domenica 6 settembre 2009

Il linguaggio comune parla ancora una lingua diversa

Non voglio assolutamente ridurre l’importanza del convegno del 5 settembre, a Bagaladi. Abbiamo operativamente tracciato una pista da seguire da oggi in poi. Personalmente ho scoperto una realtà viva, quella di Bagaladi, dove fervono giovani idee e notevoli iniziative, non ultima quella di ragionare sui Servizi alla persona.
Quello che mi è mancato, ieri, è stata l’Area.
L’assenza di alcuni Enti Locali è pesata.
Da domani Bagaladi e Melito parleranno il linguaggio comune nei servizi alla persona, ovvero attiveranno progettazione, mappatura del terzo settore, attivazione delle risorse umane ed economiche, censimento dei bisogni e sportello unico d’acceso e programmazione.
E gli altri?
Continueranno a ragionare sotto il campanile o dovremmo attivare un sistema di comunicazione e rete, anche grazie ai convenuti di pregio, come Melito che è capofila e sede di distretto, e la Comunità Montana.
Magari perdendo un pò di tempo non preventivato.
Ecco la scommessa.
Convincere anche gli assenti della necessità che parlare una koinè in questo settore vuo dire civiltà.
Se da domani attivassimo i servizi alla persona in modo capillare, come richiede il territorio, oltre sulla diffusione del benessere potremmo intervenire anche sul versante occupazionale, che poi è buona politica.
L’Azienda Sanitaria Locale non è stata presente e va coinvolta.
Contro una logica pregressa di compartimenti stagni che ha creato queste differenza sostanziali tra territori sia in termini di opportunità di servizio che occupazionali.
L’odissea della famiglia che gira per l’area, cambiando residenza in cerca di un servizio che possa rispondere adeguatamente ai bisogni del proprio figlio con disabilità, ci urla addosso e parla il linguaggio della sofferenza.
E ci chiede di chinare il capo per rialzalo soltanto al momento dell’impegno.

mercoledì 2 settembre 2009

5 settembre 2009, pomeriggio, a Bagaladi, si ragiona come programmare i servizi alla persona nell’Area Grecanica.

Spesso quando si promuove un evento convegnistico la prima reazione è negativa, ovvero monta su una percezione di fumo e chiacchiera ( chiacchiere e tabaccheri di lignu…) che avvolge l’evento di un’aura negativa e disfattista.
Forse eventi fumosi ce ne stanno, ma è sempre bene agire la conoscenza in luogo del pregiudizio. L’evento di sabato 5 settembre prossimo è, francamente, diverso. Perché?
Perché si incastona in un momento proattivo per i servizi sociali calabresi, in quanto il Piano Sociale regionale è all’approvazione in Consiglio. Ma ce ne dobbiamo ancora rendere conto.
Il convegno di sabato permette agli attori sociali di confrontarsi operativamente con gli attori istituzionali, che poi è l’essenza normativa.
Tutto questo per fare buoni servizi che rispondano ai bisogni sociali del cittadino.
È buono il momento di sabato perché dal lunedì successivo si può programmare.
Perché i cittadini devono conoscere i propri diritti e comprendere che il lavoro sociale è cambiato, nel senso che da una logica buonista volontaristica si è passati, per fortuna, ad un sistema organizzato e professionale.
Che dà lavoro perché senza lavoro si genera lo stesso disagio che vogliamo combattere.
Vi fareste mai operare da un medico la cui qualità conclamata è soltanto quella di essere un buon ragazzo e magari un pio uomo?
Lo stesso sistema di garanzia va richiesto nell’affidare il nonnino all’assistente domiciliare o il parente disabile all’accompagnatore.
Lo stesso devono fare gli Enti locali quando affidano i Servizi.
È buono il convegno di Bagaladi perché farà rete tra i Comuni , i cittadini e le Associazioni, dando il giusto protagonismo ad un Ente locale periferico ma carico di storia e di iniziative.
Oltre che di brava gente e buoni amministratori, compresi gli assenti che hanno tracciato la scia..
A volte partendo dall’esterno si arriva al cuore del problema.
Ed è esattamente quello che mi aspetto, sabato 5 settembre, alle ore 16.00, a Bagaladi, Provincia di Reggio Calabria.

lunedì 24 agosto 2009

La buona politica

Cos’è la politica se non un servizio alla collettività.
Questa frase sembra stantia e retorica se non supportata dai fatti, che analizziamo .
Ma non vorrei cadere nella diatriba dimissioni si o no, maggioranza o minoranza, botte o scivolate
Melito in questo momento ha bisogno di altro.
Ha bisogno di rendersi conto che è un paese di 11.700 anime residenti, per il momento ancora vive nonostante gli insulti quotidiani delle metastasi cancerose, un numero sconosciuto di migranti e diversi domiciliati.
Afferiscono al paese, gira e volta, ventimila abitanti invernali.
L’estate lasciamola stare. È forse il momento che evidenzia ancor di più alcune croniche assenze, come quelle della Polizia Urbana.
Difatti il lungomare, teatro di migliaia di persone serali passeggianti, ogni sera all’apice dell’afflusso, è completamente incustodito.
La politica pensa alla sicurezza dei cittadini ed assume nuove unità, così dà anche lavoro.
Il lavoro permette di possedere reddito, spendere e facilitare il mercato asfittico e lamentoso di Melito.
La politica se non ha soldi li procura.
Le politiche comunitarie con tutte le facilitazione rivolte agli Enti Locali, ne sono un esempio.
Va fatta rete con gli altri Comuni, figli di una stessa mamma,e insieme programmare lo sviluppo di una Terra che ogni giorno, tutti, tradiamo con il nostro disamore.
Toto Seduto disse che il guerriero non uccide, ma pensa ai vecchi e soprattutto ai giovani, perché sono il futuro. Il welfare era lontano, ma il ragionamento intelligente.
Quindi la buona politica assiste gli anziani e sostiene i giovani.
In che cosa sostiene i giovani ?
Nella ricerca di un lavoro, di una casa se vogliono rendersi indipendenti, ne facilita le aggregazioni perché fanno cultura e producono cambiamento.
Ah..dimenticavo, la buona politica inizia da una buona e soprattutto responsabile scelta, ovvero chi decide di mettersi al servizio della collettività deve sapere che da quel momento diventa del popolo, deve adeguare il proprio contegno al ruolo, rappresentare tutti e lasciar perdere familismi, personalismi, veline, botte e vacanze.
Questo è il prezzo che si deve pagare per far buona politica.
Raccontatavi questa favoletta, alla quale però credo fermamente…tutti a nanna!

domenica 23 agosto 2009

Benvenuti italiani d’Africa

Un paio di anni fa feci una piccola vacanza, giusto qualche giorno, in Sicilia.
Nel mio tour mi recai a Porto palo, in particolare all’Isola delle Correnti, suggestiva lingua di sabbia tra il cielo ed il mare. Si passeggiava in acqua, bassa e calda, con l’orizzonte esteso.
È il punto più a Sud della Sicilia e per ovvi motivi rotta di speranza e fuga da parte di chi cerca, disperatamente per sé e per la propria famiglia, quel benessere e quella sicurezza che non possiede in terra propria.
Nessuno vorrebbe lasciare i propri luoghi.
Questo è certo.
Se non fosse costretto dalle circostanze.
Dalla mia vacanza alla loro sofferenza il passo è breve.
Da quella rotta sono passati migliaia di migranti. Morti insepolti derivano in quelle acque che sembrano raccontare le loro storie ogni sciabordio d'onda.
Che sono le nostre storie quando sui ponti delle navi stracolme andammo in America, sui treni post bellici andammo in Germania e Francia, o più familiarmente in Lombardia e Piemonte.
Noi come voi.
Non dimentichiamolo e mettiamo da parte quella intolleranza becera e conservatrice di uno status spesso creato grazie a quei migranti nostrani del primo novecento.
La nostra isola delle correnti era l’Oceano e l’Europa.
Benvenuti italiani d’Africa.
E scusate la nostra corta memoria.
Accade quando passa tanto tempo ma quando soprattutto si sta discretamente o peggio ancora si fa quasi intendere che i problemi derivano da qualche bocca in più da sfamare, o qualche tessera sanitaria da emettere gratis per “il marocchino”.
E’ l’effetto del tempo e della cattiva politica.
Ma questa è storia aperta.

giovedì 20 agosto 2009

il primo passo

Ogni cammino inizia con un primo passo.
Quindi non scoraggiamoci se di fronte “vediamo distante la meta”. Sembra ma a volte è già una meta partire.
Non voglio riflettere su quanto si sta già riflettendo. Mi riferisco ai recenti accaduti che ci vedono sotto i riflettori… e non in positivo.
Ma vorrei invece riflettere sul nostro paese, oltremodo strano.
La cosa che mi colpisce in particolare è la tolleranza, ovvero quell’atteggiamento comune e costante che consiste in minimizzare accaduti anche gravi, annoverandoli nel calderone della normalità.
Ed insisto, non mi riferisco alle vicende eclatanti, sulle quali è anche facile oltre che legittimo esprimere una valutazione. Bensì faccio riferimento a vicende altrettanto gravi, sulle quali nessuno si sofferma.
Provo ad indicarne una, ed unica rimarrà per oggi in questa mi riflessione.
Vi siete mai chiesti se una persona con disabilità fisica, o ridotta mobilità, vorrebbe assistere ad un Consiglio Comunale?
Risparmiamo la battuta scontata, ovvero - ma chi gliela fa fare - e supponiamo ( ma è così) , che voglia scegliere se farlo o no.
Ebbene, non può avere accesso al piano secondo, dove si trova l’aula consiliare in quanto l’ascensore non funziona, non esiste, non si sa e soprattutto non gliene frega a nessuno.
La nuova sala convegni di Via del Fortino presenta l’ascensore non disponibile e quindi lo stesso problema.
Tutto in deroga forzata alle norme di riferimento. Ma non è neanche questo che mi preoccupa. Mi preoccupa il fatto che nessuno affronti la cosa forse considerandolo un problema di nicchia.
Ma tutti, domani, potremmo trovarci in quell’anfratto.
Non l’affrontano gli Amministratori, cui abbiamo delegato l’ottimale governo del paese, ma non l’affrontano i cittadini, i preti, le associazioni, la mafia, i buoni,i cattivi, la polizia, gli sportivi.
Niente e nessuno.
Tutto normale.
Peggio per te che se un uomo a rotelle! Non vorrai mica partecipare alla vita politica, o diventare consigliere?
Oggi ho assistito ad un incontro tra giovani che stanno fondando una associazione culturale di partecipazione attiva ed inclusione sociale.
Ce li troveremo spesso tra i piedi.
Li ho sentiti liberi, autonomi, indipendenti, arrabbiati e decisi sui diritti altrui e sul senso della vera solidarietà, fattiva e non “pelosa”.
Oggi sono tornato a casa ottimista anche se veramente mi basta poco. Oggi sento che è stato fatto “il primo passo” per un cambiamento.

giovedì 6 agosto 2009

Le voci dalla collina

Solo qualche settimana fa ,rientrando da un’altra Regione, mi accolgono impietosi i necrologi di un amico, un compagno di scuola.
Un compagno di sogni, old Melito anni ottanta, vecchio Liceo dalla stretta scalinata, dove tutto sembrava a portata di mano,anche i desideri.
Proprio sotto la collina di Melito, la nostra Spoon River, mi hanno accolto file di saluti che tutti ti hanno rivolto, caro compagno, si può ancora dire…di paure, ansie e desideri.
Caro compagno che non ti ho visto né malato né spento.
Triste privilegio.
Quante voci dalla collina…adesso anche la tua.
Se passi di sotto, in questi giorni roventi li puoi sentire. Loro, i morti nella norma, sussurrano ed il vento porta le loro voci.
Troppe e tante, giovani, uomini e donne, bambini e ragazzi. Loro,i morti nella norma.
Figli di una cellula impazzita che si moltiplica all’infinito devastando ciò che trova, dentro di noi.
Ma noi non siamo solo cellule, ma pensieri, progetti, figli..
Tutto questo una sola cellula devasta senza pietà.
Anche lei una cellula nella norma.
Che uccide nella norma.
Adesso chiedo, preoccupato, chi sarà il prossimo ad essere colpito dalla devastante pallottola del male.
Male del secolo o male di Melito? Niente allarmismo prego! Meglio ammalarsi tranquilli.
Bussa alla porta la Centrale a Carbone, che bypassa i Comuni tramite un decreto Regionale che di fatto suona come esercizio di poteri sostitutivi.
Progresso prego….. ed occupazione!
Le nostre morti per tumore sono nella media, ma se contassimo solo quelle della nostra Area ( intendo da Bova Marina a Montebello Ionico)?
Queste le scelte che i “melitesi svegliati” ( pochi) e quelli ancora da svegliare ( troppi) sono chiamati ad affrontare bandendo la passività.
Anche questo si sente urlare dalla collina…..

I grandi assenti

Incontrando dei giovani, nei giorni scorsi, sono stato indotto ad una riflessione.
Quante assenze contiamo nella vita.
Quante persone ci lasciano ma nello stesso tempo “piantano” una traccia d’impegno nella quale ci accodiamo come nella scia di un tir, in autostrada, per continuare a sorpassare tranquilli.
Ecco, bisogna continuare a sorpassare tranquilli, nel mondo del sociale, dell’aggregazione, dei servizi alla persona.
La scia c’è…e si vede.
Che ci fai qua, chiesi in sogno ad una persona che aveva lasciato questa terra solo qualche ora prima.
Si sedette accento a me, paziente come sapeva fare, credente nei confronti di un ateo, per quanto illuminato, e mi disse – sono qui per continuare ad organizzare con te i servizi per la persone in difficoltà, a convincere i politici che devono sostenere adeguatamente i nostri progetti, insomma , a tracciare la scia.
Un altro assente, soltanto qualche mese prima, mi disse – non ho mai lavorarono con voi, ma mi piacerebbe farlo –
Aveva appena finito di urlare al mondo che i lavoratori del sociale vanno adeguatamente retribuititi e i servizi vanno preservati.
Lui non ha avuto tempo…per lavorare con me, ma ha tracciato una scia tanto visibile che si accodano in tanti, un paese intero.
Sono comete ma non meteore, perché non passano e vanno oltre la morte, nell’universo dei giusti che diventano immortali per le loro opere.
Ecco quello che ho deciso di fare…mentre seguo la scia ne traccio un’altra…tanto da far sì che qualcuno, poi, la segua.
Ciao Angelo ed Albina, il mio impegno è il vostro luogo.