alla mia lotta quotidiana. Ma mentre scrivo, sento di doverti chiedere scusa, caro Giovanni.
I diritti, al mondo d’oggi, altro non sono che soggettive emozioni.

domenica 4 maggio 2014

Olio, Petrolio ed Acqua Minerale.....



Sui fatti di Roma, il dominio degli ultrà e la supervalutazione dei personaggi inquietanti che adesso sono agli “onori “della cronaca, tanto si è parlato. Non è opportuno né interessante per nessuno leggere il mio pensiero. 
Ma da queste libere pagine vorrei ricordare il calcio, il mio calcio, com’era e come non lo è stato più. Avevo ventidue anni e decisi di non giocare più con gli adulti, con i coetanei, in tornei organizzati. 
Violenza, acredine, dissapori, malumori di profilo personale.
Non assisto ad una partita di calcio, per scelta, dal 1985. A Melito, mancavano pochi minuti alla fine della partita, ed un avversario s'infortuna. Vero o falso l'infortunio, non so. Ma il calciatore ha commesso un grosso errore. 
Si è infortunato proprio sotto la gradinata degli agguerriti tifosi melitesi. 
Ad allora sputi, ingiurie, bottiglie di plastica, schifezze varie proprio da gente mite, serena e diciamo anche, a volte, vigliacca. La trasformazione che questi compaesani subirono, in tale occasione, mi sconvolse.
Era troppo per chi cerca nella palla rotonda un’occasione di svago. 
Allora con altri dissidenti, con i quali condividevo la gioia di stare insieme, formammo una squadretta che sfidava altri come noi. 
E ci divertimmo finché le vie della vita non ci separarono.
E mi ricordo con gioia quando, accompagnati da un tifo speciale, i miei ragazzini, ed a ventidue anni avere dieci/dodici ragazzini non è da tutti (ma questa è un’altra storia, e ve la racconterò dopo.) coniarono uno slogan: “olio, petrolio, ed acqua minerale, per battere Alberti ci vuol la Nazionale!!! “
Diciamo anche meno, molto meno, ci voleva per battermi, ma i ragazzini, i miei ragazzini, ai margini della vita, di essa invece avevano capito tutto. 
Avevano capito cos’era il divertimento e cos’era la violenza. Che sono due cose distinte e separate.
Ma loro, l’abbiamo scritto prima, sono e rimarranno un’altra storia.

mercoledì 8 settembre 2010

la partecipazione come strumento di cambiamento...


Prendo spunto da un dato recente che mi indice alla riflessione.
Viene stimato il numero di 84 mila disabili ed anziani non autosufficienti nella nostra regione. Di questi il 70% è rappresentato da persone anziane.
Il dato è aggiornato all’anno in corso ed apre alcune riflessioni.
Intanto il bisogno assistenziale che si innesta per salvaguardare l’ovvia esigenza, per fortuna garantita dalla carta costituzionale, di mantenere il proprio stato di salute intesa nell’accezione letterale, ovvero benessere bio – psico – sociale.
Quindi le finestre che si aprono sono immense.
Anzitutto vorrei evidenziare che il sistema parentale tanto enfatizzato nel nostro contesto spesso ricade sui carer di sesso femminile. Se da un lato la famiglia sostiene, anche se di meno rispetto al passato, il congiunto non completamente autosufficiente, altrettanto vero è che questo avviene a discapito dei sogni e della realizzazione di tante giovani donne che sfioriscono alterna dosi nei ruoli di madre e assistente.
Questo una società moderna non lo può permettere né tantomeno visualizzare soltanto la parte buona della vicenda.
Da questa parte buona, ovvero i principi di solidarietà ancora solidi nel contesto calabrese, bisogna partire per dare valore aggiunto ai sevizi e restituire la committente, la famiglia, il ruolo che le compete, ovvero di soggetto attivo nella verifica del sistema servizi.
Auspicabile sarebbe l’incremento delle Associazioni di familiari, ancora poco radicate sui nostri territori, che inevitabilmente agirebbero sul livello partecipativo.
Questo avverrebbe comodamente se si superasse la percezione di inutilità ed il disincanto che spesso, come cittadini, abbiamo nei confronti delle Istituzioni, che per la verità non fanno molto ad agevolare questo passaggio di fondamentale civiltà.
Possiamo quindi identificare nel meccanismo partecipativo la chiave di volta che occorre per snodare alcuni grovigli che non facilitano la riscossione di diritti fondamentali, come la cura e l’assistenza, da parte di molti soggetti deboli.
Posto ciò è necessario che gli Attori Istituzionali come gli Enti locali, competenti per i Servizi territoriali, guardino alle Organizzazioni Sociali ed all’Associazionismo familiare con fiducia e sentimenti collaborativi, oltre quanto sancito dalle normative di settore che quasi stanca ripetere.
D’altronde, giusto per citarne uno, l’art. 118 della costituzione afferma il principio di sussidiarietà, che è un principio regolatore basato sul concetto che le società di ordine superiore devono aiutare, sostenere e promuovere lo sviluppo di quelle minori, con esaltazione dei cosidetti corpi intermedi ( famiglie, associazionismo..) che vanno agevolate, anche finanziariamente, dallo Stato per lo svolgimento di una funzione sociale di cui posseggono adeguato know – how.
Affermato ciò invito a guardare tutti con ottimismo e benevolenza alla recente costituzione del Forum Distrettuale del Terzo Settore dell’Area Grecanica, inteso come catalizzatore di forze buone e professionali in grado di facilitare lo sviluppo del nostro territorio.
Questo attraverso l’esecuzione di buoni servizi alla persona, come quelli che già si fanno, di progettazione altamente professionale e di produzione di lavoro qualificato che nella nostra martoriata terra non risulta mai sufficiente.

sabato 27 marzo 2010

il cambiamento.....

Il grande giorno è arrivato..si contano le ore, si affilano le unghie per gli ultimi voti, quelli porta a porta.
Vecchi e giovani, sani e malati..vivi e morti.
Regionali…comunali,,la battaglia è uguale.
Stesse armi, stessi sistemi, stesse promesse, a volte, purtroppo, stesse facce.
Noi umili cittadini ci prepariamo agli ultimi assalti.
Chi a difendere la propria idea contro gli ammiccamenti ed il paternalismo dell’amico o del conterraneo, chi a difendere le proprie promesse per opportunità’…ma quale???
Promesse fatte a tutti, a tanti..a troppi.
Mi sento tranquillo.
Il vero amico capisce..il falso se ne va…le promesse, tanto sono sempre uguali.
Allora, cari candidati vecchi…vergognatevi.!
Con quale coraggio ci promettete le cose che non avere mantenuto prima!
Candidati tutti, nuovi e vecchi, ma vi sembra veramente che il popolo è totalmente bue?
Vi sembra possibile che tutti votano tutti? È un concerto per solo tromba….
Ricordatevi tutti che il popolo a volte si copre per non vedere…per non sentire…
Per non vedere i propri giovani andar via per non finire sfruttati, vessati e malpagati in un esercizio commerciale…magari appartenente a quelle stesse persone che si lamentano perché…c’è la crisi….
Per non vedere i propri malati a questuare raccomandazioni per ottenere una visita prima che li colga la morte…
Per non vedersi soffocati da un sistema che premia i lecchini e reprime i migliori, o i coraggiosi .
Quelli che fanno le “cose per bene…..”
Le “cosa per bene” sono diventate l’anormalità….la devianza….
L’accomodamento la norma.
Amici, guardate dritto verso la scheda elettorale..vedrete la vostra idea, qualsiasi essa sia, nascosta dei volti dei potenti.
Scostate questi volti arroganti e scrivete ciò che volete.
Ecco il cambiamento.

lunedì 4 gennaio 2010

Carbone no lavoro si

Non mi dilungo sulla nocività del carbone, altri meglio di me sono più abili a tracciarne gli effetti cancerosi sull’organismo e deleteri sull’ambiente circostante.
Che questi effetti possano ricadere sul territorio di Melito e Montebello, visto il pericolo non assolutamente scampato rispetto alla costruzione della Centrale, mi preoccupa e non poco.
Però mi fermerò a riflettere su un altro aspetto, che mi addolora come cittadino e mi detta la traccia da seguire come soggetto del terzo settore locale.
Quando si affacciò, qualche tempo fa, per la prima volta il progetto di costruzione della Centrale a Carbone nell’area di Saline, a braccetto con l’oasi faunistica,, da parte della SEI, multinazionale svizzera, con indubbi interessi locali, accadde un episodio.
Nella sua populista essenza semplice nei modi ma forte e tragico nei contenuti.
Alla prime proteste sul territorio, in particolare presso il paese di Saline, mi si avvicinò una donna, sfatta, disordinata, apparentemente di mezza età.
Forse giovane, forse no.
Come molte madri e mogli delle nostre parti.
Mi disse, in sintesi…il carbone fa venire il cancro, uccide dopo dieci, quindici anni.
Ma qui siamo senza lavoro.
Moriamo tutti i giorni.
Io voglio la Centrale se questa significa lavoro. Meglio morire occupati che vivere di stenti.
Il ragionamento non tenne conto di tante sfumature, prima tra tutte che il gioco non vale la candela.
Ma la drammatica comunicazione della madre senza età, ancora oggi attuale, ci sbatte in faccia la nuda e cruda realtà, ovvero cosa stiamo facendo, tutti, forze sociali, politiche, culturali, religiose, Istituzioni e quant’altro volgiamo mettere nel calderone, per produrre lavoro e sviluppo.
No, non ho cambiato idea, rimango fermamente contro la costruzione della Centrale a Carbone, nell’area di Saline, deputata alla distruzione e non al progresso.
Ma comprendo il dramma della donna disposta a barattare la vita con il lavoro.
Questa è la realtà con la quale dobbiamo fare i conti, ci piaccia o no.
E su questa realtà dobbiamo impiantare un NO alla Centrale condizionato e supportato da tutte le azioni di sviluppò ed occupazione che tutti dobbiamo ritenere obiettivo prioritario.
Affinché non ci sia più gente disposta a morire per una busta paga.

lunedì 24 agosto 2009

La buona politica

Cos’è la politica se non un servizio alla collettività.
Questa frase sembra stantia e retorica se non supportata dai fatti, che analizziamo .
Ma non vorrei cadere nella diatriba dimissioni si o no, maggioranza o minoranza, botte o scivolate
Melito in questo momento ha bisogno di altro.
Ha bisogno di rendersi conto che è un paese di 11.700 anime residenti, per il momento ancora vive nonostante gli insulti quotidiani delle metastasi cancerose, un numero sconosciuto di migranti e diversi domiciliati.
Afferiscono al paese, gira e volta, ventimila abitanti invernali.
L’estate lasciamola stare. È forse il momento che evidenzia ancor di più alcune croniche assenze, come quelle della Polizia Urbana.
Difatti il lungomare, teatro di migliaia di persone serali passeggianti, ogni sera all’apice dell’afflusso, è completamente incustodito.
La politica pensa alla sicurezza dei cittadini ed assume nuove unità, così dà anche lavoro.
Il lavoro permette di possedere reddito, spendere e facilitare il mercato asfittico e lamentoso di Melito.
La politica se non ha soldi li procura.
Le politiche comunitarie con tutte le facilitazione rivolte agli Enti Locali, ne sono un esempio.
Va fatta rete con gli altri Comuni, figli di una stessa mamma,e insieme programmare lo sviluppo di una Terra che ogni giorno, tutti, tradiamo con il nostro disamore.
Toto Seduto disse che il guerriero non uccide, ma pensa ai vecchi e soprattutto ai giovani, perché sono il futuro. Il welfare era lontano, ma il ragionamento intelligente.
Quindi la buona politica assiste gli anziani e sostiene i giovani.
In che cosa sostiene i giovani ?
Nella ricerca di un lavoro, di una casa se vogliono rendersi indipendenti, ne facilita le aggregazioni perché fanno cultura e producono cambiamento.
Ah..dimenticavo, la buona politica inizia da una buona e soprattutto responsabile scelta, ovvero chi decide di mettersi al servizio della collettività deve sapere che da quel momento diventa del popolo, deve adeguare il proprio contegno al ruolo, rappresentare tutti e lasciar perdere familismi, personalismi, veline, botte e vacanze.
Questo è il prezzo che si deve pagare per far buona politica.
Raccontatavi questa favoletta, alla quale però credo fermamente…tutti a nanna!

lunedì 29 giugno 2009

parliamo dello stesso mondo, della stessa terra, di Reggio e provincia ?

Aziende sanitarie e guardie mediche in esubero
Lunedì 29 Giugno 2009 09:22. fonte Strill.

di Enzo Vitale* - Oggi il lavoro non lo regala più nessuno: occorre che i giovani laureati se lo inventino o che sgomitino per addentarlo con la determinazione che solo pochi di loro hanno o, ancora,

che si accontentino di una precaria e mortificante sottoutilizzazione delle proprie competenze e professionalità. Colpa della crisi, certamente, ma anche di scelte universitarie sbagliate, di miraggi professionali, di miopi illusioni, di antiche frustrazioni familiari. Nel settore sanitario e nel Sud dell’Italia questa è una storia che dura da almeno sei lustri: a fronte di una cronica carenza di personale infermieristico qualificato (non certo di barellieri passati di qualifica o, peggio, di addetti alle pulizie promossi in corsia), le università hanno sfornato coorti di giovani medici solo parzialmente formati e comunque inevitabilmente destinati alla disoccupazione. È il mercato che detta le regole e che punisce i responsabili di scelte sbagliate o di aver intrapreso un percorso vocazionale non sufficientemente supportato. Ma quando il mercato lo fa la politica, allora tutto è possibile: si falsano le regole e, se il lavoro non c’è, lo si inventa. Ma questa non è un’invenzione produttiva, come quella di chi si industria per sbarcare il lunario in tempi di crisi e disoccupazione: è un’invenzione di lavoro parassitaria che spreme risorse pubbliche distogliendole da usi migliori, che ingigantisce o addirittura crea dal nulla bisogni inesistenti da soddisfare con assunzioni mirate. Una delle cause del dissesto della sanità calabrese, significativa di un certo modo fallimentare di operare al di fuori delle logiche di mercato, è stata la sistemazione clientelare di personale medico non qualificato in posizioni lavorative di malinconica sottoutilizzazione. Mi riferisco non solo alla creazione di reparti ospedalieri destinati a una desolante penuria di utilizzatori o agli inutili sdoppiamenti di divisioni, ma anche alla proliferazione incontrollata di quelle postazioni di guardia medica che oggi si tenta di sopprimere. I 17 funzionari e manager dell’Asl di Locri (chiamati dalla magistratura a risarcire il danno erariale prodotto nell’agevolare con trasferimenti mirati ancorché funzionalmente inutili 80 medici, già peraltro beneficiati di assunzione in postazioni di guardia medica numericamente potenziate ad hoc) sono solo la punta di un iceberg che rischia di far fare alla sanità calabrese la fine del Titanic. La disoccupazione medica non può pesare sulle tasche dei contribuenti con il mantenimento di posti di lavoro che non hanno una giustificazione di mercato: in tempi di crisi occorre tirar la cinghia e, come pagano sulle loro pelle altre categorie di lavoratori (magari meno griffate ma con la stessa dignità: il lavoro, qualunque esso sia, deve avere pari chance di essere difeso) così anche il lavoro medico deve ridimensionarsi su standard numerici più aderenti alle esigenze del mercato e adeguarsi alle reali possibilità di bilancio.
*Presidente Fondazione Mediterranea

è obbligo che a ciò si risponda.

Da operatore sociale, dilettante dell’informazione ed opinione,cittadino attivo, mi sconcerta quanto letto in serata dalle vostra pagine, ovvero la comunicazione del sig. Vitale, Presidente delle Fondazione Mediterranea.
Vorrei conoscere come si può inventare il lavoro, per un medico, a Reggio Calabria e provincia.
Occorrono le convenzioni per fare il medico di famiglia ed il pediatra, i concorsi per lavorare in ospedale, i cromosomi per potersi specializzare.
Chi non possiede tutto questo può soltanto indossar il camice e sfilare di fronte allo specchio!
Sono indeciso se ritenere le sua comunicazione fortemente e dolosamente offensiva nei confronti di chi dopo anni di precariato, come i sostituti di Guardia Medica destinati, dal primo luglio prossimo alla disoccupazione, a causa della mancata pubblicazione di zone carenti da parte dell’ASP da oltre dieci anni, oppure frutto di astrazione metafisica dal mondo reale che non determina una completa visione di un disagio causato da una classe dirigente pusillanime e rea di non aver programmato adeguatamente una risposta esaustiva ai bisogni dei cittadini.
Ricordo, al sig. Vitale, che le postazioni di Continuità Assistenziale alla loro chiusura otterranno soltanto l’aver annullato i livelli essenziali d’assistenza per alcune popolazioni, ridotto alla disoccupazione un numero considerevole di professionisti di mezza età, e delegittimato il ruolo dei Sindaci, ufficiali di governo in materia di Sanità.
E dello stresso Governatore.
Sulle tasche dei contribuenti pesa l’improduttività dei servizi, le miopi e profumate gestioni e gli imboscamenti dietro scrivanie di potere.
Non pesa il medico umile e disponibile che veglia quando tutti dormono.
La giustificazione di mercato è data da un rapporto infausto tra medico in servizio e pazienti, spesso oltre quanto stabilito dall’Accordo Collettivo.
Mi chiedo e le chiedo se la mortificazione dei servizi di prossimità, come la continuità assistenziale, già ridotti oltre i limiti dettati dal rispetto dell’art. 23 della costituzione, possa risanare la Sanità calabrese.
Ricordo che la cinghia la tireranno i disoccupati ed i pazienti ed insieme a loro i mercati, che lei cita. Sarà forse questa la strada per lo sviluppo della nostra area?