domenica 20 ottobre 2013

I GIORNI DELL'INFAMIA, UN ANNO DOPO....



E’ passato circa un anno dai "giorni dell'infamia", dove un sistema superficiale di valutazione "massiva" ha portato antichi e fratricidi pregiudizi a slatentizzarsi..... far finta di niente è inopportuno, esagerare non serve, elaborare serenamente è assolutamente necessario...
tutto iniziò nell’ottobre 2012, leggendo la relazione di scioglimento del comune di Reggio Calabria. Ad un certo punto trovai Rinascita. Intesa come paravento delle cosche locali. Subito mi prese la sorpresa ed anche la paura di non poter difendere l’ovvio.
Ma come possono le cosche locali nutrire interesse verso una cooperativa investita in pieno dalla crisi del settore, che chiude gli ultimi tre bilanci in passivo e soprattutto per non licenziare dipendenti si vede costretta a ricorrere agli ammortizzatori sociali?
Tento una conferenza stampa, poco partecipata, nello stesso mese, per esprimere con forza il senso delle cose, cercando attraverso i fatti e la ragione di oppormi agli abbagli espressi ma soprattutto a ciò che ha creato maggiormente danni, a che pian piano stava divenendo problema parallelo all’aspetto giuridico della vicenda, fino a sostituirla del tutto….sua maestà il pregiudizio!
Intravedo lo spettro di Kafka dietro la macchinosa vicenda quando, qualche mese dopo, viene sciolto il consiglio comunale di Melito, arrestato il sindaco, e di nuovo Rinascita sui giornali!!!
Nuovamente ritorna l’assunto che la cooperativa è paravento delle cosche, al quale di aggiunge l’ipotesi che esse ha ricevuto facilitazioni dal comune appena sciolto.
La storia recente dice il contrario. Enormi crediti vantati, servizi svantaggiosi, ricorso a decreti ingiuntivi. Eppure ciò non basta.
Il pregiudizio e l’isolamento raggiungono l’apice, ed in tutti i contesti.
Nel marzo del 2013 la cooperativa viene raggiunta da informativa antimafia a carattere interdittivo emessa dalla Prefettura di Reggio Calabria.
E qui nessuno di noi si meraviglia più di tanto.
I Tartari finalmente escono dal deserto ed attaccano il fortino.
Passano i mesi più duri. Viene revocato un contratto e diversi collaboratori di fatto perdono il posto di lavoro. E diversi utenti rimangono senza servizi.
Nel circondario si parla di chiusura, dissesto, liquidazione. I fornitori si allarmano. I committenti anche. Immaginiamo i soci ed i dipendenti.
Nel luglio dello stesso anno l’interdittiva viene sospesa dal Tribunale Amministrativo di Reggio Calabria con ordinanza significativa ed esaustiva. L’udienza di  merito viene fissata per il 18 dicembre prossimo, a chiudere un anno infame.
Sembra finito il calvario, ma ancora per terra ci stanno i cocci di un vaso, la nostra credibilità ed onestà, infranto dal pregiudizio e dalla superficialità. E dall’ignavia.
La sorte ironica vuole però che proprio nell’anno infame la cooperativa compie le nozze d’argento. Difatti è stata fondata esattamente venticinque anni fa.
E proprio alla fine di questo breve racconto che nessuno avrebbe voluto narrare si annuncia che Rinascita celebrerà, com’è giusto, il proprio venticinquennale. E lo farà con semplicità, nei prossimi  mesi, programmando degli eventi semplici e di tono commisurato all’attuale crisi economica, ma intensi e carichi di significato. Non è facile scrollarsi dalla spalle e dal cuore quanto accaduto, ma è necessario farlo perché l’obiettivo, per chi verrà dopo di noi, è tra venticinque anni celebrare il cinquantesimo!
E questo lo si può immaginare soltanto guardando avanti con la forza che scaturisce dalle capacità di reagire ai venti contrari ed insidiosi, e con l’onestà di tutti i giorni.
Ad maiora.

lunedì 26 agosto 2013

DI CHI E' LA COLPA?



Interrogati dopo la guerra,ognuno di loro dice:Colpevole io?.L'infermiera non ha ucciso nessuno, si è limitata a spogliare e tranquillizzare gli ammalati,gesti comuni della sua professione. Nemmeno il medico ha ucciso,ha semplicemente confermato una diagnosi,secondo criteri stabiliti da altre istanze. L'operaio che apre il rubinetto del gas, quindi colui che è più vicino all'omicidio nel tempo e nello spazio, svolge una funzione tecnica sotto il controllo dei suoi superiori e dei medici. Gli operai che sgombrano la stanza compiono un necessario lavoro di bonifica,per di più assai ripugnante.
Chi è dunque il colpevole?Tutti o nessuno? Perché l'addetto al gas sarebbe più colpevole dell'operario addetto alle caldaie, al giardino, ai veicoli? ( alle radici del male – Z.B.)
Inizio con questa metafora un ragionamento che non vuole essere giudicante, ma facilitare la riflessione.
Il voto.
Il significato dato a questa semplice operazione, che costò la vita a milioni di persone, è distante dalla sua reale portata.
Me l’ha chiesto prima – non posso fare a meno – è mio cugino – mi ha promesso un posto di lavoro per mio figlio, si mette a disposizione –
potrei continuare quasi all’infinito citando numerose motivazione a sostegno, più o meno consapevole, di una scelta.
Spesso non corrispondente ai bisogni del proprio paese.
Quindi, di fronte ad una situazione o più di disagio, ( traffico, servizi, clientele, inefficienze), con molta umiltà, e desiderio di cambiare, chiediamoci, senza schermirci, “ di chi è la colpa”?

martedì 20 agosto 2013

salviamo la villetta "Turi Pansera"....



La villetta Turi Pansera appartiene ai cittadini, ed alla loro disponibilità deve tornare. 
Intendo soprattutto le giovani generazioni che non conoscono la storia della villetta né del sindaco Salvatore Pansera, gestione 1957, e personaggio di rilievo nella Melito vivace e fiorente dell’epoca.
Personalmente la villetta rappresentava luogo di giochi dei “ragazzi del 61” ed oltre. 
L’antistante strada, dove le macchine erano cosa rara, servivi da campo di calcio. 
La villetta, misteriosa e dalla vista superba verso le strade sottostanti, era luogo di chiacchiere ed aggregazione. 
Il cosiddetto Paese Vecchio rappresentava un luogo vivo e d’interesse non solo storico ma relazionale. In buona sostanza la gente ci stava e ci stava bene!
La villetta, come documenta la foto, è in condizioni di degrado. 
L’erba è alta ed il cancello è chiuso. Appartiene al nulla, come molti altri beni Melitesi in attesa di ripristino e soprattutto restituzione alla collettività.
La villetta non è del Comune, ma nostra, perchè il Comune siamo noi, indipendentemente dalla gestione, se elettiva o commissariale.
Allorquando i cittadini non si sentiranno sudditi ma protagonisti il salto sarà possibile. 
Nel mentre spetta alle Amministrazioni restituire alla collettività i siti d’interesse storico – culturale.

venerdì 16 agosto 2013

la rivoluzione di settembre

La rivoluzione.
Tutti la vogliono fare.
Nessuno la fa.
Tutti affermano che le cose non vanno bene. Ospedale, Servizi, Lavoro, Mafia e Cultura.
Un soffio di vento sposta gli ideali. Li muove come foglie in balia di venti più deboli di quanto in effetti vengono percepiti.
Poi tutti in vacanza, come nulla fosse. Agosto vince.
in vacanza fisicamente e mentalmente.
Mi preoccupa più mentalmente.
Sarà forse la rivoluzione di settembre?

Ospedale sì....qualità pure....

Che L’Ospedale di Melito non debba chiudere, ridurre i servizi, sacrificarsi alle decisioni politiche che vanno a volte in conflitto con le esigenze della popolazione, non v’è dubbio. 
Nei mesi scorsi abbiamo assistito a numerose manifestazioni, incontri, promesse debitamente non mantenute, disquisizioni legal – politichese. 
Alla fine il nostro Ospedale è sempre più contratto ed in determinate ora della giornate sembra un luogo fantasma. 
Sulla professionalità e sulla dedizione degli operatori nessuno nutre dubbi, almeno palesi, e sono stati ampiamente difesi da una fascia della popolazione che ha deciso d’impegnarsi per l’esigibilità del diritto costituzionale alla salute. 
Ma sarebbe oltremodo superficiale difendere l’Ospedale senza però mettere in evidenza alcuni elementi di qualità piuttosto deboli che presumibilmente sono fonte di disaffezione da parte di un buon numero di cittadini, noti per non aver preso alcuna posizione, o aver assunto posizioni critiche tout court.
E nella fattispecie mi vorrei soffermare su un fenomeno, che non è opportuno ritenere fisiologico. 
Ma oltremodo patologico.
E dobbiamo apertamente denunciarlo.
Ovvero l’assistenza ai pazienti ricoverati, specie anziani.
Affermo forse il falso, e quindi soggetto a querela, se affermo che i parenti devono cambiare i panni ai pazienti, devono imboccarli, devono curare l’assistenza notturna, specie, come detto, per le persone anziane?
Affermo forse il falso se scrivo che in caso di assenza di rete parentale vengono a volte attivati paralleli circuiti che portano improvvisati assistenti, pagati dalle famiglie, invadere le notti ospedaliere ?
L’orario delle visite è valido fin quando il parente non “serve”.
Vero o falso?
Allora, serenamente, dobbiamo dirci le cose come stanno. Ed ammettere che forse il personale è alle corde. Però questa situazione ricade sui malati e sui loro familiari. 
Quindi occorre lottare a 360° non solo per contrastare l’impoverimento del nosocomio ma anche perché sia garantita la qualità dell’assistenza ai pazienti non particolarmente autosufficienti.
Scritto ciò chi ritiene sia falso, lo provi e quereli pure. 
E prosegua pure ad edulcorare la realtà, e quindi non sciogliere i veri nodi. 
O altri nodi oltre le scellerate scelte politiche.
Ma sappia pure che quanto scritto è la realtà, facilmente dimostrabile, e proveniente da testimonianze raccolte e da esperienze di carattere personale e professionale.
Quindi insieme si lotti per la qualità, primo passo per il rilancio dell’Ospedale.
Dall’interno verso l’esterno.
E solo insieme, con la verità sostanziale in mano, si può combattere questa battaglia di civiltà. 

martedì 13 agosto 2013

intolleranza e piume di struzzo......



Di recente, in rete, ho avuto modo di apprezzare, per modo di dire, diverse visioni sulle diverse scelte sessuali. 
Purtroppo registro una sensibile e comune intolleranza verso le persone omosessuali. 
E non riesco a spigarmi le ragioni. 
Se poi queste manifestano la volontà di legittimare la loro unione, allora apriti cielo!! Insorgono le famiglie, quelle con la F maiuscola, portatrici di verità e purezza. Allora si divide in due l’amore, quello pulito e quello sporco. 
Quello a favore e quello contro natura. 
Che in questi pensieri escludenti alberghi poi il germe dell’intolleranza è fin troppo facile dedurlo. 
E fin troppo facile prevederlo.
Mi sento in disagio.
E mi chiedo cosa importa all’etero se esiste ed ama l’omo? Cosa toglie alla famiglia se accanto si ama un’altra famiglia? Diversa da noi, come diversi siamo tutti.
Mi sento in disagio quando strumentalmente si cerca di identificare gli omosessuali con le paillettes e le piume di struzzo del Gay Pride, sapendo benissimo che ci si trova di fronte ad un voluto e simbolico eccesso per manifestare una discriminazione.
Ecco, da etero, non mi porrei il problema, se non per manifestare disagio e rabbia di fronte all’intolleranza verso gli omosessuali.
L’amore è amore, e non ha sesso.
Ma di discriminazione si muore.
E la vita, anch’essa, non ha sesso.

domenica 4 agosto 2013

Dal bisogno alla risposta in un afflato di civiltà...



la puntuale disamina effettuata dalla Gazzetta del Sud nell’edizione di domenica 4 agosto a mio avviso non deve rimanere lettera morta. In breve alcuni cittadini, ormai oltre la mezza età, sempre distinti per partecipazione attiva ed anche critica alla vita del paese, intervistati mettono in evidenza come per gli anziani nel nostro paese non esistano luoghi di aggregazione oltre quelli spontanei. Per cui nei mesi freddi non rimane che rintanarsi in casa anche per evitare le insidie dovuta alle patologie stagionali che in taluni casi possono rivelarsi oltremodo pericolose.
E’ una sacrosanta verità, quella descritta dalla voce dei diretti interessati, che con questa mia intendo rafforzare e far risuonare nei contesti del distretto socio – sanitario di Melito.
Grama la vita delle persone anziane, e questa è una amara realtà. A fronte di un sistema familistico ancora resistente, che non abbandona i propri vecchi, pur con mille difficoltà ed enormi sacrifici ( nove carer su dieci sono donne, da una recente ricerca ) di genere, vi è una debole risposta Istituzionale.
Non esiste un sistema di trasporti adeguato ed accessibile che permette la cura in autonomia delle relazioni parentali.
I Servizi alla persona non esistono praticamente più dalla scorsa primavera, compresi i servizi di cure domiciliari di recente interrotti dagli Enti accreditati a causa dei ritardi di pagamento dell’Azienda Sanitaria Provinciale.
Luoghi di aggregazione strutturati, come denunciato nell’articolo di Gazzetta del Sud non ne esistono a fronte di un patrimonio edilizio presente nell’Area che di giorno in giorno si deteriora sempre più, cade in rovina e rappresenta un eterno monumento allo spreco di denaro pubblico.
E tanto si è scritto sulla riduzione di servizi al Tiberio Evoli.Per cui è superfluo soltanto accennarne.
Il bisogno non incontra la risposta.
Si rileva un sistema dove il diritto di avere una risposta si scontra con mille tortuosità burocratiche che diviene slogan elettorale a ridosso della competizioni comunali e vuoto cosmico durante le gestioni ordinarie e straordinarie.
Quali soluzioni di fronte  a questo deserto dei diritti?
Sicuramente far sentire la propria voce, come accaduto, e dare continuità a questa discreta ma ferma querelle. Con il sostegno disinteressato anche di chi non vive la problematica, giusto per una questione di civiltà.
Ripristinare da subito l’ufficio del Piano di Zona, interrotto da oltre un anno, luogo dove per legge e logica il bisogno viene letto e di conseguenza programmata la risposta.
E nulla vale la precotta litania che non vi sono fondi. Non sempre ciò giustifica la mancata programmazione. Anzi, quasi mai.
Far nascere e soprattutto sostenere Associazioni di tutela, ripristinare i ogni comune, a partire dal capofila, Melito, la Consulta delle Politiche Sociali, luogo dove Enti ed Associazioni si mettono al Servizio dell’Ente di Prossimità per esprimere proposte e leggere congiuntamente i bisogni.
Il patrimonio storico posseduto dall’Area Grecanica in termini di Associazioni e cooperative, pur ancora sotto choc dal fumus degli ultimi mesi, deve trovare la giusta collocazione nel sistema della politiche sociali distrettuali, come determinano le leggi ed i regolamenti comunali.
E su questo molto dipende da noi operatori sociali.
Quindi prevedere capitoli di bilancio più centrati sui bisogni delle fasce deboli che su altre azioni effimere anche se di sicuro effetto.
Occorre ripartire e farlo subito, prima che ci si abitui al nulla e lo si consideri norma, mentre norma, in un contesto civile non è.
Nel pigro e sonnacchioso agosto dell’area grecanica fermarsi un attimo in attesa della rinfrescata può essere sicuro danno al mondo dei diritti e dei bisogni.