lunedì 21 dicembre 2009

la briscola in cinque

Questo gioco è una variante della briscola tradizionale, soltanto che si gioca, come afferma la stessa definizione, in cinque persone.
Il bello del gioco è che fino almeno agli ultimi due giri tutti giocano contro tutti perché non si sa chi è il compagno del giocatore al quale viene la carta più favorevole nella smazzata d'avvio.
Questi chiama il compagno con la formula “il mio compagno è”…chi possiede…una determinata carta che fa il paio con quella posseduta.
Il compagno ovviamente non esce subito fuori per non svelare gli assetti.
Da qui un gioco di allusioni, strategie apparentemente rivelatore ma a volte depistanti fino alla svolta finale che avviene gli ultimi giri, quando il gioco va a stringere.
Tutti nemici fino all’ultimo dove si evidenzia la coppia che gioca contro tutti.
A volte si vince anche con il due di coppe se coesi ed in possesso di buone carte.
Questa metafora riportata al nostro contesto di vita è un invito al rispetto delle idee e degli altrui successi, come degli eventuali insuccessi.
Melito è una immensa briscola in cinque, dove tutti giocano contro tutti, ma la variante negativa purtroppo sta nel continuare a mistificare anche nei giri finali, dove le alleanze, quelle vere, dovrebbero venire fuori non per amore ma per regola.
Così non è sempre.
Quando invece le cose vanno come la regola impone allora tutti a tentare di distruggere ciò che evidentemente provoca quantomeno invidia, nella migliore delle ipotesi.
Pazienza.
La verità è ovviamente figlia del tempo.

lunedì 14 dicembre 2009

Nessuno tocchi Silvio

Mi approccio da uomo di sinistra, non rappresentato dall’attuale opposizione, a commentare con dolore quanto accaduto domenica 13 dicembre a Piazza Duomo, Milano.
Non v’ è motivazione alcuna che possa giustificare l’assalto a Silvio Berlusconi, se non la psicolabilità dell’aggressore.
Senz’altro l’immagine cruenta del Premier insanguinato e tumefatto, che lo stesso non nasconde, ad estrema riprova della sua esasperata mediatica rappresentazione di sé, evoca sdegno contro ogni forma di violenza, fisica e verbale.
Di quest’ultima ne abbiano fatto abbondantemente indigestione negli ultimi tempi.
Da tutte le sponde.
A sgretolarsi è l’immagine delle Istituzioni, indebolite dall’interno, attraverso esternazioni inopportune e prive di senso dello Stato.
Non appare sufficiente il mastice che tenta di utilizzare il Capo dello Stato per tenere saldo il Paese dal punto di vista Politico – Istituzionale.
Come è ovvio la sede del dibattito è il Parlamento.
Questa è la sede dello scontro dialettico, politico ed ideologico ( si può ancora citare questo termine?)
L’uomo è degno di rispetto ancor prima dell’idea che esprime, dei modi che utilizza, della governance che esprime.
Per questo manifesto solidarietà al Premier, dal quale mi distanzio per la politica che esprime e che non condivido, e rifuggo ogni forma di violenza verso esseri viventi e non..
La violenza porta alla morte delle Idee, vero soffio vitale del genere umano.
Averlo chiaro tutti, a tutti i livelli, è cosa utile.

sabato 12 dicembre 2009

Il Capodoglio della Sanità

Prendo spunto dall’interessante dibattito tra persone oneste ed innamorate della propria terra e dei propri contesti lavorativi e politici, trasmesso su Melito TV qualche giorno fa, per intraprendere una breve riflessione.
Basata principalmente su tre punti.
In questo momento la nostra Sanità, come i capodogli di Foggia, si sta spiaggiando in situazioni dalle quali difficilmente potrà venir fuori.
Primo punto.
A pagare la contrazione della spesa, leggi ottimizzazione, sono decisamente le fasce deboli del settore.
Intendo gli operatori poco protetti, scoperti dalle corporazioni forti, come i medici sostituti di Guardia o in contrattisti ospedalieri ( infermieri, medici..)
Nessun Manager, che in altri Paesi Europei commisura i lauti guadagni con i risultati prodotti, e nel nostro caso sono gli stessi che ci hanno portato a questa progressiva distruzione, si trova a dover convivere con il precariato e la disoccupazione.
Non possono affermare lo stesso i trecentocinquanta medici che da oltre un decennio sostituivano i titolari presso le postazioni di Guardia Medica in zone non messe illegalmente a bando dalla Regione Calabria e né segnalate dalle Aziende Sanitarie. Alla faccia della programmazione.
Arrivederci e grazie.
Paga la fascia debole della popolazione.
Quella che ha necessità riabilitative ( la regione non paga da oltre un anno le prestazioni riabilitative effettuate presso i Centri convenzionati.)i disabili mentali, gli anziani che non trovano adeguati servizi di prevenzione territoriale utili a contrarre i ricoveri impropri, magari chiesti per ingiustificata paura di un sintomo o peggio ancora per solitudine.
Quanto costa una settimana di ricovero rispetto ad una postazione di Guardia Medica non sto certo ad evidenziarlo. È risaputo.
Secondo punto…. la qualità percepita del Servizio Pubblico, particolarmente in termini organizzativi.
Questa carenza, che esprimo attraverso l’esempio dei Centri unici di Prenotazione assolutamente inefficienti, spinge l’utenza verso il Privato.
Se lo scrivente, utente per un giorno, magari in cinta o con problematica deambulazione, trovandomi a fare un’odissea tra CUP allocati in una Sede e Strutture che devono poi eseguire le prestazioni, allocate dall’altra parte della città, dove rischio di arrivare, com’è accaduto a Reggio Calabria, quando lo stesso servizio ha chiuso i battenti, a quel punto cambio operatore.
Mi rivolgo alla Sanità Privata.
Il livello malevolmente percepito dalla popolazione nella nostra Sanità è assolutamente quello organizzativo.
Mettiamo quindi da parte sterili difese corporative ed interveniamo sui passaggi organizzativi dove l’utente non è assolutamente percepito come un cliente da fidelizzare, ma quasi come un optional.
Cambiando questa mentalità,evidentemente carente sul versante del marketing organizzativo, allora potrebbero venire giustamente apprezzate le potenzialità professionali che esistono nella Sanità Pubblica.
Terzo punto , la partecipazione del cittadino.
Non mi sento benevolo neanche verso l’utente, la Politica locale o le Organizzazioni di tutela.
Perché le inefficienza diventano voci di corridoio, ingigantite, personalizzate e rese becere dai modi e dalle mistificazioni?
Perché se il CUP non riesce a smaltire le richieste prima di tre ore non intervengono le Associazioni di Tutela, attraverso pubblica denuncia a chi Governa l’ASP, affinché rafforzi quel servizio che se funzionante permetterebbe una maggior erogazione di prestazioni pubbliche?
Questi sono ragionamenti senz’altro di basso profilo rispetto a politiche più elevate, le quali però ci hanno fino ad ora distrutto a sufficienza.
Ma è dal Servizio che dobbiamo partire se vogliamo far prendere il mare aperto al nostro agonizzante capodoglio chiamato Sanità Calabrese.

venerdì 4 dicembre 2009

Carcere a morte...

All’Ucciardone, carcere di Palermo, si muore.
Roberto era sieropositivo. Tossicodipendente.
Aveva rubato qualche telo da spiaggia ed una borsa di creme. Otto mesi.
No ai domiciliari. Morte in carcere per infarto.
Ad Antonino è successo la scorsa settimana.
Per Roberto sfugge il senso della rieducazione, o sostegno alle sue devianza. Gli arresti domiciliari, la cui richiesta è stata respinta, sarebbero stati più coerenti con le sue condizioni di salute e soprattutto con l’esiguità del reato.
Carcere a morte.
Troppo spesso sta accadendo. Troppo, decisamente troppo.
Bobby, ritardato mentale, aveva commesso uno dei crimini più efferati che possano esistere, dall’altra parte dell’Oceano.
Aveva usato violenza ed ucciso una bambina di undici anni.
Che ragionava esattamente come lui.
Si trovava al suo livello di sviluppo mentale ed intellettivo.
Bobby ha salutato prima di subire l’iniezione letale.
Come partisse per un lungo viaggio. Il più incerto e misterioso.
Nessuna bambina morirà più.
Nessuno tocchi Caino.
Due casi diversi ma uguali
Il concetto di giustizia giusta, equanime, preliminare alla rieducazione e non sinonimo di vendetta sociale, viene intorbidito, sporcato.
È Nemesi. Indebolisce il senso delle cose.
Per dovuta ed opportuna conoscenza.

giovedì 26 novembre 2009

Lo Stato, la Mafia e i figli scomodi.

Apprendiamo l’ennesima sconfitta dello Stato.
Un detenuto, Antonino Iamonte, muore in carcere a Palermo.
Accusava dolori sospetti. Non era mal di stomaco, come pensato, forse superficialmente.
Il suo cuore si sarebbe fermato il giorno dopo.
Adesso è partita la macchina della Giustizia.
Perizie e valutazioni.
Anni ed anni di carte e dolori. Vediamo dove arriverà, questa macchina macchinosa.
E soprattutto quando.
È vergognoso che il livello di protezione sanitaria nelle carceri sia così basso.
Pone dei dubbi e delle domande forse irriverenti ma spontanee.
Perché accade tutto questo?
Il sovraffollamento delle carceri è senz’altro un elemento di difficoltà che dovrebbe essere affrontato non certamente costruendo carceri nuove, ma pensando misure alternative alla pena.
L’affido ai Servizi Sociali per far conoscere contesti ambientali diversi da quelli che spesso portano a delinquere potrebbe essere una valida alternativa.
La Mafia è una piovra.
Attenzione a non farsi stritolare dal messaggio di bestialità che da essa proviene.
Ci abbrutisce tutti se perdiamo di vista la guida forte, che è la Giustizia, espressa attraverso il rispetto dei diritti e delle regole.
Per tutti i figli, anche quelli scomodi.
Quelli che - sarebbe meglio se non ci fossero mai stati – danno solo problemi.
Emerge una problematica educativa, di modelli, di accoglienza e di alternative che spesso, per chi è cresciuto in certi contesti, non vengono neanche proposte.
Non è garantismo ma la realtà delle cose.
Da ciò si deve ripartire.

domenica 15 novembre 2009

Cucchi...vergogna di Stato!

Non voglio dilungarmi su quanto accaduto al povero Stefano Cucchi, c’è un’indagine in corso che pare abbastanza avanzata.
La parte buona dello Stato che prende le redini. Almeno nella fase istruttoria. Poi vedremo al termine delle indagini cosa accadrà.
Speriamo si faccia la cosa giusta.
I fatti sono cosa nota.
Il pestaggio, l’incuria, intesa come mancanza di cure, presso la struttura sanitaria, la morte in croce.
Si..queste sono le reali morti in croce che oggi, Domenica, vorrei sentire dai pulpiti delle Chiese.
Ma vorrei riagganciarmi a quanto ragionato venerdì 13 ottobre 2009, durante la puntata di Tandem ( www.melitotv,.it) dal tema “Pedagogia e Legalità”.
Quando ad essere incongruente è lo stesso Stato che “chiama a sé” la legalità.
E qui si aprono finestre inquietanti ma necessarie affinché si prenda la giusta coscienza di quanto è opportuno essere coerenti se si vuol trasmettere un messaggio.
Come può un operatore di polizia commettere lo stesso reato per cui, ad esempio, a Giulianova, è morta una persona uccisa da tre rom?
Forse perché le carceri sono uno Stato nello Stato dove vigono leggi speciali non scritte alle quali tutti si adeguano?
Se così fosse, e probabilmente così è, la cosa è seria. Ma a tutti la cosa va bene.
Vendetta non giustizia!
Sanità. Esistono malati di serie A e malati di serie B?
Anche questa è cosa nota e sfido chiunque ad affermare il contrario.
Prova ne è l’accesso ai servizi complicato per i più, agevole per altri.
Ma Cucchi era un malato di serie Z.
E le prove ci sono e saranno utilizzate dagli Inquirenti non certamente da me che trasmetto questo pensiero sulla scorta di quanto letto nei quotidiani, delle mie opinabili convinzioni e del ribrezzo che provo.
Da questa storiaccia esce sconfitto lo Stato, qualsiasi auspicabile azione legale venga intrapresa.
E prima di parlare di legalità, e ricordiamoci che non basta una conferenza per trasmettere ai giovani questo concetto, ma essere d’esempio con i fatti, prendiamo coscienza di ciò che accade.
Per cambiare bisogna conoscere e sviluppare una adeguata coscienza critica.
Questa è la formazione non l’indottrinamento passivo in base a cliché precotti.
Dopo si può far tutto.

giovedì 12 novembre 2009

le tre ragioni dell'incuria...

Penso che il video che Enzo ( www.melitotv.it) ha utilizzato per centrare l’attenzione sulla “roba nostra”, abbandonata e devastata dagli stessi proprietari, che sono i cittadini, meriti una particolare riflessione.
Quali sono gli aspetti dell’incuria, che io chiamo ragioni, anche se l’incuria ragione non ha…che portano a tutto ciò?
Chiediamocelo.
Che ci sia una problematica legata alla gestione della cosa pubblica non v’è dubbio.
Non è possibile, né utile a nessuno, rianimare la vecchia villetta di via XIX agosto per poi farla morire d’incuria.
Peraltro questi sono i nostri luoghi della memoria ed assistere al loro abbandono è come abbandonare per sempre la storia che possiede ogni persona.
A questa scelleratezza va unito il livello di protezione che in questo momento posseggono i cittadini di Melito.
Aspetto strettamente correlato al controllo del territorio.
La Polizia Locale, competente nello specifico, consiste in poche unità ed allocate sovente centralmente, dove per centro si intende il Palazzo Comunale.
Attendiamo il Concorso sovente annunciato.
Forse con qualche unità in più che possa adeguatamente preservare i beni pubblici da atti indegni come quelli che ha documentato Melito TV sarebbe un’altra cosa.
L’ultimo aspetto, sono in ordine di esposizione e non d’importanza, è legato a quanto il cittadino sente propri i beni pubblici.
Da ciò che si vede…poco.
Ma è anche vero che è stata registrata l’indignazione di molti.
Quindi non generalizziamo ma pensiamo ad azioni educative rivolte alla fascia,spesso giovanile, che possiede un labile concetto di bene pubblico e partecipazione alla res pubblica.
Quindi dal bisogno educativo devono partire azioni pedagogiche mirate.
Fin da piccoli.
Al termine vernacolesco “ pari ch’è un toi” va sostituito con forza “no! E u meu”..
Il difficile cammino è lungo ma inizia sempre da un primo passo.