E’ una strana storia, questa, che scrivo. È la
storia di un fallimento. A volte ci si deve piegare alla volontà altrui, specie
se questo altrui è il protagonista di questa strana storia, e soprattutto della
sua vita. Una vita per tutti, tranne che per sé.
Viola era appena carina, un po’ appesantita, scura
di carnagione come i grecanici sanno essere. Casa sua, e dire casa è una parola
grossa, si trovava in una strada scoscesa di una contrada campestre in un
paesino collinare. Ovvero un po’ scomoda e fuori mano, a metà di un sentiero di
erbacce e porci. Si porci, ma porci umani.
Ed anche qui, umani, è una parola grossa.
Andai da Viola, che viveva con una madre appena
sufficiente, un padre con la testa altrove, gatti malaticci e piccioni
apollaiati sulla copertura di mortifero eternit, sudiciume e panni accatastati
ovunque.
Da lì a poco scoprimmo l’inghippo.
Quando la madre usciva al mattino per fare piccoli
lavoretti giusto per arrotondare la misera pensioncina con la quale manteneva
la famiglia, lui, il porco percorreva quei pochi metri tra le erbacce ed in
cambio di poche lire abusava di Viola.
Il porco credetti di vederlo, qualche volta, dietro
una finestra, insospettito ed infastidito da quei soggetti strani che andavano
case case, come predicatori, ad aiutare per persone fragili.
Non si toccano le fragili Viole del mondo. Non si fa
sesso con chi non capisce il significato, con chi non è in grado di ricavarne
né piacere, né amore, né niente di niente.
Al porco poco importava, ma la volante della Polizia
che girava, dopo la mia impetuosa segnalazione, molto frequentemente da quelle
parti, quella si, quella qualche fastidio cominciava a darlo.
Viola prese la strada della città, protetta, dove
partecipò ad attività, gite, incontri. Insomma, come ogni Viola, per breve
tempo, fiorì…
E finalmente tagliammo le palle, al porco……
Ma giunse, dopo poco, inaspettata, la scelta di
Viola. Ritirarsi da programma di sostegno. Non ci fu verso. Cominciò a negarsi,
a non rispondere più al cellulare, a non farsi trovare in casa.
Tutto finito, così, dall’oggi al domani.
Viola, che ovviamente non si chiamava Viola, se ci
penso, mi brucia ancora. Mi bruciano ancora addosso quegli occhi porcini dietro
quelle luride finestre di quella squallida casa in quel sentiero scosceso.
Ma nelle notti di luna e di ricordo amo pensare che
Viola, che ovviamente non si chiamava Viola, si sia voluta liberare sia del
porco che di noi salvatori, per essere finalmente libera.
Non posso, mentre scrivo sotto le pomelie profumate,
pensare che il porco abbia vinto la sua partita.
E non lo penso. Mi rifiuto.
Ma se così non fosse, come forse non è, Viola
rappresenta uno delle tante storie a cui la vita ha dato un finale diverso da
quelle che avremmo voluto scrivere. L’importante, non rimanendo altro, è
esserci e lottare sempre, per lei e per tutte le Viole del mondo.