All’Ucciardone, carcere di Palermo, si muore.
Roberto era sieropositivo. Tossicodipendente.
Aveva rubato qualche telo da spiaggia ed una borsa di creme. Otto mesi.
No ai domiciliari. Morte in carcere per infarto.
Ad Antonino è successo la scorsa settimana.
Per Roberto sfugge il senso della rieducazione, o sostegno alle sue devianza. Gli arresti domiciliari, la cui richiesta è stata respinta, sarebbero stati più coerenti con le sue condizioni di salute e soprattutto con l’esiguità del reato.
Carcere a morte.
Troppo spesso sta accadendo. Troppo, decisamente troppo.
Bobby, ritardato mentale, aveva commesso uno dei crimini più efferati che possano esistere, dall’altra parte dell’Oceano.
Aveva usato violenza ed ucciso una bambina di undici anni.
Che ragionava esattamente come lui.
Si trovava al suo livello di sviluppo mentale ed intellettivo.
Bobby ha salutato prima di subire l’iniezione letale.
Come partisse per un lungo viaggio. Il più incerto e misterioso.
Nessuna bambina morirà più.
Nessuno tocchi Caino.
Due casi diversi ma uguali
Il concetto di giustizia giusta, equanime, preliminare alla rieducazione e non sinonimo di vendetta sociale, viene intorbidito, sporcato.
È Nemesi. Indebolisce il senso delle cose.
Per dovuta ed opportuna conoscenza.
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