lunedì 30 marzo 2009

bisogna tornare a parlarsi

È mio carattere distanziarmi da ogni esagerazione, perché la reputo improduttiva.
A volte questa blocca ogni forma di comunicazione, esaspera le cose, le porta ad un punto irreversibile.
Devo anche dire che quando il piano è quello relazionale, ovvero un dialogo sereno, composto e ragionato, dove le parti si sforzano a comprendere e comprendersi, le cose prendono un'altra piega.

Sono contento stasera di aver sentito una persona con la quale le relazioni si erano incrostate a causa di detti e non detti, caratteri diversi e visioni soggettive.

L’occasione mi ha permesso di avvicinare i piani e le forma diverse di comunicazione.

Mi preme,per non scadere eccessivamente nel personalismo, ricordare a tutti le 12 barriere alla comunicazione, che in dettaglio sono queste:

1. DARE ORDINI, COMANDARE DIRIGERE
2. MINACCIARE, AMMONIRE, METTERE IN GUARDIA
3. MORALIZZARE, FAR PREDICHE
4. OFFRIRE SOLUZIONI, CONSIGLI, AVVERTIMENTI
5. ARGOMENTARE, PERSUADERE CON LA LOGICA
6. GIUDICARE, CRITICARE, BIASIMARE
7. FARE APPREZZAMENTI, MANIFESTARE COMPIACIMENTO
8. RIDICOLIZZARE, ETICHETTARE, USARE FRASI FATTE
9. INTERPRETARE, ANALIZZARE, DIAGNOSTICARE
10. RASSICURARE, CONSOLARE
11. INDAGARE, INVESTIGARE

12. CAMBIARE ARGOMENTO, IRONIZZARE
Ovviamente a tutti accade di attivarne qualcuna, l’importante è che si diventi consapevole delle conseguenze.
Detto questo….tutto è meglio del silenzio.

Quando la vita pesa

Troppo spesso, vuoi per richiedere attenzione vuoi per schiacciante disperazione si sceglie di concludere la propria vista, magari attraverso gesti eclatanti. Magari per mancanza di un lavoro stabile.
Forse ciò è accaduto anche dalle nostre parti.
Gli Enti e Le Associazioni si confrontano tutti i giorni con situazioni al limite, dove la sordità di molte Istituzioni ma anche l'imprevedibilità degli esiti fanno da cornice al potenziale dramma.
Sulla disoccupazione gli Enti tutti non possono invece pensare che "basta poco".
No..non basta poco, ci vuole il lavoro e la produzione dello stesso come principale obiettivo di tutti.
Anche il volontariato, se surroga la produzione del lavoro prestando opera gratuita e quindi impedendo l'emersione delle problematiche, di fatto alimenta la disoccupazione, pur partendo da altri principi.
I servizi ci devono essere e devono essere finanziati.
Il volontariato deve aggiungere valore a ciò.
Quando accade un suicidio per disperazione dovuta alla disoccupazione si riempiono pagine e pagine, pensando a quello che si poteva fare e non è stato fatto.
Spenti i riflettori tutto scorre come prima.
Spenti i riflettori rimane la disperazione.

martedì 10 marzo 2009

e le Stelle stanno a guardare!

Per l’ennesima volta abbiamo assistito alla distruzione della cosa comune, presso gli Istituti Scolastici del mio paese, Melito di Porto Salvo. 11.000 abitanti, tanti giovani, molto sociale, parrocchie e naturalmente parecchie scuole.
Da qui il rimbalzo mediatico, per la verità un pò retorico, ovvero la crisi della famiglia, i giovani senza valori, la scuola impreparata.
Nessuna voce si è levata per proporre un intervento reale che vada nella direzione del problema, ovvero chi educa questi giovani, come,che valori si trasmettono, che modelli e stili di vita...che coerenza... e soprattutto che fare per sistemare le cose.
La video sorveglianza è un problema di controllo, giusto ma conservativo del bene. Il giovane alla deriva come lo si aiuta?
Che la debolezza della famiglia sia fatto conclamato,è cosa nota.
Evidenziarne le cause e peggio ancora giudicare aspramente l’operato, è cosa inutile.
Anzi, inasprisce ancor di più la già viziata relazione con la Scuola.
Il rimpallo delle responsabilità non serve a niente, se non alla coscienza di chi non è disposto a mettersi in discussione.
La soluzione è ad altri livelli. O meglio, a livello operativo.
A Melito non esiste un servizio di sostegno rivolto a famiglie non patologiche, intendendo per ciò la presenza di una problematica conclamata in casa.
I problemi educativi vengo continuamente rimpallati, e tutti, dico tutti, dalle forze sociali alle Istituzioni, all'accadere del problema, convocano consulte, esprimono pareri.
Ancora stiamo aspettando il Forum dei giovani, dopo l'episodio di Antonino, ferito casualmente da mano stupida in occasione di una recita di fine anno.
Ancora aspettiamo che le Associazioni, dopo le coreografica fiaccolata a seguito di un danno all'auto di un bravo parroco, spingano per portare il problema all'interno delle istituzioni, in quel caso la Consulta alle Politiche Sociali.
Operativamente non serve il PON di francese o l'incontro con il Capitano dei Carabinieri quando non si è disposti ad intercettare i figli marginali, quelli che delinquono o che sono predisposti a ciò.
Operativamente il sociale deve proporre, l'istituzione deve accogliere ed anche finanziare buone proposte, perchè il volontariato è un valore aggiunto non un servizio gratuito, la famiglia deve essere messa nelle condizioni di poter esprimere i propri drammi, senza essere giudicata( cui prodest).
Questo è un blog. Il mio possibile intervento è un'altra cosa. E per questo problema sono già al lavoro.

domenica 8 marzo 2009

Facebook che fare?

Non sarà mica un luogo di perdizione, questa piattaforma sociale che comunque diverte. E sa lo fosse, comunque fa parte di una scelta.
Quanti dibattiti su facebook.
Il bene ed il male, come se esistessero così netti e demarcati!
Questo sistema di “comunicazione” di fatto diventa un linguaggio dove i giovani ed anche i meno giovani si incontrano sperimentando un nuovo codice.
È vero che questo sistema diventa alienante quando sostituisce la mimica, lacunosa, stentorea ma vera e reale comunicazione tra emittente e ricevente con modalità frontale.
Ma se vogliamo capire e capirci, dobbiamo sperimentare linguaggi nuovi.
Quindi va bene facebook e senza paura approcciamoci al nuovo.
Il medioevo è passato da un pezzo!

Perché non il nove marzo, ed il dieci e via tutto l’anno?

Sta per finire la domenica delle donne! Domani è un altro giorno. Appunto lunedì…e tutto torna degli uomini.
Allora riflettiamo quanto conta il rito nella nostra vita, oppure il ritorno delle decisioni e dei fatti. Ancora oggi donne rinunciano al lavoro per la famiglia, come se fosse un biblico sacrificio da perpetrare.
Tutt’ora non esiste nel nostro circondario, piuttosto vasto per la verità, un sindaco donna.
Cosa ci dice tutto ciò?
Forse che i passi per la perequazione sono ancora lunghi, per quanto avviati.
Forse maggiore sostegno andrebbe rivolto alle donne “madri di famiglia” per la loro realizzazione lavorativa e formativa?
Allora usciamo dal rito dell’8 marzo, dedicato comunque ad una tragedia causata da una giusta rivalsa, e facciamo di tutti giorni un 8 marzo, dedicando alle nostre donne non solo un giorno da leoni ma tanti giorni d’impegno per una società più giusta.