Girando nel mistero delle relazioni umane, e negli
umani scritti, mi convinco sempre più che siamo un paese di scrittori.
Tutti, e ci credo, hanno qualcosa da raccontare,
tutti hanno una buona storia, ma non tutti hanno una buona stella che permette
di possedere il coraggio, la determinazione, il convincimento per poterla
esporre.
E faccio riferimento al sommerso presente nel nostro
Melito, che si percepisce ma non si vede.
Che si sente ma non appare.
Basta fare un giro, al mattino, e fermarsi
all’edicola, sul corso Garibaldi, e leggere i “dazebao” appesi per rendersi
conto di essere di fronte a pillole di storia locale ed estemporanea.
Per la via del mare l’estrosa e creativa
professoressa non si farà pregare, e ti leggerà una poesia intensa e scolpita
nella sabbia e nel sole locale.
L’amore per gli animali, cantato in versi, profuma
di civiltà.
Se sali verso il Paese Vecchio incontri Orchisimia,
ed i suoi versi antichi.
Se scendi incontrerai Michelle e le sue
introspezioni collettive che permettono a tutti di mettersi a nudo senza
prender freddo.
Una giovane ed un uomo hanno raccontato un prete
antico, e lo hanno fatto bene.
Comprendo di essere criptico ma non è data ed ora
per redigere liste, ma è data ed ora per prenderci un impegno.
Quello di essere cultori della cultura, non
perdonatemi il gioco di parole, è voluto, e soprattutto pretendere che questa
necessità diventi virus, contamini e si diffonda con capillarità.
Se ognuno ha una buona storia, che la racconti.
Che l’affidi al vento, o agli amici.
Meglio agli amici, il vento, si sa, soffia dove
vuole.
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