sabato 24 maggio 2014

" eu su gabinettu" ......



eu su gabinettu....io sono un gabinetto!


Così, venticinque anni fa, mi urlò in faccia il signor N.
Lo chiameremo signor N. ma potremmo chiamarlo signore e basta, come non fu chiamato per trent’anni. 
Trent’anni passarono dentro le fredde, ammuffite mura del manicomio di Reggio Calabria, non luogo dove la sofferenza e l’indifferenza andavano a braccetto. 
Dove ogni uomo, ogni donna, ogni bambino ( si, venivano ricoverati anche molti bambini) si astraeva per venti, trent’anni dalla vita ed entrava in un altro mondo. 
Fatto di indifferenza, sigarette e tozzi di pane ammuffito.
Eu su gabinettu, mi urlò in faccia il signor N. quando gli chiesi che abito volesse indossare per andare a Messa. 
Ma l’abito buono blu ed elegante non può cancellare i trent’anni passati camminando a piedi nudi nel piscio altrui.
L’abito buono non può cancellare, di colpo, le coperte ruvide e pulciose nelle quali nascondersi, dentro le quali proteggersi dai propri deliri e da quelli altrui.
Eu su gabinettu, diventò, per me, appena trentenne, una poesia, dolce, dolorosa e intrisa nello stesso tempo di rabbia e passione per l’impegno, la lotta, il cambiamento.
Adesso, molti anni, dopo, N. non c’è più, e neanche io. 
Ma vive nelle pieghe dei ricordi. 
E bussa nelle serate di vento e memoria.

Nessun commento: