domenica 17 agosto 2014

Viola ed il porco....



E’ una strana storia, questa, che scrivo. È la storia di un fallimento. A volte ci si deve piegare alla volontà altrui, specie se questo altrui è il protagonista di questa strana storia, e soprattutto della sua vita. Una vita per tutti, tranne che per sé.
Viola era appena carina, un po’ appesantita, scura di carnagione come i grecanici sanno essere. Casa sua, e dire casa è una parola grossa, si trovava in una strada scoscesa di una contrada campestre in un paesino collinare. Ovvero un po’ scomoda e fuori mano, a metà di un sentiero di erbacce e porci. Si porci, ma porci umani.
Ed anche qui, umani, è una parola grossa.
Andai da Viola, che viveva con una madre appena sufficiente, un padre con la testa altrove, gatti malaticci e piccioni apollaiati sulla copertura di mortifero eternit, sudiciume e panni accatastati ovunque.
Da lì a poco scoprimmo l’inghippo.
Quando la madre usciva al mattino per fare piccoli lavoretti giusto per arrotondare la misera pensioncina con la quale manteneva la famiglia, lui, il porco percorreva quei pochi metri tra le erbacce ed in cambio di poche lire abusava di Viola.
Il porco credetti di vederlo, qualche volta, dietro una finestra, insospettito ed infastidito da quei soggetti strani che andavano case case, come predicatori, ad aiutare per persone fragili.
Non si toccano le fragili Viole del mondo. Non si fa sesso con chi non capisce il significato, con chi non è in grado di ricavarne né piacere, né amore, né niente di niente.
Al porco poco importava, ma la volante della Polizia che girava, dopo la mia impetuosa segnalazione, molto frequentemente da quelle parti, quella si, quella qualche fastidio cominciava a darlo.
Viola prese la strada della città, protetta, dove partecipò ad attività, gite, incontri. Insomma, come ogni Viola, per breve tempo, fiorì…
E finalmente tagliammo le palle, al porco……
Ma giunse, dopo poco, inaspettata, la scelta di Viola. Ritirarsi da programma di sostegno. Non ci fu verso. Cominciò a negarsi, a non rispondere più al cellulare, a non farsi trovare in casa.
Tutto finito, così, dall’oggi al domani.
Viola, che ovviamente non si chiamava Viola, se ci penso, mi brucia ancora. Mi bruciano ancora addosso quegli occhi porcini dietro quelle luride finestre di quella squallida casa in quel sentiero scosceso.
Ma nelle notti di luna e di ricordo amo pensare che Viola, che ovviamente non si chiamava Viola, si sia voluta liberare sia del porco che di noi salvatori, per essere finalmente libera.
Non posso, mentre scrivo sotto le pomelie profumate, pensare che il porco abbia vinto la sua partita.
E non lo penso. Mi rifiuto.
Ma se così non fosse, come forse non è, Viola rappresenta uno delle tante storie a cui la vita ha dato un finale diverso da quelle che avremmo voluto scrivere. L’importante, non rimanendo altro, è esserci e lottare sempre, per lei e per tutte le Viole del mondo.

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