I ricordi non sono mai traducibili in fatti
realmente accaduti. Nel tempo essi prendono contorni diversi, magici, legati
allo stato d’animo del momento, vuoi di nostalgia, o di rimpianto, o, a volte,
di rabbia. I ricordi sono, diciamo, magie mutevoli. Irreale realtà. Ma in fondo
sono fatti modificati dal corso della vita, ed avvolti dalle scomposte nuvole
che sono i nostri pensieri. Palizzi è esattamente il padre di tutti i ricordi. A
volte penso di aver immaginato tutto, e che Palizzi non sia mai esistito. Ed è
per questo che non apro con la consueta descrizione del ridente paesino in riva
al mare, tra canneti e scogli, con tramonti indimenticabili. Infatti, il primo
ricordo è un tramonto. Al mare. Tra gli scogli, giganti di un tempo immemore a
difesa dell’oro blu. L’odore è un ricordo. Un ricordo che rimane accantonato
nella memoria fin quando un altro odore, simile, non te lo richiama. È così
l’odore delle alghe a fine giornata, nei pomeriggi estivi quando il mare è
quasi dorato e si prepara per il grande buio che fa paura. Palizzi era anche
una casa, o una casa era Palizzi, non lo saprò mai. La chiameremo la casa dei
buganvillea. Ancora oggi ci passo, la fotografo, la guardo, la rimpiango. Una
casa che ricordo, anzi, che immagino. Ricordo ed immaginazione si accavallano. Una
grande palma, e la terrazza, gigantesca per un bambino di sei anni, da
percorrere in bici. Rassicurante vicino la porta di casa, paurosa vicino alla
scala in pietra che portava al cancello, e poi giù, alla strada. Una terrazza da
percorrere in bici. Una terrazza che guardava al mare, ai canneti, alla
ferrovia. Paesaggio ionico che a guardalo, ancora oggi, ti rende polvere del
creato. Una casa vecchia, forse antica. Con letti sepolti da coperte e
materassi infossati, nei quali ripararsi dai timori notturni. Una cucina in
pietra, dai mille rumori come se alla notte banchettassero i fantasmi. Ma i
ricordi, altro non sono che fantasmi. Palizzi era il mare, il mattatoio e la
casa del tedesco. Forse mai esistito. Forse sognato. Palizzi era il profumo dei
campi, nelle serate primaverili, appena dietro la casa. Era il profumo dei
campi sotto la pioggia autunnale.
Ma che profumo ha l’infanzia? Forse di paura, di
scontato rimpianto, di voglia di crescere e diventare adulti, presto, troppo presto.
Palizzi erano le stanze misteriose e buie degli zii.
L’aereo in legno e l’uovo per cucire. Il mondo che finiva alle curve di Bova.
Il mondo che iniziava e finiva sotto la grande palma, dove morivano gli
uccellini cadendo dal nodo.
Palizzi era e rimarrà sempre, troppo spesso, l’odore
del mare.
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