rimando quanto scritto, e da me condiviso, dai giovani del laboratorio antimafia "La voce di Fiore".
Avevamo scritto da principio le ragioni del nostro appello: disavanzo di 10.000 euro e necessità di recupero per continuare. Lo avevamo chiarito.
Avevamo reso pubblico il nostro bilancio e aggiornato puntualmente lavocedifiore.org e ndrangheta.it, rispetto alle donazioni ricevute.
Avevamo chiesto contributi liberi, anche di soli 5 euro, anzitutto per un fatto ideologico e politico, in senso nobile.
Primo, contano le piccole azioni; quando convinte, compiute per adesione a un progetto collettivo.
Secondo, avevamo inteso "misurare" la nostra credibilità e rettitudine, la nostra capacità di dare concrete speranze a una società repressa, in cerca di giustizia, colpita, offesa, affannata; vacillante ma possibilista. Consapevoli che dall’altra parte, in Calabria, c’è chi controlla, chi fa la conta delle adesioni e le liste di proscrizione: l’elenco dei sostenitori di "la Voce di Fiore".
Avevamo voluto capire quanto incidono cultura, informazione e parola, in Calabria. Dove la politica è, insieme alla ’ndrangheta, l’azienda leader, che provvede imponendo il proprio arbitrio: una legge al di là della Legge, spesso impotente, cancellata e perfino derisa.
Avevamo stabilito un limite, per raggiungere la cifra considerata, conti disponibili a chiunque, quale "obiettivo minimo di sopravvivenza". E questo limite lo avevamo prorogato, indicandone i motivi, persuasi d’arrivare al pareggio (siamo, purtroppo a -3.530 euro) e pronti a rimettere le nostre misere risorse per iniziative sul territorio, in Calabria. In merito alle quali avevamo coinvolto lettori e sostenitori in un aperto dibattito in rete.
Siamo andati via dalla Calabria, ma solo fisicamente. Avremmo potuto guardare ai fatti nostri, inseguire soltanto il sogno, legittimo, d’una realizzazione professionale, sociale, personale. In tempi di precarietà esistenziale e lavorativa, di orizzonti oscurati dalla crisi globale: morale, politica e finanziaria. In tempi di enormi limitazioni al progetto individuale e collettivo. Eppure, malgrado la battaglia di sopravvivenza quotidiana, propria d’ogni italiano onesto - l’eroe Giovanni delle Bicocche del rapper Caparezza -, abbiamo coerentemente anteposto le necessità della nostra terra, la Calabria, alle aspirazioni personali. Senza per questo sentirci unti, latori d’una qualche sapienza messianica.
Avevamo messo sul sito il pdf del nostro libro, "La società sparente" (Neftasia, Pesaro, 2007), scaricabile gratis. Il quale, oltre a spiegare la subordinazione della società calabrese, contiene l’elenco dei consiglieri regionali inquisiti e dei rispettivi reati ipotizzati (nel capitolo Lumen gentium: la lista dei presunti, degli assunti e dei consunti); racconta le vicende dell’inchiesta Why not e i rapporti di potere in gioco, assieme alla battaglia civile per la giustizia, condotta, da Catanzaro in poi, da movimenti e cittadini liberi. Ad oggi, 31 gennaio 2009, registriamo 3461 download da "la Voce di Fiore". Ma il testo è disponibile in formato elettronico anche su diversi blog. Si possono ipotizzare, dunque, che ne siano state diffuse almeno 5.000 copie elettroniche.
Avevamo rappresentato la necessità delle vie legali per recuperare i diritti d’autore di "La società sparente", che sarebbe morto, se non fosse stato diffuso su Internet.
Non avevamo chiesto compensi né offerte per il volume, obbligati a pubblicarlo su Internet per via della sua manifesta irreperibilità, di cui s’era occupato il giornalista Roberto Galullo in una puntata (21 gennaio 2009) della trasmissione "Un abuso al giorno, toglie il codice d’intorno", in onda su "Radio 24".
Come raccontato dal lettore Giancarlo Contu, di Genova, l’ordine del libro non viene evaso, e l’acconto è restituito dalla libreria. All’ultimo terminale di vendita, anche secondo altri lettori, il libro non risulterebbe esserci. L’editore Neftasia non è più rintracciabile e ci aveva mandato una mail, comunicando la chiusura degli uffici fino al temine di febbraio (2009).
Avevamo riferito del nostro isolamento e delle minacce e azioni legali subite dall’uscita del libro. Avevamo cercato in ogni modo, scrivendo a tutte le redazioni giornalistiche e a Beppe Grillo, di rendere pubblica la nostra storia. Storia di utopia e persecuzioni; piccola storia di voci che non vogliono tacere, ma che il sistema culturale italiano, forse prima che la ’ndrangheta, ha saputo confinare e abbandonare alla psicologia dei perdenti. Non ci interessavano celebrazioni per televisione o colonne di quotidiani, di settimanali o periodici di élite intellettuali. Ci importava solo che passasse l’immagine della Calabria nel racconto di suoi figli addolorati e costretti alla fuga. Perché questa terra si interpreta unicamente tramite i servizi di cronaca di morte, di cronaca giudiziaria; spesso realizzati da chi arriva, fotografa e torna a casina, al Nord. Ci importava che passasse l’appello alla denuncia civile in ogni angolo della provincia italiana, ormai neppure luogo di ricerca letteraria.
Abbiamo dato questa immagine - d’una "Calabria che brucia", come nel titolo d’un bellissimo saggio dell’antropologo Mauro Minervino - ed esortato alla scrittura di libri sulle emergenze democratiche locali, nei nostri 20 minuti alla manifestazione "Difendiamo la democrazia e la legalità costituzionale" (Roma, Piazza Farnese, 28 gennaio 2009).
Ed è proprio con questo spirito, utopistico sino all’estremo, che abbiamo contribuito alla causa dell’antimafia; che dovrà proseguire nella ricerca della verità e dovrà rappresentare l’alternativa culturale, prima che politica, al vuoto cosmico prodotto e diffuso dalla finzione televisiva. Costruita per sovvertire princìpi e valori, impoverire il pensiero e il linguaggio, abituare alla contemplazione del proprio successo mediatico, distruggere i contenuti, uniformare le coscienze, i desideri, gli universi individuali.
In queste ore, stiamo ricevendo messaggi di incredulità, rispetto all’imminente chiusura di "la Voce di Fiore". Parole di incoraggiamento, finanche di mortificazione, come quelle di un breve commento su Facebook del testimone di giustizia Pino Masciari. Già gravato, nonostante il suo senso dello Stato, da pesanti problemi di sicurezza personale. Molte persone ci sono state e ci sono vicine, ma questo non è bastato.
Salvatore Borsellino venne in tribunale, a Cosenza, all’udienza d’appello riguardante la richiesta di sequestro di "La società sparente". I giudici non lo fecero parlare, ritenendo inutile una sua testimonianza, ma senza ascoltarlo. Da ultimo, fummo condannati a una forma di autosequestro, con l’obbligo di acquistare le copie rimanenti nelle edicole e librerie dell’area di provenienza dell’attore, poi soccombente in ambito penale.
Per ogni cosa servono soldi. Anche per le iniziative dal basso, che sono quelle per cui ci siamo impegnati, senza alcuna brama di clamore.
Le mobilitazioni, l’aggregazione, l’informazione e l’ingegneria sociale costano. Tempo, energie, denaro.
Con una piccola somma, avevamo sovvenzionato dei giovani per uno spettacolo di impegno civile, andato in scena a Castrovillari il 14 dicembre scorso. Muta la stampa, nonostante due straordinari interventi di Gianni Vattimo e Salvatore Borsellino.
Lo avevamo fatto perché l’emancipazione dalla ’ndrangheta passa anche - e forse soprattutto - per i progetti culturali nei comuni. Perché gli interventi dal basso sono efficaci nel lungo periodo; anche in considerazione dell’urgente bisogno di modelli costruttivi, largamente avvertito. Le mafie, e la politica della "Casta", non possono continuare a rappresentare riferimenti assoluti né apparire in una dimensione quasi epica, in quanto comunque vincenti.
Avevamo organizzato il Festival Internazionale della Filosofia in Sila, per due anni. Investendo modeste competenze e risorse personali, prima che ci silurassero, ritenendoci i mandanti, per gli interventi di Marco Travaglio e Aldo Pecora su Nicola Adamo, allora vicepresidente della giunta regionale calabrese, "fresco" d’avviso di garanzia. All’edizione del 2008, liberatisi della nostra ingombrante presenza, lor signori hanno invitato a parlare un pensatore gran maestro onorario del Goi.
mancano 1189,00 euro perchè si salvi una voca libera da condizionamenti e santità occulte, da strumentalizzazioni e clamori della folla.
soltanto così si può continuare a rappresentare la voce della società civile che lavora e rischia di suo, tutti i giorni, per una Calabria veramente migliore, ma per tutti e non per i soliti pochi eletti!
per informazioni e sostegno www.lavocedifiore.org.
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