Quando si
lotta per qualcosa, si lotta inevitabilmente per qualcuno. Dodici anni fa, in
un piccolo paese, viveva una ragazza che per muoversi utilizzava una
carrozzina. Era diffidente, restia ed incontrare gente, ad uscire, a vivere. Era
restia a tutto ciò che significava relazioni umane. Forse, anzi sicuramente,
aveva le sue ragioni. A vent’anni vivere in carrozzina non deve essere una cosa
piacevole. La incontrai e mi sputò addosso la sua rabbia, il suo rancore verso
la vita che le aveva riservato un destino sicuramente non piacevole.
Le proposi,
con la mia faccia tosta, e soprattutto resistendo alle sue motivate acidità, di entrare
in un programma che prevedeva l’incontro con un operatore, e da lì uscite sul
territorio.
Ofelia, che non si chiama Ofelia, ma che io chiamerò così, accettò.
Sono stato
un buon venditore.
Ma accettò
con riserva. Mi chiese di fare una promessa. Una promessa tosta, molto tosta. Mi
chiese di promettere che il servizio, che nel frattempo le cominciava a piacere, non sarebbe
finito mai.
Era, veramente, una promessa tosta. Alla fine, dopo lunghe
contrattazioni, le promisi che avrei fatto il possibile e l’impossibile per far durare questo servizio.
Non fu
così. I soldi finirono, e a nulla valsero le mie questue in giro per i Comuni,
per il comune di Ofelia, per la Regione, per la Provincia, per il Mondo.
Per la mia
coscienza.
A nulla
valsero i miei tentativi di attivare volontari. Nulla, niente. Zero.
Il servizio
finì ed Ofelia fu di nuovo sola. Fu sola dopo aver vissuto un anno di affetto e
relazioni. Dopo aver vissuto un anno nuovo. Un anno finito troppo presto.
Grazie per
averti avuto, anche se ce lo hai tolto…spesso si legge. Ma non è così, sempre.
Ofelia, fu
sola. Io fui in parte bugiardo, ogni tanto dico a me stesso. In parte, perché lottai,
Dio solo sa quanto lottai…ma Ofelia fu sola lo stesso, ed io fui bugiardo.
Questo è
quello che, purtroppo, conta.
Ogni tanto
passo dalla casa di Ofelia. Di fronte al mare, in faccia al tramonto, nei dolci pomeriggi di primavera, quando tutto sembra più bello, anche la vita in carrozzina.
Soprattutto per chi cammina.
Non ebbi mai il
coraggio di entrare, di bussare e dire a sua madre, sofferente madonna, che
sono quello che vendeva servizi e prometteva vittorie.
Ancora oggi,
ogni tanto, come stasera, penso ad Ofelia, ed allora l’impegno aumenta, la
rabbia monta, il disprezzo per chi ignora i diritti della gente assume toni
forse inadeguati, forse esagerati.
Ululo alla
luna, ed essa non risponde. ( ed allora scrivo)
Ofelia non
lo saprà mai, ma io continuo, dopo dodici anni, ad ululare anche per lei.
O forse per
me…chissà.
Nessun commento:
Posta un commento