martedì 31 agosto 2010

la mia lettera ai Sindaci dell'Area Grecanica...


Attraverso una missiva, il Presidente del Forum Distrettuale, Mario Alberti, ha informato i sindaci del Distretto Socio Sanitario di Melito sulla costituzione di detto organismo avvenuta nello scorso giugno 30/6.2010, che ha sede presso il Centro Giovanile “Padre Rempicci” in Condofuri Marina.
Nella missiva Alberti ha enunciato i principali obiettivi del Forum, ovvero l’attivazione l’implementazione e la valorizzazione dei processi di conoscenza, scambio e collaborazione tra le diverse Organizzazioni, attraverso lo scambio di idee, proposte, esperienze, per sostenere sul territorio il Terzo Settore dell’Area Grecanica, valorizzando ovviamente l’attitudine delle Organizzazioni che ne fanno parte.
Il Forum, prosegue Alberti, ha intenzione di collaborare per un progetto comune di crescita culturale, morale, civile, sociale ed economica della comunità. Questo anche rappresentando gli interessi, le istanze ed i valori comuni delle Organizzazioni del Terzo Settore nei confronti di Istituzioni, forze politiche ad altre organizzazioni economiche e sociali;
il Forum non è un sindacato, ma un oggetto attivo nella ricerca dei principi di trasparenza e legalità in tutti i settori della vita pubblica ed intende impegnarsi contro qualsiasi forma di esclusione sociale e discriminazione sostenendo lo sviluppo del terzo settore, dell’associazionismo, dell’impresa sociale e di ogni altra forma di imprenditoria non lucrativa
Di conseguenza la Presenza del Forum Distrettuale va vista come un nodo fondamentale per la costruzione di un processo di permanente di “social governance” al fine di implementare costantemente una metodologia di lavoro condiviso .
Non si può affermare che di un impulso, nel settore in oggetto, il nostro territorio non abbia bisogno. I Piani di Zona non decollano ed i servizi sociali ed alla persona risentono di fattori frenanti come un evidente non aggiornamento della mappa dei bisogni e soprattutto una sostanziale differenza di opportunità tra comuni comunque afferenti allo stesso distretto socio -sanitario.
Il terzo settore locale raramente è stato messo in condizione di poter apportare significativamente il proprio contributo nei contesti formali stabiliti per legge.
Questo, secondo Alberti, ha generato un percorso di stasi nei Servizi Sociali territoriali, anche legato alla carenza progressiva di risorse economiche.
Il presidente conclude la missiva chiedendo, secondo quanto stabilito dalle normative di settore, ovvero legge 328/00 nonché L.R. 23/03, piuttosto che dalle specifiche Delibere di G:R. o circolari medesimo Settore, di essere invitato a rappresentanza del Terzo Settore Distrettuale nei tavoli di concertazione, consultazione, co -progettazione e programmazione od ove la normativa ne stabilisce la presenza.

domenica 4 luglio 2010

giù le mani dai servizi sociali...

La nota di Federico, su Strill, non fa che accrescere la mia preoccupazione.
Appunto perché proviene da un comune piccolo e senza dubbio di non significativo introito fiscale.
Nell’Area grecanica esistono tanti comuni come Bagaladi, caratterizzati da quello che il Sindaco Federico Curatola ha espresso.
Non voglio fare il disfattista, perché non lo sono, ma tutto si orienta verso l’ennesima contrazione dei servizi alla persona. E ne spiego il perché.
Intanto i bisogni provengono da persone spesso senza voce, caratterizzate da debole portata sindacale.
I loro bisogni vanno intercettati. Quindi se non li intercetta nessuno questi bisogni non esistono.
È facile tagliare ciò che non esiste.
Non dimentichiamo che nell’ Area grecanica quasi la metà dei Comuni non ha assistente sociale e quindi da punto di vista tecnico questi comuni sono assolutamente scoperti.
Chi da voce a chi non ha voce?
Il sociale viene ancora considerato una costola dell’assistenzialismo volontaristico.
Perché finanziare un’azione che si dovrebbe alimentare con lo slancio degli uomini di buona volontà. Non è così da almeno vent’anni, per fortuna.
I servizi sono e devono essere professionali, quindi correttamente retribuiti e nello stesso tempo effettuati da persone con le dovute e certificate competenze.
Che costano perché valgono.
Veniamo alle possibili risoluzioni, omettendo quelle che speriamo gli Enti Locali metteranno in campo a livello istituzionale.
Anzitutto quando si riducono le entrate, devono ridursi anche le uscite. Va tagliato il superfluo.
Non i servizi sociali, che sono di prima necessità, piuttosto qualche festa di paese, che può effettuarsi in tono minore, adatto al clima austero, qualche artista a la page , qualche manifestazione di “pennacchio”.
In cambio più servizi alla persona, che portano benessere e, per quanto debole, anche occupazione.
Nessun ente locale si è accorto che i tagli alle Politiche Sociali sono iniziati da almeno tre anni, in modo progressivo, anche se silente.
Anche questo è conseguenza logica di una programmazione assolutamente debole, non concertata con il terzo settore locale e quindi svuotata di aderenza con il territorio ed con i reali bisogni della gente.
Una buona ricetta risiede anche nel consolidamento della rete socio -istituzionale.
Cogliendo nello specifico la nota del sindaco di Bagaladi, le forze sociali saranno senz’altro al suo fianco per lottare congiuntamente a favore dei bisogni del territorio.

venerdì 18 giugno 2010

la sostanza e l'apparenza

la "protesta" di giovedì 17 giugno, effettuata dalla cooperativa Rinascita, per portare all'attenzione dei cittadini di Melito, soprattutto del primo cittadino, il disagio economico dovuto ai ritardi del pagamento delle prestazioni effettuate, non può che lasciare l'amaro in bocca.
E ne spiego le ragioni.
Ragioni di sostanza e non d’apparenza.
Ovviamente senza entrare in merito alle somme contestate al Comune di Melito, soggette a diversa visione da parte dello stesso Ente Locale.
Saranno altri e con "carte alla mano", le stesse che hanno generato la somma espressa in tale frangente da due coraggiosi dipendenti della cooperativa, a dirimere la questione.
Il problema è un altro ed a mio avviso più grave.
Intanto la problematica va ben al di là di un mercanteggiare una somma oggetto di dubbi.
Su questo è stata fatta, troppa eccessiva enfasi.
Non sempre ciò che appare è. Anzi quasi mai.
La sostanza è che non ritenersi responsabili di un disastro in quanto portatori di un’insolvenza relativa, pur ancora oggetto di dubbio, rispetto a ad altri committenti, leggi ASP 5 di Reggio Calabria , non giustifica la stessa insolvenza.
L’angolatura non deve essere rappresentata dal binomio mi giustifico e poi attacco, ma ascolto e poi mi alleo.
Questo, caro Sindaco, è mancato totalmente.
Mi sarei aspettato una promessa di verifica sulle somme, che non c’è stata, un affiancamento nella lotta contro un apparato pubblico che genera lo stesso disagio, e non c’è stato.
Non mi sarei aspettato certamente un’impari contestazione, con funzionari a fianco, verso sessanta lavoratori giustamente sprovvisti di “prove provate”, se non altro perché giunti nella casa di cittadini per ricevere risposte e non attacchi.
A breve, se le somme promesse verranno erogate, Rinascita pagherà ai dipendenti il mese di gennaio. Quindi per noi l’anno nuovo inizia adesso.
Questa è la sostanza.
http://www.melitotv.it/index.php?option=com_seyret&Itemid=14&task=videodirectlink&id=453

sabato 12 giugno 2010

e li chiamano matti....


Nel 1978, dopo un decennio ed anche più nel quale il Movimento di psichiatria democratica affermò una nuova concezione della malattia mentale, vene promulgata la famosa legge n.180.
La stessa, qualche mese dopo, divenne parte integrante delle legge che riordinò il Servizio Sanitario nazionale fino al momento francamente confuso e corporativo, la n.833.
Anno 1978. Trentadue anni fa.
Ma oggi come siamo messi nell’applicazione di una normativa che fu rivoluzionaria?
La persona con disabilità non più soggetto deviante da internare, a vantaggio della società tutta ( concetto di Franco Basaglia) piuttosto persona ammalata da curare.
E dove? Non più nei manicomi ma in ospedale per le acuzie come tutti i malati e nel territorio per il reinserimento sociale.
Che rivoluzione.
Ma dopo trentadue anni come vengono considerate le persone affetta da patologia psichiatrica. Ancora matti e non v’è dubbio. Perché?
Perché il territorio è uno sconosciuto, il welfare crolla dietro i colpi dei Piani di Rientro di spese esagerate generate dalla stessa casta che adesso risparmia sulla pelle dei più deboli, perché, almeno giù da noi, pochi conoscono le potenzialità di una persona con disabilità psichica.
Sapete che potenzialità possiede un disabile mentale?
Nessuna e tutte. Esattamente come te e come me….
E se invece di una patologia psichica il nostro amico avesse una gastrite cronica o l’artrosi ci porremmo il problema di cosa sa fare, di come si relaziona, di come si veste, se potrà mai amare…
Penso di no.
Basaglia scriveva così: “ Ogni volta che affronto il problema della psichiatria mi sento sempre più confuso. Tendenzialmente la psichiatria è sempre oppressiva , è uno strumento di controllo sociale , ed a partire da questo punto di vista l’assunto diviene più complesso . La psichiatria nacque come elemento di liberazione dell’ uomo , se ricordiamo Pinel liberò i folli dalle prigioni , ma infelicemente li rinchiuse in un'altra prigione , il manicomio . Dopo Pinel , se esaminiamo la storia di tutta la psichiatria , spiccano soltanto nomi di grandi psichiatri , e dei malati rimangono solo le etichette , come isteria , mania , schizofrenia , astenia , ecc.ecc.
La storia della psichiatria è la storia degli psichiatri, e non dei malati , e questo tipo di situazione ha legato indissolubilmente il malato al suo medico , creando una situazione di dipendenza dalla quale il malato non poté più liberarsi “ .
Ancora oggi è così e forse peggio perché non abbiamo superato gli OPG ( Ospedali psichiatrici Giudiziari) che per legge non sono Sanità, ma Giustizia, perché i gruppi di convivenza autonomi sono ancora una chimera, perché i Centri Diurni rimangono fantascienza e non ultimo perché contraendo i costi si intaccano principi quali la riabilitazione che sono prodromi ad un vero e proprio reinserimento nella società per il disabile mentale.
I servizi domiciliari psichiatrici a sostegno delle famiglie sono deboli, carenti e centrati prevalentemente sull’aspetto sanitario puro.
Questo è quanto e non possiamo dormire sonni tranquilli.
A proposito, vi domanderete cosa c’entra il veliero?
È fatto con migliaia di stuzzicadenti messi insieme con dovizia e metodo.
Lo ha creato una persona affetta da patologia “speciale”, al quale auguro di alzare le vele verso l’autonomia ed il benessere, ovvero la vita.
E poi…. li chiamano matti…

lunedì 7 giugno 2010

Forti con i deboli e deboli con i forti



Si continua a registrare purtroppo, per quanto riguarda la problematica pagamenti delle cooperative ed associazioni in convenzione con l’Azienda Ospedaliera di Reggio Calabra, la solita insolvenza.
Le prestazioni nel campo psichiatrico sono svolte efficacemente e puntualmente dalle cooperative, lo stesso non si può dire dei pagamenti delle fatture, che l’ASP di Reggio non esegue con la corretta puntualità.
L’ultima fattura pagata da parte dell’Asp 5 è stata quella relativa al mese di dicembre 2009.
I mesi di ritardo a questo punto sono cinque, e corrispondono esattamente al credito che i soci e dipendenti vantano nei confronti della cooperative convenzionate.
Ovviamente se l’ASP non onora le prestazioni svolte con la fatturazione puntuale, le cooperative non si trovano in condizione di poter pagare i dipendenti.
Il servizio viene però effettuato con la solita professionalità e puntualità..ma fino a quando?
Fino a quando delle persone “fuori dal mercato” , in quanto economia debole nonostante la professionalità e la formazione posseduta, potranno reggere questo sistema?
Che è già al collasso.
È un problema annoso e sempre più aggravato dal lassismo delle Istituzioni che non intendono affrontare la problematica se non proponendo tagli, dai quali puntualmente le stesse rimangono fuori a conservare un privilegio di casta sempre più evidente.
È facile contrarre il debito, che non abbiamo certo generato noi cooperatori, non pagando le prestazioni.
Forti con i deboli e deboli con i forti, ecco il sistema in uso in questo momento nella nostra Azienda.
A meno che non sia questa crisi un preludio per privarsi, in barba a quanto sancito dalla legge 180 del 1978, dell’intervento sociale in psichiatria.
Nelle larghe maglie del Diritto e dei Doveri Istituzionali il manicomio, convitato di pietra in questa brutta storia, sta rientrando dalla porta di servizio.
È questo il mondo che vogliamo…

sabato 5 giugno 2010

IL PEDAGOGISTA CLINICO

Il Pedagogista Clinico, abilitato all’esercizio della professione dopo una formazione triennale, post-laurea, presso l’ISFAR, Istituto Superiore di Formazione Aggiornamento Ricerca, di Firenze, rappresenta nel territorio nazionale, dal 1974, una figura professionale che per dovere deontologico libera la persona da tutti quegli ostacoli, che impediscono il completo ed armonioso sviluppo della personalità e rifiuta ogni principio educativo basato sul criterio di “ammaestramento” dell’altro, poiché questa disciplina si oppone a coloro che intendono educare attraverso la persuasione ed attraverso l’obbedienza dell’altro.

Finalmente anche nel territorio reggino, dove non manca il disagio sociale ed un affermato spirito imprenditoriale, si sta affacciando questa nuova figura professionale, ciò determina un riconoscimento importante considerato il vuoto professionale che si è registrato fino ad oggi nell’ambito educativo e socio-relazionale.

Il Pedagogista Clinico è un libero professionista che interviene sulle situazioni di disagio con interventi di aiuto basati su tecniche educative, si tratta di modi dello stare assieme alla persona, affinché possa sempre vivere con agio la propria situazione. Egli ha recepito quali sono le nuove esigenze sociali, così pone come suo dovere quello di aiutare gli uomini a liberarsi dagli ostacoli, a ritrovare il loro equilibrio, a riportare l’espansione del disordine verso l’ordine, a realizzare esperienze conoscitive coordinate in un insieme coerente e consapevole di sé.

Il termine "clinico" non assume qui il significato di "esame o cura del malato", né si connota come competenza medica, psicologica o sanitaria, bensì ha come unico significato quello di "azione umana di aiuto alla persona", la pedagogia clinica guarda quello che c’è sotto, non si ferma all’evidenza come fa la medicina.

Modus operandi della pedagogia clinica è che si caratterizza per l'attività e l'impegno rivolti alla persona, considerata globalmente come unità psico-fisica complessa, anziché al problema, quindi l'intervento di aiuto segue metodi di ricerca sperimentale ed elaborazioni teoriche cui fanno seguito tecniche e metodologie capaci di far fronte alle difficoltà pertinenti la crescita espressivo-comunicativa e rappresentativa, fino a far raggiungere una concreta conquista dell'autonomia.
Venuto a conoscenza, attraverso la diagnosi pedagogico clinica, delle potenzialità, delle abilità e delle disponibilità della persona, il pedagogista clinico è in grado di strutturare interventi mirati e personalizzati con abilità eclettica e strategie educative capaci di favorire un'equilibrata evoluzione socio-relazionale e psico-affettiva, idonee a far superare difficoltà e disagi nell'espressione e a migliorare la comunicazione e il rapporto.
Vengono utilizzati vari metodi con marchio registrato® esclusivi del Pedagogista Clinico iscritto all'Albo Nazionale dei Pedagogisti Clinici:
- Metodo Writing Codex® per la codifica scrittoria
- Metodo Edumovement® per lo sviluppo delle potenzialità organizzativo-motorie
- Metodo Educromo® per il recupero della capacità di lettura
- Ludopedagogia® per lo sviluppo delle funzioni emozionali
- Metodo Inter-Art® per lo sviluppo della creatività
- Metodo MPI® (Memory Power Improvement) per lo sviluppo dell'attentività e della mnesi
- Metodo Bon Gest® per favorire abilità grafo-gestuali
- Metodo Prismograph® per educare al segno grafico
- Musicopedagogia® per il potenziamento delle capacità comunicative e interazionali
- Metodi: Discover Project®, Trust System®, Touch-Ball®, Body-Work® per favorire la conoscenza e la coscienza topografico-corporea
- Reflecting® per favorire lo sviluppo del Sè
- Training Induttivo (TI)® metodo di rilassamento per fronteggiare gli stati di disagio psico-fisico
- Psico-Fiabe® per stimolare l'immaginazione
- Cyberclinica® per il rinforzo ergico dell'Io
- PicturePhantasmagory® immagini fantasmagoriche
- ClinicalMentalPicture® immagini mentali utilizzate in diverse situazioni di aiuto (sport, gravidanza, disagi alimentari, rinforzi ergici e ricerca di nuove disponibilità al rapporto con gli altri).

Il Pedagogista Clinico offre interventi di aiuto rivolti:
- AI SOGGETTI IN ETÀ EVOLUTIVA
Sono rivolti principalmente alle difficoltà di apprendimento, comportamento, espressivo-elocutorie, organizzativo-motorie, comunicative e relazionali. Tali interventi sono tesi a sollecitare l’autonomia e la coscienza di sé, la grafo-espressività, le abilità codificatorio e decodificatorio-scrittorie e logico-matematiche; le potenzialità cinestetiche, l’espressività verbale, la creatività e la disponibilità alla relazione.
- AL SINGOLO ADULTO
Si tratta di un percorso pedagogico-clinico volto alla conoscenza di sé e delle dinamiche che si sono instaurate con gli altri, teso a favorire il benessere interiore e quindi lo star bene con gli altri. L’intento primario di tale intervento è soddisfare i bisogni della persona di ogni età con modalità educative capaci di ripristinare nuovi equilibri e abilità nell’affrontare ostacoli, disagi psico-fisici e socio-relazionali.
L'intervento, adattato alle necessità di ogni specifico utente, sia egli adolescente, adulto e anziano, si sviluppa nel tempo con l'ausilio di tecniche specifiche che favoriscono la distensione psicofisica ed il recupero delle energie, la riflessione su di sé e sull'ambiente sociale il potenziamento delle abilità relazionali.
- A SOGGETTI PORTATORI DI HANDICAP
Tesi a favorire il raggiungimento dell’autonomia, le capacità comunicative, la socializzazione, l’integrazione, la coscienza e conoscenza di sé, l’adattamento alla realtà e la riabilitazione. L’obiettivo fondamentale è favorire l’autonomia del soggetto, in quanto finché la dipendenza dall'altro sarà totale, egli rimarrà anche un emarginato. Un altro importante obiettivo è l’instaurarsi della relazione sia con il pedagogista, che con le persone che gravitano intorno al soggetto. Inoltre l’intervento sarà teso a recuperare quelle abilità carenti o mancanti mediante tecniche specifiche.
- ALLA COPPIA E ALLA FAMIGLIA
Si realizzano mediante consulenze pedagogiche utili a chiarire le origini di eventuali disagi e per prospettare il tipo di intervento per la coppia e per la famiglia.
In passato non capitava spesso di sentir ammettere ad un genitore quanto fosse difficile educare un figlio, né ad una persona quanto fosse difficile convivere con un’altra. Anche per questo si parla sempre più spesso della specificità dell’intervento pedagogico e dell’opportunità della sua realizzazione finalizzata ad educare "alla" e "nella" famiglia. Il principale obiettivo di tali interventi è quello di consentire l’acquisizione di consapevolezza delle proprie modalità conoscitive, comunicative, emozionali e relazionali. Successivamente l’apprendimento di capacità che consentano di decentrarsi dai propri schemi di riferimento e considerare quelli altrui, per raggiungere una migliore comprensione di che ci sta vicino e riuscire a costruire più adatte modalità di stare insieme al partner e/o ai figli, rispettando le differenze di ognuno.
- AI GRUPPI

Trovano nelle diverse tecniche e modalità di utilizzo, occasioni importanti per uscire dal disordine e dal caos, conoscere e affrontare i rischi e le delusioni esistenziali, ogni singolo ha l'opportunità di attingere alla propria fonte viva di significati e di risorse per acquisire un adeguato stile relazionale e comunicativo.
- ALL’ANZIANO
Per favorire il ripristino di nuovi equilibri e nuove disponibilità allo scambio con gli altri, nella convinzione che la persona ad ogni età può sentirsi ed essere protagonista del proprio benessere psico-fisico e del proprio percorso di crescita.
Inoltre, non si limita al proprio studio o al proprio atelier, poiché sa che alla categoria occorre farsi conoscere e apprezzare da un sociale sempre più vasto, e per questo stipula convenzioni con le Scuole e assume in queste la consulenza per il Servizio di Orientamento, partecipa a progetti di Enti, Cooperative e Centri per anziani, propone progetti alle A.S.L., ai Comuni e alle Province, suggerisce ed offre ai genitori o agli adulti occasioni di incontri di gruppo su una molteplicità di tematiche.
Grazie all’intervento di questi specialisti, Enti pubblici e privati potranno trovare innovative ed efficaci risposte per risolvere situazioni di disagio o difficoltà nella gestione dei rapporti e del rendimento in ambito sociale, professionale, scolastico o familiare.

Il Pedagogista clinico, con la sua attività responsabile, e in quanto espressione di una volontà di rinnovamento delle modalità di aiuto alla persona, mantiene vivo il progetto di trasformazione della società e di valorizzazione di ogni singolo uomo.

Con la speranza che la presenza di questo professionista, soprattutto, nelle istituzioni sociali venga saggiamente affrontata da una politica motivata a che il nostro territorio recuperi la distanza che lo separa da quelli più attenti e sensibili al benessere dei cittadini.

Questo uno dei motivi principali che ci porta ad organizzare in zona, tra breve tempo, un incontro dove si discuterà dell’importanza della figura del Pedagogista Clinico e di quelle Nuove Professioni che sono disconosciute nel nostro territorio, ma che sono fondamentali per un cambiamento culturale scientifico indirizzato al nuovo vasto panorama dei bisogni educativi della persona di ogni età, della coppia o del gruppo.

per gentile concessione della collega ed amica Dott.ssa Maria Gabriella Guglielmini ( Pedagogista Clinico, Educatore Professionale Extra Scolastico )

giovedì 27 maggio 2010

le stelle non stanno più a guardare....

Il terzo settore è ormai unanimemente riconosciuto come un interlocutore fondamentale per il territorio, la società civile e le istituzioni locali. Diversi interventi legislativi dell’ultimo decennio, a partire dalla legge 328/2000, passando per la riforma del Titolo V della Costituzione, e dai diversi Piani Sanitari e Sociali di carattere nazionale e regionale, individuano nel terzo settore un attore imprescindibile per la costruzione dello stato sociale sulla base del principio di sussidiarietà orizzontale di cui all’art.118 della Costituzione.

La legge 328, in particolare, nel tentativo di innescare un processo di profonda innovazione nella cultura italiana delle politiche sociali, ha introdotto, in relazione al terzo settore, alcuni principi di riferimento fondamentali, ovvero che il ruolo del terzo settore va agevolato ed i soggetti pubblici debbono promuovere azioni per il sostegno e la qualificazione dei soggetti operanti al suo interno, i soggetti del terzo settore sono visti come soggetti attivi nella progettazione e nella realizzazione concertata degli interventi, la programmazione e l’organizzazione del sistema obbedisce innanzitutto ai principi della ‘sussidiarietà’,le politiche che riguardano interventi e servizi sociali vanno coordinate e integrate con gli interventi sanitari e dell’istruzione, nonché con le politiche attive di formazione, di avviamento e di reinserimento lavorativo;

Sempre riguardo la partecipazione delle “aggregazioni sociali”, l’Art. 118 della Costituzione, recita testualmente: “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli o associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”
Un riconoscimento chiaro, quindi, che non tende a relegare le organizzazioni del terzo settore a mere esecutrici di un disegno etero definito, ma le rende soggetti della programmazione, prima ancora che della gestione dei servizi.

In Calabria l’attuazione di questi principi è ancora perlopiù deficitaria. Solo da pochissimo tempo ha visto l’approvazione, a quasi dieci anni dalla pubblicazione della legge 328, il Piano Sociale Regionale, e solo qualche Comune ha provveduto ad attivarsi per strutturare percorsi volti alla definizione dei Piani di Zona.

Peraltro, anche nei territori più virtuosi, il ruolo del Terzo Settore è comunque relegato ad una mera presa visione di atti già scritti, mentre, per la maggior parte dei casi, le organizzazioni no profit rimangono totalmente escluse anche dalle semplici comunicazioni.
In tale contesto non può certo negarsi una parte di responsabilità anche dello stesso terzo settore, che sino ad oggi non è riuscito a fare quadrato, a dotarsi di rappresentanze condivise.

Una autoreferenzialità che purtroppo ha contraddistinto il terzo settore calabrese e che sino ad oggi ha consentito, a chi ne poteva trarre profitto, di dividere e governare, senza alcuna opposizione.

Appare evidente che tale situazione è ancora più accentuata in aree, come quella Grecanica dove, oltre alle difficoltà proprie di tutti i territori, si aggiungono ulteriori elementi di sottosviluppo quali la scarsa preparazione delle istituzioni locali, la carenza di infrastrutture e servizi, le risorse quasi nulle.

E’ in questo contesto, che potrebbe apparire senza speranza, che il Terzo Settore dell’area Grecanica ha deciso di attivarsi per costruire un percorso finalmente unitario volto alla determinazione di linee di intervento condivise.
Le organizzazioni aderenti hanno deciso di avviare un processo di crescita comune che giunga a proporre la propria rappresentanza quale imprescindibile attore di concertazione per la definizione delle politiche sociali e sanitarie della zona.

Da qui la nascita del Forum Distrettuale del Terzo Settore dell’Area Grecanica, suggellata presso il Contro Giovanile Padre Rempicci di Condofuri con la firma del Patto Etico di Responsabilità.